Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

CONSIDERATE NEL PARLAMENTO DI TORINO-DA’ DEPUTATI DELLE PROVINCIE MERIDIONALI (IX)

Posted by on Dic 5, 2023

CONSIDERATE NEL PARLAMENTO DI TORINO-DA’ DEPUTATI DELLE PROVINCIE MERIDIONALI (IX)
Tornata del 2 maggio (n. 103 degli atti)

Il deputato napoletano Del Drago chiede, onde voglia dichiararsi di urgenza la petizione n. 7055 delle monache Clarisse di Mola di Bari, che implorano la. Sospensione del Decreta Luogotenenziale de’ 17 febbraro su la soppressione de’ conventi, ed asserendo esso deputato di essere ecclesiastico e canonico, insiste «perché infine sieno tranquillate quelle coscienze agitate dell’Italia meridionale, le quali si vedono lese ne’ loro materiali interessi, ne’ loro religiosi bisogni, e finanche negli stessi loro diritti di libertà politica».

Nella stessa tornata il deputato Castagnola facendo la relazione delle petizioni, osserva su quella del calabrese Antonio Prestera di Monteleone di essere stato destituito sotto il Governo Borbonico (non come martire politico, giusta la solita frase) ma come Contabile fraudolento di quelle prigioni circondariali, che con discapito del vitto de’ detenuti percepiva dolosamente un assegno mensile: della quale colpa sorpreso e convinto da quel sottintendente, venne non solo privato d’impiego, ma sottoposto a giudizio criminale, il cui esito fu di conservarsi gli atti in archivio. — Or il deputato Castagnola osserva così: — «In seguito, per quanto il Contabile ricorresse, ciò non ostante il Governo Borbonico non ha mai creduto riammetterlo in impiego, risultando da’ documenti di essere pur troppo immeritevole di fiducia. Se non che quest’uomo, che era stato processato pel sudetto motivo dal Governo borbonico, che non aveva voluto riammetterlo, venne invece reintegrato nella carica dal Governo nostro… D’altra parte ben si osservò, che su i giornali si levano alte grida per la corruzione, che ora esiste nelle provincie napolitane…

In seguito lo stesso deputato volendo appoggiare la petizione del Vescovo di Conversano (Puglia) per non far comprendere nella soppressione le Clarisse di S. Benedetto. dice che il vescovo stesso merità tutte le simpatie, perché sinceramente italiano, e tale si dimostrò fin dal primo apparire di Garibaldi in quelle terre.

Tornata de’ maggio (n. 109 degli atti.)

Il deputato Cocco (abruzzese) parla contro il progetto di legge per una leva di 36 mila nomini nelle provincie di Napoli; e tra l’altro dice: — «Questa legge produrrà, se non altro, uno sbalordimento in quelle popolazioni, giusta l’avviso della minoranza della Commissione. — È facile vedere quanta costernazione produrrà ivi la sola pubblicazione di cotale legge, per le desolanti condizioni, in cui trovansi que’ paesi…, e debbo dirlo con dolore, lungi dal migliorare, sono progredite in peggio… Né conviene dir altro di queste tristi condizioni, poiché l’animo tanto più s’inasprisce, quanto più il pensiero si ferma allo stato in cui giacciono le nostre provincie, specialmente quella di Abruzzo citra, cui appartenga. — Dunque a fare in modo, che non cresca quella esasperazione, quello sbalordimento, quella costernazione, in cui si trova l’ex regno di Napoli, bisogna soprassedere e per quel dovere verso l’intera mia provincia, e per sentimento di coscienza, protesto che voterò contro la legge.

Su lo stesso tema il deputato Pica osserva tra l’altro: — «È assurdo superiormente, che s’imponga una leva di 36 mila uomini attualmente, perché una Legge futura potrà per avventura ordinarla… Pur troppo lo stato delle provincie napolitano non è soddisfacente… Ma intanto, io domando, è saggio, è prudente, quando le passioni sono ardenti, quando i partiti sono armati gli uni contro gli altri spargere a larga mano semi di malcontento?… Ciò non è, né giusto, né politico, ed io prego i Ministri a rammentare, che la giustizia e la uguaglianza è il primo dovere di ogni governo; che le provincie napoletane non sono state conquistate con la spada…

E il deputato Polsinelli sa lo stesso subbietto dice… «pretendere, che leggi piemontesi debbono cosi adattarsi alle provincie meridionali, è cosa che mi offende grandemente, e contro la quale protesto…»

