Alta Terra di Lavoro

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CLAUDIO SALTARELLI, FERNANDO DI MIERI, RENATO DE SANCTIS E…… “EZECHIELE” CESARE LOMBROSO A CASSINO

Posted by on Giu 22, 2023

CLAUDIO SALTARELLI, FERNANDO DI MIERI, RENATO DE SANCTIS E…… “EZECHIELE” CESARE LOMBROSO A CASSINO

Da quando è nata l’Ass.Id Alta Terra di Lavoro un chiodo fisso è sempre stato quello di togliere Via Cesare Lombroso a Cassino e abbiamo sempre cercato il modo migliore per ottenere questo ambizioso e quasi impossibile risultato.

C’era chi propose di fare una raccolta delle firme ma visto che alla fine l’icombenza doveva ricadere sempre sulle “solite persone” accontonammo l’idea ma per quanto mi riguarda il chiodo mi rimase in testa. Più di anno fa parlai della cosa con Renato De Sanctis, Pres. del Comitato No Acea, per capire come fare e mi rispose che come comitato potevamo tentare l’operazione senza raccogliere le firme ma bisognava preparare una relazione importante e ben motivata. A questo punto, essendo un associato, al Prof. Fernando Di Mieri gli chiedo dall’alto della sua cultura e preparazione di prepararmi la relazione e Fernando, con la solita disponibilità e umiltà, mi prepara una relazione che nel suo stile è impeccabile e che consegno nelle mani di Renato De Sanctis che senza nessuna incertezza la fa sua cambiandola in alcuni aspetti per renderla fruibile alla Commissione della Toponomastica e al Consiglio Comunale e la presenta rispettando le procedure in essere, proprio oggi mi comunica che la richiesta è stata inviata al Prefetto e a breve potrebbe esserci la cancellazione di Via Cesare Lombroso. Il Prof. Fernando Di Mieri ed io abbiamo anche pensato di proporre di inserire al posto di “Ezechiele” Giuseppe Quandel ufficiale dell’esercito borbonico sconfitto a Gaeta dall’esercito Piemontese guidato da Cialdini e che, ritiratosi a Montecassino, divenne monaco per poi diventare Abbate ma Renato ha pensato che bisognava soprassedere per il momento ma alla fine pare che sia stata trovata una soluzione diversa ma va bene lo stesso basta che non vediamo più quell’ignobile nome per le strade di Cassino. Di seguito ripubblichiamo la relazione del Prof. Fernando Di Mieri e l’istanza presentata da Renato De Sanctis e come dicono molti ricercatori, “la storia si fa con le carte” e queste sono carte.

Claudio Saltarelli

Lombroso per Cassino
Alla c.a. del Sindaco di Cassino
Dei Consiglieri Comunali di Cassino
Dei membri della Commissione Toponomastica Cassino
p.c. al Segretario Comunale di Cassino

Sig. Sindaco, sigg. Consiglieri, sigg. membri della Commissione per la Toponomastica,

intendo richiamare la vostra attenzione su una situazione che costituisce motivo di evidente imbarazzo per ogni Cassinate che abbia a cuore la propria storia nonché tutti quei motivi di umanità e rispetto che contraddistinguono la nostra più vera civiltà. Mi riferisco all’intitolazione a Lombroso della via che congiunge …. a …. .  Bene, a mio avviso, tale intitolazione deve essere rimossa per molte ragioni, alcune delle quali mi accingo ora ad esporre in estrema sintesi. Innanzitutto, la figura di Cesare Lombroso è irrimediabilmente e direttamente compromessa con la giustificazione teorica della mattanza che fu portata avanti nel Sud ad opera del governo centrale nella prima fase postunitaria. Non solo. Essa, com’è noto a tutti, è ormai simbolo non casuale di ogni forma discriminatoria nei confronti del popolo meridionale, che è stato non solo in passato, ma anche in tempi recentissimi, oggetto di evidenti attacchi infamanti.  Quanto detto è dimostrabile a livelli diversi: dai più beceri aspetti di certo leghismo a studi cosiddetti scientifici[1]. Tutte posizioni accomunate dall’idea, imposta forse dalle note vicende ottocentesche ma senz’altro confliggente con l’immenso contributo dato dal Sud al progresso dell’avventura umana, di una nostra inferiorità mentale e culturale in genere.  Poiché ci rifiutiamo di obbedire a queste fantasticherie, noi Cassinati, come riteniamo debba fare ogni persona civile, non possiamo consentire che addirittura a Cesare Lombroso, il campione di simili assurdità, si dia un riconoscimento pubblico nella toponomastica della nostra città.

