8 COMMISSIONI ANTIMAFIA DAL 1962 A 2006
Tra il 1962 e il 2006 si succedono ben otto commissioni parlamentari di
inchiesta sui fenomeni mafiosi in Italia. Sulla lotta alla mafia si sono
costruite carriere politiche e professionali nonché fortune editoriali, con una
produzione sterminata di documenti, libri, articoli, inchieste giornalistiche.
L’altra faccia della medaglia è quella delle decine di morti (tutti meridionali
se si escludono i coniugi Dalla Chiesa), sindacalisti, politici, agenti delle
forze dell’ordine.
Le organizzazioni criminali si sono inabissate quando i riflettori erano
accesi e hanno alzato la testa quando vedevano minacciati i propri interessi
economici. Oggi sono diffuse sull’intero territorio nazionale, mentre nelle
provincie meridionali continuano a spadroneggiare condizionando qualsiasi
iniziativa pubblica o privata.
Rileggere oggi le pagine della I Commissione parlamentare d’inchiesta,
quelle della relazione di maggioranza tese a circoscrivere se non a negare le
responsabilità della DC siciliana e quelle di minoranza prigioniere di uno
schema culturale (quello gramsciano1) inadeguato a far comprendere le
dinamiche economiche in cui si muovevano i mafiosi, fa impressione per la
loro attualità.
Non voglio però aggiungere altro e riporto alcuni stralci dalla relazione
Niccolai per invogliarvi alla lettura dei documenti originali:
“Nessun moto popolare dal basso, ma una gestione sapiente del
separatismo, della ribellione prima e dell’autonomia poi, per salvare e
triplicare in un secondo tempo i consistenti patrimoni che stavano dietro
coloro che ad Algeri e a Cassibile trattano la resa con gli americani,
americani che, per facilitare il colloquio, si portano con sé il fior fiore del
gangsterismo nordamericano, di origine mafiosa.
L’operazione ha dell’incredibile appena si rifletta al fatto che «i gruppi
di potere» che fin dal 1943 mettono radici in Sicilia sono gli stessi che, in
prosieguo di tempo, gestiranno il potere nell’Isola e non solo nell’Isola.
[…]
Sciascia afferma che non capiremo nulla della mafia se non
ricostruiremo, pezzo per pezzo, la vicenda mineraria, la vicenda delle
preistoriche miniere baronali siciliane, dominio incontrastato dei
capimafia Vizzini, Di Cristina ed altri; Sciascia dice ohe non capiremo
nulla della mafia se non ricostruiremo l’operazione grazie alla quale,
attraverso il via a strumenti legislativi ed organismi finanziari
predisposti, si sono trasferite sul capitale pubblico le «preistoriche miniere
baronali» e altre iniziative spregiudicate e fallimentari.
[…]
Il relatore ha voluto, con le sue modeste note, tentare di dimostrare
come, sotto il manto dell’autonomia siciliana, si sia compiuta e realizzata,
1 Per assolvere questo suo ruolo dirigente, la borghesia italiana ha dovuto scegliere, di
volta in volta, quelle intese e quei compromessi con le vecchie classi dirigenti dell’Italia
preunitaria, pervenendo alla formazione di un blocco fra gli industriali del Nord e gli
agrari del Sud. Cioè la borghesia non ha governato, come tuttora del resto non governa, da
sola, ma ha dovuto dividere il potere con le altre classi e, per un lungo periodo, soprattutto
con i grandi proprietari terrieri, specie con quelli meridionali e siciliani. (Cfr. Relazione di
minoranza, pag. 569)
grazie alla degenerazione partitocratica, e con mano sapiente, la più
gigantesca operazione di conservazione di tipo reazionario che la storia
dell’Italia ricordi, e come quel disegno di conservazione, nato sulle coste
dell’Algeria, l’8 settembre 1943, abbia improntato di sé tutte le vicende
della Repubblica italiana.
Il relatore ha voluto, con le sue modeste note, sottolineare come la
«pubblicizzazione» delle attività economiche in Sicilia, portata avanti in
nome dell’autonomia e dal progresso, sia stata, in realtà, un’abile e
programmata operazione gattopardesca, grazie alla quale si sono regalati
(complici: partiti, sindacati, baronie agrarie) alla «società» rami secchi e
ingenti debiti, facendo fare al contempo, ai latifondisti e ai vecchi
proprietari delle miniere, in nome dall’8 settembre, affari di miliardi, alle
spalle dell’umile e povero popolo di Sicilia.
L’Italia è al capolinea, in coma profondo. La parentesi berlusconiana ne
ha allungato l’agonia, ma il renzismo non riuscirà a fare altrettanto. Ancora
una volta sarà la Sicilia il luogo in cui si proverà a trovare una sintesi fra i
contrasti nord-sud. La elezione di un presidente siciliano ne è il primo
passo. L’autonomia regionale sarà il vero punto di scontro. Non credo che
Veneto e Lombardia (io penso che anche Emilia-Romagna e Piemonte si
faranno sentire su questo tema) accetteranno ancora per molto di non avere
lo stesso livello di autonomia della Regione Sicilia. A quel punto vedremo
dove si collocheranno le organizzazioni criminali, non quelle degli
“scassapagliari” ma quelle che mandano i figli alla borsa di Francoforte e
non solo.
Zenone di Elea – Febbraio 2015
eleaml.org
mafia_1976_genesi_2015