«In questa Camera si nega la estensione del malumore, che esiste nelle. provincie napoletane, ma è un fatto, che esso è grande. Si sono toccati tutti gl’interessi. Le manifatture sono manomesse. Si sona toccati gl’interessi de’ luoghi ecclesiastici de’ luoghi pii, e di altri. Una gran parte della gente vivea di questi interessi…

«Non si dà tutto il peso, che merita alla situazione attuale della Italia meridionale; ma bisogna puro riconoscere, che è anormale: è una situazione molto più grave di quella che il Ministero crede. In Torino si sta sicuro, ma in Napoli si trema. Ed io tremo per due cose: tremo pe’ miei, ma più ancora tremo perché quella Italia, che si fatta una con tanti stenti, corre il pericolo di dividersi in due… I coscritti della leva presso di noi debbono essere tradotti con la forza; ma non si diede ordine a’ Sindaci, né di usarla, né di pagare la viària: non si fece niente. Chi era obbligato dalle autorità locali a partire ritornava poi subito. Essendo stati i giovani abbandonati io mezzo alla strada, ora sono con le armi in mino e bisogna combatterli. — Così si sono fatti due mali: invece di soldati abbiamo de’ briganti; ed ora bisogna mandare di qua truppa per ridurli al dovere, e tutelare la esistenza e la vita de’ cittadini, e quel ch’è più per impedire, che l’Italia non si scinda…

«La legge su la leva, adunque, non solo è inopportuna, ma è una di quelle misure, che vale maggiormente ad irritare quelle popolazioni, e forse ad indurle a fare quello, che tutti amiamo che non si faccia».

Anche il deputato Fenzi si oppone alla leva di 36 mila uomini in una sola volta, e dice… «È massimamente inopportuno l’andare a dire ad un paese, che per la prima volta è unito a noi, e nel quale si esegue una leva, che si opera una leva doppia delle leve straordinarie, che aveva fatte il Borbone. Il governò Borbonico, quando ha fatta la leva in tempo di goerra l’ha fatta di 18 mila, e noi ci presenteremo a quelle popolazioni dicendo: noi ne vogliamo trentaseimila?— Non esito a ripeterlo, io lo crederei inopportuno. Noi diciamo, imitiamo il governo passato: leviamo da tutte queste categorie ancora sottoposte alla estrazione di diciottomila uomini, come facevano i Borboni; e ciò urterà pochissimo».

(Non ostante le opposizioni; la leva è sanzionata)

‘Tornata de’ maggio (n. 113 degli atti.)

Il deputato Zanardelli parlando su la proposta di Legge abolitiva de’ vincoli feudali in Lombardia, tra le molte cose dice… «La legge napolitana su tal proposito fu fatta nel 1806, in un tempo non di rivoluzione, ma di restaurazione; in un tempo, in cui i feudi venivano restaurati in Lombardia. — E questa legge, nella patria di Vico, di Mario Pagano, e di Filangeri fu discussa lungamente nel Consiglio di Stato; questa legge fu chiamata, anche dal Colletta, argomento al mondo della napolitano civiltà».

Tornata del dì 8 maggio (n. 117 degli atti.)

Tra le petizioni, ve n’è una segnata n. 7095, con la quale il Corpo Municipale. di Napoli, e varii cittadini delle provincie di Terra di Lavoro, di Campobasso, di Salerno, chieggono, che la Camera ordini il riesame della legge de’ 17 febbraro ultimo, su l’Ordinamento giudiziario, sotto il rapporto della costituzionalità, opportunità, ed utilità. Tanto una tal legge è ritenuta come impolitica nell’ex regno di Napoli!

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Tornata del 20 maggio (n. 140 degli atti.)

