Alta Terra di Lavoro

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3 C’’E UNA GIOIA NEL CUORE NAPOLI‘E TORNATO CAMPIONE (VI)

Posted by on Giu 17, 2023

3 C’’E UNA GIOIA NEL CUORE NAPOLI‘E TORNATO CAMPIONE (VI)

“Rievochiamo: Giulietta è na zoccola”

Quest’epico anno ha avuto inizio con Giulietta.

Ma per comprendere questo inizio è assolutamente necessa­rio ripartire da una stagione calcistica di  inizio seco­lo, 2006/2007 se non ricordo male, in cui il Napoli di­sputava il campionato di serie B non per brogli sportivi  (come ad altri è notoriamente capitato e magari potrebbe pure ricapitare) ma solo perché era povero (succede quando si rispettano le regole) e scarso, assai scarso, tanto scarso che non lo si può immaginare, soprattutto dopo i fasti di Diego.

Diego, purtroppo, era acqua passata, morta e sepolta se non fosse per tre marginali “dettagli”: due scudetti ed una coppa europea.

A proposito del suddetto devo necessariamente ripetermi perché qua a queste cose assai ci teniamo:

DIEGOARMANDO, che anagraficamente risulta defunto, QUI VIVE, LOTTA E FESTEGGIA INSIEME A NOI.

Comunque, tornando a bomba, in quel vecchio campionato di serie B nel girone di andata il Napoli andò a giocare a Verona.

Sugli spalti per la prima volta accadde una cosa assai squallida ed incresciosa.

I tifosi locali esposero uno striscione veramente becero:  “VESUVIO LAVALI COL FUOCO”.

Nel girone di ritorno quando il Verona venne a giocare a Napoli i tifosi partenopei esposero in risposta uno stri­scione epico che è passato alla storia: “GIULIETTA ‘E   NA ZOCCOLA”.

Qui, al riguardo, è doverosa una citazione (Raffaele Moccia): “Shakespeare non si offese, i cretini non capirono, il mondo intero rise”.

Orbene lo striscione napoletano in risposta a quello ve­ronese non fu l’esito della legge del taglione bensì l’esito dei racconti agli ultras partenopei, zona dei Tribunali, di un arzillo professore di lettere e filoso­fia ormai in pensione, tifosissimo del Napoli, io sono un dilettante rispetto a lui.

Questo il racconto del professore, che qui riporto so­prattutto a beneficio delle femministe partenopee, se mai mi leggeranno.

La vera storia di Giulietta e Romeo è stata redatta in lingua volgare nel 1300 circa dallo scrittore  mantovano Luigi da Porto, antenato per parte di madre di San Gaetano, che qui poi qui l’ha diffusa.

Giulietta era la giovane rampolla dai costumi assai faci­li di una famiglia nobiliare veronese molto in vista ed altrettanto facoltosa,  quella dei Montecchi.

In pieno medioevo Giulietta, appena il clima lo consenti­va, se ne andava in giro indossando corsetti assai attil­lati e striminziti che le lasciavano in bella vista un gradevolissimo pancino con relativo ombelico e soprattut­to, ed indipendentemente dal clima, sempre pronta al chiuso ad alzar la lunga gonna a beneficio dei numerosis­simi cugini, nessuno escluso.

A Napoli il genere di Giulietta si definisce “vrenzola”.

Romeo, viceversa, era il giovane rampollo di un’altra fa­miglia nobiliare veronese di egual lignaggio quindi pure assai in vista ma finanziariamente disastrata, quella dei Capuleti, e trascorreva tutto il tempo a disposizione di ogni santo giorno a far battute di caccia con gli amici, con cui giocava assai spesso a carte, perdendo irrimedia­bilmente.

A Napoli il genere di Romeo si definisce “maccarone”.

I Montecchi per sedare Giulietta combinarono un matrimo­nio con Romeo, sborsando fior di quattrini ai Capuleti.

Romeo divenne quindi ed anche quel che a Napoli si defi­nisce “ ‘o cupierchio”.

I primi mesi del matrimonio filarono lisci come l’olio, poi sopraggiunse la noia, Romeo riprese a giocar d’azzar­do con gli amici, con cui organizzava anche battute di caccia.

Se  non che, da autentico “maccarone” qual’era, così av­visava la mogliettina: “Cara, parto per la caccia, torno tra una settimana”. Giulietta per ripicca, così va il mondo, tornò anch’ella alle sue antiche usanze, ospitando in casa ed a turno, nel tempo consentitole, tutti i nume­rosissimi cugini, con cui riprese a sollazzarsi.

Se non che durante una battuta di caccia venne giù una pioggia da diluvio universale, a Napoli diciamo “facette ‘o patapat’ ‘e l’acqua”, Romeo fu costretto ad un antici­pato e frettoloso ritorno. Giunse a casa e colse in fallo (nel senso letterale del termine) la mogliettina in com­pagnia del cugino di turno. Da subito lavò l’onta, ucci­dendo l’infame congiunto acquisito e cacciando di casa la mogliettina svergognandola a voce alta, a Napoli diciamo “le facette ‘o strascino”.

Di qui interminabili diatribe tra le due famiglie: i Mon­tecchi (G) “Ma come? Vi abbiamo lautamente ricompensato!”; i Capuleti (R) “La ricompensa era per fatti passati, questi son fatti nuovi!”; i Montecchi (G) “Il sangue è sangue e col sangue va sì vendicato”; i Ca­puleti (R ) “L’onore è onore e deve essere sì rispettato!” e così di seguito alimentando un astio infinito.

Fine della vera storia.

Per la cronaca nella successiva partita a Verona i tifosi scaligeri in ulteriore risposta al devastante striscione partenopeo esposero quest’altro striscione “NAPOLETANI FIGLI DI GIULIETTA”.

Si trattò di un evidentissimo autogol, perché a dispetto di Shakespeare, che ne aveva edulcorato la storia, con­fermarono l’originaria verità narrata da Luigi da Porto, secondo cui Giulietta è na zoccola.

Per la cronaca segnalo anche che, posta la superiore incontestabile premessa, qui da noi Romeo è irrimediabilmente “nu scurnacchiato”.
brigante Martummè

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