Lombroso è il teorico dell’atavismo (leggi: bestialità) meridionale (ci ricordiamo tutti della fossetta occipitale mediana? Ci ricordiamo tutti del caso Villella, quel calabrese, il cui cranio è stato esposto al discusso Museo “Lombroso” di Torino proprio perché studiato quale esempio e conferma delle sue aberranti teorie?).

Per giunta, il nostro personaggio non si faceva scrupolo di adottare metodologie scientifiche spregiudicate, che lo portavano finanche a falsificare i dati, se non corrispondenti alle sue teorie precostituite. Tanto per dire, non si preoccupava di evidenziare i casi di fossette occipitali mediane trovati al di fuori dell’area meridionale come non si curava di quelli in essa non trovati. Non per niente Vilfredo Pareto, una pietra miliare della cultura fra Otto e Novecento, in una sua recensione della quinta edizione dell’opera di Lombroso intitolata L’uomo delinquente, non esitò a dire che l’autore non procedeva con metodo scientifico, ma selezionava i casi favorevoli sulle sue tesi.

E i famosi abbagli? Preferisco non infierire citando il caso della celebre medium Eusapia Palladino, le cui “produzioni” furono ritenute autentiche da Lombroso, ma non posso non richiamarne almeno un altro non meno clamoroso. A Lombroso furono inviate le fotografie di alcune donne francesi, facendole passare per delinquenti, ma in realtà si trattava di semplici e oneste commercianti. Beh, che cosa disse il nostro autorevole scienziato? Ebbe l’ardire di ritrovare in loro tratti somatici propri di nature criminali. Si può immaginare quello che ne venne fuori.

 Lombroso ha fatto della discriminazione la cifra fondamentale della sua produzione: tra l’altro, ha discriminato le donne, ritenendo che avessero un’intelligenza inferiore a quella degli uomini.

Passando ad un piano diverso, ma i cui collegamenti con quanto detto non sfuggono ad alcuno, non è per caso che uno studioso come George Mosse abbia presentato Lombroso come “precursore” dell’idea di rigenerazione razziale affermatasi negli anni Trenta del Novecento[2].

Per concludere, oggi non sentiamo il bisogno di un rinverdimento della teoria delle due razze, meridionali e settentrionali e siamo preoccupati di quello che succede persino in sedi di ampia fruizione. Si pensi ad un giornalista di grido, che un paio d’anni fa ha parlato nel corso di una trasmissione nazionale di “inferiorità per tanti versi” dei meridionali. Ecco perché non credo opportuno ricordare o diffondere il nome di autori come Lombroso anche solo quando gli abitanti di quella via danno il loro indirizzo per un’innocente comunicazione. È buona cosa che quanti abbiano versato il sangue di gente ritenuta inferiore o che abbiano fornito gli strumenti intellettuali per far criminalizzare quella stessa gente, non godano di notorietà postuma a buon mercato. Lombroso appartiene certamente a questa seconda categoria. Ricordiamo che l’intelletto, direttamente o con la sua influenza, può far male più del fucile, può offendere, vilipendere e anche uccidere più delle pallottole.

Né ci si dica, come si usa fare in casi simili, che bisogna storicizzare, che quelli erano i tempi e che tutti pensavano allo stesso modo. Infatti, non solo somme figure della pietà cattolica, ma anche uomini di scienza come Andrea Verga contestarono subito fior di proposizioni lombrosiane. Anzi, per essersi Lombroso sottratto ad un confronto scientifico, venne addirittura escluso dalla Società di Antropologia.  