Il deputato Ricciardi nella sua interpellanza su le cose di Napoli, tra le altre cose, osserva: …«Iddio faccia che Napoli non divenga per la terza volta fatale all’Italia, e per colpa nostra io credo essere urgente i l provvedere a’ mali di quelle provincie, e l’applicare i rimedii, che il Governo non ha punto finora applicati. Dal dì 8 del passato mese, in cui parte da Torino, sino al giorno di ieri, due soli decreti ho trovati su le provincie napolitane: il primo de’ 4 aprile, col quale si stabiliscono comandi militari, distrettuali, e provinciali, il secondo de’ 5 maggio, col quale sotto pretesto di determinare meglio le attribuzioni del governo locale di Napoli, venne questo completamente esautorato. Qui mi si permetta una storia un po’ curiosa, vale a dire quella della degradazione successiva degli uomini, che tennero le redini del governo di Napoli dalla entrata del generale Garibaldi. Allora i nuovi chiamati si chiamavano Ministri, è si succiavano l’Eccellenza la quale intitolazione sembrava tanto più strana, in quanto che il Dittatore non voleva neppure del Vossignoria. Venuto in Napoli il Re col Farini, le Eccellenze scaddero a Consiglieri; né questo è tutto, poiché venuto a Napoli il Nigra, i consiglieri decaddero a segretarii generali. Ora in verità non so che cosa il governo pensi di farne, a meno di mutarli in uscieri, o bidelli. Quello che certo è, questa degradazione successiva ha fatto grave torto al Governo di Torino in Napoli, divenuto tanto impopolare, che quasi quasi io, che sono partegiano dell’autonomia napoletana, starei per dirvi: distruggetela affatto. — In due cose i segretari generali non sono punto scaduti, primo nei percepire 400 ducati al mese, secondo nell’essere inaccessibili, ed invisibili. E vi dirò, che questa inaccessibilità ed invisibilità non ha poco contribuito al malcontento generale. Aggiungerò che questa inaccessibilità ed invisibilità è anche comune al principe di Carignano, ed al sig. Nigra; cosa tanto più strana, che i pubblici funzionarii dal primo all’ultimo esser non dovrebbero, che i servitori del pubblico.

«Poiché io vi parlava del malcontenta generale e profondo di quel paese, dirovvi che durante un mese intero io non ho fatto che udire un lamento perenne.

«Io ho visto in Napoli nomini di tutti i colori… gente d’ogni condizione, dal principe e Duca, fino all’ultimo popolano… Gli onorevoli ministri impugneranno la mia relazione, dicendo: ma le vostre relazioni sono affatto diverse da quelle che voi ci fate, e io farò loro riflettere, che havvi una certa differenza tra le loro relazioni, e quella che posso far io. Essi da chi ricevono le loro relazioni? Da’ loro subordinati, da’ segretari generali, da’ governatori delle provincie. Or costoro naturalmente sono uomini, che non possono darsi la zappa su i piedi, non possono dire, vanno tanto male, perché gran parte della colpa sarebbe loro, e mentre io sono affatto disinteressato, io vi dico quello di cui sono sicuro per le relazioni ricevute da persone degne di fede. — Se i vostri agenti vi dicessero; tutto va male, sarebbero eroi, ed io di eroi ne ho celebrati parecchi come poeta, ma nella vita reale ne ho conosciuti pochissimi. (Bravo) Inviterò dunque il sig. ministro ad una escursione nelle provincie, avvertendolo, che il viaggio sarà poco piacevole, se non altro, perché c’imbatteremo ad ogni passo ne’ ladri. — E stamane stessa nel metter piede in questo Camera, ho avuto alcune nuove lettere, le quali provano la verità di quanto asserisco. Ecco una recente lettera, 17 maggio, la quale dice — «La diligenza fu assalita da briganti presso Cancello a circa 8 miglia da Napoli, e il Corriere fu ucciso. — Una seconda lettera è del nostro collega Gaetano de’ Peppe che si trova a Napoli, e così scrive all’onorevole Moffa ai 16 maggio 1861. Sta mattina ricevo notizia dalle Puglie da persona presente al fatto, che nel giorno 14 corrente 700 briganti del Gargano, al grido di Viva Francesco II () hanno assalito il paese Matinata, e lo hanno spogliato di tutto: indi si sono gittati nelle diverse masserie appropriandosi quanto ci hanno trovato. Il governatore ha spedito tosto una forza; ma sono 700 reazionarii, e chi sa quanti altri vi si possono riunire. Bisogna bene pausarci, perché i fatti si rendono gravi, e le conseguenze possono essere funeste. Ho rilevato da un telegramma, che l’amico conte Ricciardi faccia una interpellanza al ministro…

