Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

STORIA DI FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE DAL 1830 AL 1850 LIBRO TERZO (IV)

Posted by on Lug 24, 2024

STORIA DI FERDINANDO II RE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE DAL 1830 AL 1850 LIBRO TERZO (IV)

CAPITOLO IV.

IL PARLAMENTO NAPOLITANO.

Sommario

Il Governo, posata la ribellione, intende l’animo all’apertura del Parlamento. Procedere vario intorno alla elezione dei Deputati. Per le mene degli anarchisti il di della inaugurazione delle Camere si appressa fosco e minaccioso. Un regio Delegato apre il Parlamento con apposito discorso in nome del Re. I Pari e i Deputati incominciano a riunirsi. Interpellazione di un Deputato sai conto del Generale Nunziante. Risposta che gli fa il Ministro dell’Interno. Lagnanze che no mena il Generale in un suo rapporto. Cattivi umori che ne sorgono. Indrizzo alla Corona non accettato, e perché. Il Sovrano proroga la sessione delle Camere. Inutili tentativi di concitamenti.

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CATECHISMO POLITICO PER LA NAZIONE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE

Posted by on Lug 24, 2024

CATECHISMO POLITICO PER LA NAZIONE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE

ALLA  NAZIONE NAPOLITANA

Virtuosi Napolitani che siete oggi l’oggetto della generale ammirazione e stupore dell’Europa, e forse anche di tutto il Mondo, porgete per un momento l’orecchio a me che penetrato dalla più alta stima verso di voi son per parlarvi del vostro vero interesse. Quantunque volte io vado meco stesso ripensando all’opera grande e sorprendente, che voi avete dianzi eseguita con tanta maturità di consiglio, resto talmente compresso dalla meraviglia, che non posso non riconoscerci la mano di quel Dio, che bene spesso, con un picciol numero di Ebrei operò le cose, le più grandi e stupende, fiaccando l’orgoglio del più potenti Monarchi, e riducendo a nulla le numerose armate delle più grandi Nazioni. Ma  questo morale edifizio, che sì ben augurato sorge in mezzo di voi, ha bisogno di essere consolidato nelle sue basi, onde resistere alle scosse, che potrebbe ricevere, e agli sforzi che dovrebbe fare per sostenersi. Imperciocchè tutti i popoli ( al dir di Rousseau) hanno una specie di forza centrifuga, mercé la quale agiscono continuamente gli uni contro gli altri, e tendono ad ingrandirsi a danno del loro vicini, Voi ne conoscete tutta la importanza, e quindi non trascurerete di adoperar tutti i mezzi, e di fare i più generosi sforzi per un fine sì sacro e di tanto vostro vantaggio. Né vi sarà discaro, che anch’io estatico ammiratore delle grandi cose da voi operate, e a voi unito come Italiano e mercé i sentimenti di patrio amore, vi concorra con quei mezzi, che sono per ora in mio potere, cioè con delle insinuazioni.

Affine adunque che questa gran macchina costituzionale da voi innalzata con sì fausti auspici e senza la minima effusione di sangue, vada sempre più crescendo, e salda si sostenga in mezzo alle più furiose tempeste, fa d’uopo conservar fra noi la più stretta e leale unione, la quale è tanto più necessaria in quanto che senza di essa non può concepirsi la forza di uno Stato o di qualunque siasi società. Rivolgete per un momento l’occhio contemplatore alle antiche Greche Repubbliche e alla Roma na, e voi vedrete che desse furon forti, e stettero in fiore, fino a che salda mantennero l’unione.

L’Elvetica repubblica, che nacque sì umile, non dee forse all’unione  6 la sua forza e lo stato suo fiorente? E non è egli vero, che finché un caldo amor patrio tenne strettamente uniti i nostri generosi antenati, fu la nostra Italia assai forte per esser temuta e ubbidita qual Signora da tutte le nazioni? E non è stata forse l’unione che vi ha fatto riuscire nella sublime e generosa impresa di rendere la libertà alla vostra patria? E non è dessa che ha imposto ai ministri del la tirannide, che avrebbero voluto opporvisi? Or per conservare questa bella unione, e giustificare sempre più in faccia a tutto il mondo la giustizia della vostra impresa, fa di mestieri essere animati dai medesimi sentimenti, ed avere una sola volontà, come unico è l’oggetto cui debbon tendere le mire e gli sforzi di tutti. Sia per tanto qual peste eliminata dal nostro cuore l’ambizione, si posponga al pubblico bene il privato interesse, si faccian tacere le private passioni, si vegli attentamente alla salvezza e alla stabilità di quel gran Corpo politico di cui siam membri; amiamoci scambievolmente da veri fratelli, e procuriamo di voler tutti concordemente il bene della nostra patria rigenerata. Trionfi insomma nel nostro cuore quel vero amor patrio, fonte delle più generose ed eroiche azioni, ed il quale nel fa re la prosperità di questo paese, renderà tutti indistintamente felici e degni di eterna memoria presso tutte le Nazioni.

Ma, a mio credere, non ba sta tutto questo a render stabile e durevole l’edificio della riacquistata libertà, quando non s’istruisca il volgo, e non gli si faccia conoscere cosa sia il governo Costituzionale, e qual grande beneficio ne ritragga. Quindi è che io, abbenchè Romano, ma per tanti titoli attaccato a questo bel paese, cui devo inoltre la mia eterna riconoscenza per l’ospitale ricetto che mi ha dato nella mia emigrazione, voglio concorrere ad un’opera sì lodevole e di tanta importanza mediante alcune catechistiche istruzioni che io mi studierò di qui esporre il più chiaramente ohe posso, e per quanto mi permetteranno i miei scarsi lumi e piccoli talenti. Felice, se potrò alcun poco contribuire al pubblico bene, onde acquistare de’ titoli alla benevolenza di una gente sì brava, e darle in tal guisa un piccolo attestato di quel la gratitudine che viverà sempre nel mio cuore in un coi sentimenti di quell’alta stima, che la medesima ha saputo ispirare non meno a me, che a tutta l’Europa! Ma veniamo ora, senza più trattenerci, al nostro proposito.

C. LORENZO PANFILI

fonte

https://www.eleaml.org/ne/stampa-1820/1820-catechismo-politico-per-la-nazione-del-regno-delle-due-sicilie-2020.html

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LE RISAIE DI ROCCA D’EVANDRO

Posted by on Lug 23, 2024

LE RISAIE DI ROCCA D’EVANDRO

Antichissima è la coltura del riso ed i primi a coltivarlo pare che siano stati i cinesi. Un’ordinanza dell’imperatore Chin-Nong, vissuto 2800 anni a.C. imponeva a tutta la famiglia reale di presenziare alla semina fino ad allora diretta solamente da lui. Cerimonia importantissima, dunque, poiché un buon raccolto assicurava il cibo a tutto il Paese.

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