Né, riprendendo il discorso, può essere obiettata la fama raggiunta da Lombroso nel mondo, ché anzi questo sarebbe un motivo in più per rafforzare la mia richiesta. Se la fama dev’essere -com’è stata- conquistata sulle ceneri dell’umanità, allora molto meglio evitare di farne vanto.

Ancora, non ci si dica che mantenere il nome di una certa via non fa altro che perpetuare la memoria di una personalità celebre, senza per questo volerne condividere le posizioni. In realtà, proprio per via della delicatezza della questione, l’intitolazione si rivela invece spontaneamente una forma di criptolegittimazione di un pensiero.

Va da sé che qui, in questa sede, non si chiede una damnatio memoriae lombrosiana, ma la sua collocazione entro il suo ambito naturale, quello cioè storiografico, che potrà anche rilevare sine ira et studio come pur nei tempi moderni una pretesa scienza possa generare mostri dissolutori di ogni eticamente ordinata vita pubblica.

Insomma, il pericolo socio-politico e ancor prima morale derivante dalle tesi di Lombroso è di immediata comprensione, per cui è bene che da questo civico consesso venga una decisa opposizione a tutte le forme di razzismo.

Può Cassino, l’antica San Germano, città storicamente parte di quel Regno di Napoli che brillava nel contesto europeo per civiltà giuridica, consentire che si celebri il ricordo di chi ha pubblicamente disprezzato la gente del Sud?

È questa la ragione per cui chiedo formalmente a questo Consiglio/Commissione che il nome di Cesare Lombroso scompaia dalla toponomastica cittadina e la via finora a lui intitolata porti invece il nome di un personaggio intimamente legato alla nostra storia: Giuseppe Quandel. Un personaggio che del Sud è stato difensore tenace e convinto. Ufficiale del Genio nella difesa estrema di Gaeta, sempre coerente e fedele, approda al monastero, il “nostro” monastero di Montecassino, il più importante del mondo, culla dell’Europa. Passa dunque dal fragore di roventi campi di battaglia alla quiete del chiostro per combattere una più aspra e nobile lotta. Quante volte avrà pensato a tutte le sue vicende e a quanto aveva fatto per meritare promozione e onorificenze dal legittimo sovrano!

A Montecassino Giuseppe Quandel trasfonde anche il versante attivista ed operativo della sua equazione personale, dando luogo a studi e ricerche in campi diversi. Fra l’altro, da appassionato cultore, riesce a fondare una stazione meteorologica (poi anche sismologica).

Nel 1896 diventa abate. Tale oneroso incarico vive tuttavia per breve tempo, giacché Iddio lo chiama a sé l’anno successivo, nel 1897.

Per concludere, ecco che il confronto fra Cesare Lombroso e Giuseppe Quandel si rivela impietoso per il primo. Che cosa può e deve fare la nostra città? Onorare chi con il nostro mondo ha poco a che fare oppure chi ha dedicato l’intera sua vita alla difesa del Sud e al progresso di Cassino?

Per quel che mi riguarda, la scelta è ovvia e obbligata. Auspico che tutta la Commissione Toponomastica, al di là di ogni divisione partitica o altro, si mostri unita nel riconoscimento, pur se tardivo, da concedere a Giuseppe Quandel: un eroe delle battaglie, un atleta dello spirito, un amante appassionato delle nostre antichità e della nostra storia, uno studioso indefesso della nostra natura.


[1] Hanno visto la luce in tempi recenti grossolane ricerche, intese a rilevare come una pretesa inferiorità intellettiva dei meridionali porti con sé inevitabili differenze, rispetto al Nord, in termini di reddito etc. Si pensi a Richard Lynn, In Italy, north-south differences in IQ predict differences in income, education, infant mortality, stature and literacy, in “Intelligence”, 38 (2010), 93-100.

[2] Cfr. G.L. Mosse, Il razzismo in Europa. Dalle origini all’Olocausto, Mondadori, Milano 1992, pp.  92-94.

1 Comment

  1. Ottima iniziativa. Mi auguro sia esempio per tante e tante piazze e vie intitolate ancor oggi a carnefici oppressori dell’ex Regno delle Due Sicilie…che nulla avevano a che fare con la “liberazione” (da chi?) paventata dagli aggressori saboiaufi-piemontesi.

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