«Potrei citare altri fatti dolorosi: per esempio, un cognato di mio fratello il conte Daghenausen ha subito uno di quelli attentati celebri negli annali del brigantaggio, vale a dire, che assalito in Castellamare da’ malfattori, è stato costretto a sottoscrivere una cambiale di 800 duc. Due di questi fatti sono avvenuti, nella stessa città di Napoli! Nei d’intorni di Napoli suonata l’avemaria, niuno esce di casa. Questo è una stato di cose intollerabile, tanto più che moltissima truppa abbiamo nel regno, massime in Napoli: Ed oltre la guardia nazionale abbiamo i carabinieri, e la Polizia. — Ora bisogna, che vi dia un sunto delle cento lettere, che ho ricevute dalle provincie, e delle relazioni che mi vennero fatte da provinciali venuti espressamente a Napoli per riferire su lo stato delle loro provincie. Queste relazioni sono gravissime, e ne assumo tutta la responsabilità. Tralascio i fatti di poca importanza per attenermi a quelli di maggior gravità, ed ho piuttosto attenuate che esagerate le cose — «provincia di Molise» Il governatore Giuseppe Belli è un uomo onesto e pieno di buon volere, ma debole, e poco capace…. Tribunali civili…… (è interrotto) ..

«Io debbo fare un quadro esatto della situazione: ora l’ex reame di Napoli si compone di provincie, e ciascuna di queste che si trova mal governata, ha il diritto di far sentire la sua voce: io non tocco la riputazione di nessuno: io dico, il governatore tale è giudicato in questo o in quel modo… e sebbene mi sieno stati ora fatti richiami e interruzioni, non posso fare a meno di dire, che quel tribunale civile, o criminale non sia composto di uomini mediocrissimi… (nuove interruzioni) .. I giudici mancano in questo tribunale da circa sei mesi con grave danno della cosa pubblica; miseria, ingiustizie, malversazioni; nessun provvedimento a pro della istruzione pubblica; nessuna intrapresa di opere pubbliche; la guardia nazionale male organizzata, o malissimo armata; i soli operai della campagna hanno lavoro, nessuna idea politica nelle moltitudini. Francesco II ha il merito d’essere più noto, che Vittorio Emmanuele! La reazione non è da potersi vincere, che col ridonare la prosperità al paese, col dare impulso all’agricoltura, al commercio, alle industrie. Attesa l’impazienza della camera, non leggerò altro sunto, che quello della provincia mia di Capitanata: — Il Governatore, conte Bardesono, giovanissimo, ignaro affatto degli uomini, e delle cose della provincia: dà udienza in contegno reale, e si rende sempre più impopolare per la sua albagia. Misure arbitrarie ebbero luogo, per essersi la sera de’ 25 marzo gridato abbasso al governatore. L’amministrazione affatto nulla. I più gridano si sta peggio di prima. I tribunali zoppicano. Alla guardia nazionale furono distribuiti in tutta la Capitanata soli 2400. fucili. Esistono in essa qua, e là elementi nemici. In Foggia, tra gli uffiziali si annoverano sette cavalieri di Francesco II. Grande la miseria e nelle città per mancanza di lavoro. Nessuna opera pubblica in attività. Furti a mano armata da per ogni dove. Molti elementi di reazione, nel Gargano massimamente: guai se la guerra scoppiasse in sul Mincio!

«In generale le relazioni delle altre provincie sono, tranne poche eccezioni, della stessa natura. Lo stato della Capitale non è certo migliore di quello delle Provincie. Debbo dir francamente di avere dopo 38 giorni di soggiorno in Torino, trovato un gran cambiamento. Voglio dire una verità dolorosa; ma debbo dirla; poiché per curare una piaga, bisogna denudarla: la fede nell’ordine delle cose presentii diminuita: non sò, o signori, se il popolo convocato di nuovo ne’ Comizi… (interrotto dalle voci di varii deputati Massari, Pica ecc.) Il presidente dice — «Avverto il deputato Ricciardi che non posso permettere, che venga a mettersi in dubbio la volontà di qualunque parte d’Italia di rimanere unita a tutto il regno…

