Vot’Antonio… Vot’Antonio… Vot’Antonio…
Italiani!!!… che percorrete le vie di Napoli, attenti a non sobbalzare trovandovi davanti a manifesti di propaganda elettorale che vi invitano a votare per qualcuno che è già stato Sindaco di questa città per dieci anni e poi, come se non bastasse, è diventato pure Presidente (diciamo, però, Go-governor, all’ame-me-ricana, fa più-più effe-fetto) della Regione Campania, alla cui guida è rimasto per altri dieci anni e nel frattempo, tra un mandato e l’altro, nominato anche Ministro del Lavoro per un lunghissimo periodo di… otto mesi, carica dalla quale, “prudentemente” si dimise subito dopo il delitto di uno stretto collaboratore, il suo consulente giuridico. Scappò? Nooo, per carità, che andate pensando?!? Ma, come si dice, prevenire è sempre meglio che curare…
Il suo primo mandato a Palazzo San Giacomo cominciò con una fortunata congiuntura: dovendo venire il presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, a Napoli, piovvero milioni di lire per lavare la faccia alla città. Di quanto allora fu fatto, di buono rimase solo la pedonalizzazione dell’ampia piazza che si apre tra il Palazzo Reale e la chiesa di San Francesco di Paola.
Poi non ne azzeccò più nessuna: buttò soldi a palate per togliersi lo sfizio di istituire un museo (sic!) il Madre che, se lo si visita, fa venire subito alla mente lo spassoso episodio con Alberto Sordi che visita la Biennale di Venezia nel film Vacanze intelligenti. Ma che c’entra – obietterà qualcuno – quella è arte contemporanea, arte da intenditori, è una questione di cultura e si sa, la cultura è di sinistra. Come dire… e Bruto è uomo di onore. Tutto questo mentre a pochi metri dallo stesso Madre, la gloriosa Farmacia degli Incurabili cadeva a pezzi sotto l’indifferente incuria dei pubblici amministratori locali di cui lui era il numero uno. Chissà se avrà confessato almeno a se stesso che di quella storica struttura non gli fregava niente per il fatto che non gli portava voti…
“Abbellì”, però, la Villa Comunale, circondandola tutta con emblematiche “supposte” dorate (scusate, volevo dire lampioni di forma ultramoderna, degni del Museo Madre) in profondo contrasto con lo stile classico/liberty di quella struttura…
Tra le tante altre lodevoli iniziative, istituì pure le domeniche ecologiche e, contemporaneamente, per massima… coerenza, eliminò la linea tranviaria numero 1 che attraversava tutta la città, congiungendo la zona orientale con quella occidentale: il tram, il mezzo di trasporto meno inquinante e più ecologico per eccellenza! …
Allo Zenit della sua carica istituzionale, “lui folgorante in solio” – direbbe il Manzoni – ci fu la liquidazione del più antico e più importante istituto di credito del Mezzogiorno, il Banco di Napoli che, assorbito dall’Istituto San Paolo di Torino, in pratica scomparve. Tante altre banche vennero salvate all’epoca, e non solo in Italia, la francese Crédit Lyonais, per esempio, ma lui non mosse un dito per mettere in salvo quella secolare Istituzione. Anzi, si unì al De profundis intonato dal Presidente del Consiglio e dal Ministro del Tesoro dell’epoca…
Su Wikipedia si legge che durante la sua gestione del potere pubblico la Regione Campania avrebbe effettuato operazioni economiche ritenute svantaggiose con una banca presso cui lavorava il figlio, all’interno del settore investimenti delle pubbliche amministrazioni. Il consulente finanziario della trasmissione Report (trasmessa il 14 ottobre 2007) affermò che l’operazione sarebbe costata alla Regione Campania 28 milioni di Euro, trasferendo però questo debito sulle gestioni future.
Nel 2018, in una commemorazione pubblica di un Grande Uomo politico ebbe la faccia tosta di lamentarsi della nuova sala del consiglio comunale creata in un palazzo di via Veeerdi (immobile inopinatamente ed inutilmente acquistato dal Comune tramite l’Immobiliare Pirelli-Re) e di rimpiangere la storica Sala dei Baroni del Maschio Angioino, dove da sempre si riuniva il Consiglio Comunale, riversando tutta la colpa su colei che gli era succeduta a Palazzo San Giacomo: come se lui, poverino, non sapesse ciò che faceva quella sindachessa da lui sponsorizzata, con lui in perenne sintonia, un core-a-core simbolizzato su giganteschi poster che avevano tappezzato le strade di Napoli…
Su uno dei manifesti che ora invitano a votarlo, si legge che Napoli ha bisogno di esperienza per rinascere. Già, che bella rinascita sarebbe dopo quell’esperienza che i napoletani oneeesti, ai quali si era rivolto per elemosinare voti, vissero grazie a lui! Enormi cumuli di spazzatura, sparsi in ogni via, in ogni angolo della città, sotto ogni palazzo, che li immergeva fino al collo, abbandonati spudoratamente, senza alcuna vergogna, senza quel ritegno che nemmeno adesso dimostra di avere, ricandidandosi cu ‘a faccia d’’e corna vecchie, come si indica a Napoli chi è un inveterato spudorato, che dopo aver trasformato Napoli e la Campania in un gigantesco immondezzaio, con i rifiuti non raccolti che arrivavano fino ai primi piani delle case, fece additare la nostra città al ludibrio del mondo intero! E, paradossalmente, fu pure Commissario straordinario per l’emergenza rifiuti, un’emergenza creata da lui e dai suoi collaboratori e lasciata in eredità, con sei milioni di cosiddette ecoballe accumulate nell’entroterra a Nord di Napoli, in quella Terra dei Fuochi, nota per l’incidenza del numero di tumori.[1]
(Da Wikipedia – foto di Adriano Amalfi di Orta di Atella)
Per tale motivo, quando (finalmente) uscì di scena il sarcasmo dei napoletani lo salutò con questo manifesto:
Ecco, dunque, l’importante storia politica che vanta questo candidato alla carica di Sindaco al Comune di Napoli. Forza Napoletani, votatelo, fate vedere di che pasta siete fatti, dategli ancora fiducia, coraggio! Questa è la vostra ulteriore occasione per ritrovarvi ancora nella munnezza!
Erminio de Biase
[1] Dalla Lettera Napoletana n 159 di settembre 2021 della Fondazione Il Giglio.