Il deputato Ricciardi, dopo aver protestato del suo patriottismo; ed italianismo, il presidente gli dice «le lascio facoltà di parlare ma la prego non tornare su questo terreno; altrimenti non potrò lasciarlo continuare». Ed egli continua: «Mi limiterò allora a dirvi, che la situazione è gravissima. Io credo in coscienza, che, ove l’Austria, fosse in grado di assalirci sul Mincio, ci troverebbe in serii imbarazzi. Avremmo il nemico a fronte, e la reazione alle spalle. La quistione di Napoli è duplice: morale e materiale. È questa seconda che bisogna curare più prontamente. Havvi gran numero di persone, i cui mezzi di sussistenza sono distrutti, o diminuiti, per esempio, tutti coloro, che da 13 anni hanno sofferto per la patria, hanno logorate le loro sostanze, e speravano avere impieghi, che non han potuto ottenere: havvi l’effetto del ristagno della industria, e del commercio: havvi per Napoli in ispecie la mancanza di forestieri, e vi dirò che non ho riconosciuta la mia città natale, tanto l’ho trovata squallida e mesta! Vi aggiungi gli effetti della parifica delle tariffe tra Napoli, e gli antichi Stati, la quale parifica ha fatto cadere molte fabbriche, ed ha messo alla strada un gran numero di operai. In fine tante cagioni riunite fanno sì, che vi sia mancanza di mezzi per un gran numero di persone. In conseguenza la quistione è pure economica… Debbo dire, che non mai la istruzione pubblica, fu in cosi misere condizioni nell’ex reame di Napoli, quanto oggi; e nello stesso tempo, cosa assai strana, non costò mai tanto quanto oggi. L’ Università di Napoli è quasi deserta. Sono state create oltre a ciò molte cattedre ad honorem, e concesse a persone onorevolissime, senza dubbio, ma le quali non hanno fatto, e non faranno mai una lezione. Alcune cattedre sono state create per collocare Tizio, Sempronio, Cajo. Vi sono poi delle facoltà dove, sopra 13 professori, non ve ve ne sono presenti, che 5; cosicché vi sono stati concorsi, che si dovettero sorvegliare da 5 soli professori. — Lo stato de’ Licei provinciali non è punto migliore; tanto più che le povere provincie sono in generale neglette.

«Veniamo ora all’Accademia di belle arti. — Qui accade una cosa stranissima. L’Accademia è chiusa da 9 mesi: ciò non ostatile il suo bilancio si trova raddoppiato; ché, invece di 7 mila ducati, che prima costava, ne costa ora 13 mila; il che vuol dire, che la chiusura dell’Accademia è dallo Stato pagata sei mila ducati di più l’anno. — L’insegnamento primario è nella condizione la più infelice; basti l’accennare, che la maggior parte delle scuole è chiusa. In Napoli n’è aperta una sola. — Si lagnano gli artisti della capitale del non essersi messa a concorso la dispensa di alcuni quadri, per cui fu stanziata una somma considerevole, mentre fu aperto un concorso pel monumento della unità italiana. — Domando poi al ministro se è vero, che il gabinetto delle pietre dure sia chiuso». — Ora debbo entrare in una materia delicatissima, quella delle finanze… È voce pubblica in Napoli, che le finanze napoletane sieno state assai bistrattate. Io credo che solamente una inchiesta ordinata dall’onorevole ministro possa purgare l’amministrazione di questa terribile accusa. Ecco intanto 4 domande, che io potrei fare: — 1.° E vero, che somme considerevoli, sieno state pagate alla Luogotenenza, oltre i due milioni di Lire assegnati al principe di Carignano, e le centomila al sig. Nigra? — 2.° È vero, che sei mesi di paga sieno stati anticipati dalla cassa di sconto a parecchi impiegati contro il volere della Legge, che permette soli 2 mesi di anticipo? — 3.° È vero, che contratti di affitto di beni demaniali considerevoli, svantagiosissimi per lo Stato, sieno stati fatti, quello in ispecie di un fondo sito a Chiaja?— 4.° È egli vero, che sia stato segnato un contratto, rovinoso per lo Stato, di alcuni tagli di boschi?

«Il solo mezzo, io credo di conoscere la verità, sarebbe quello di una inchiesta… e domandare schiarimenti a quelli, che hanno ricevuto il denaro. E credo, che la inchiesta farà conoscere fatti gravi, e fra gli altri, questo, vale a dire, che tempo fà la Tesoreria, avendo avuto bisogno di realizzare una certa quantità di rendita inscritta, si sia rivolta alla Casa Rotschild, e che questa abbia dato il denaro a patti veramente scandalosi. — Sopra una altra cosa vorrei chiamare l’attenzione del ministro, vale a dire su la penuria estrema dell’ex reame di Napoli, che mi sembra tanto più incredibile, in quanto che le provincie napolitane soggiacciono a molto minori spese di quelle a cui soggiacevano sotto i Borboni. Noi non abbiamo più, per esempio, a pagare 400 mila soldati, surrogati appena a da 25, o 30 mila soldati dell’esercito meridionale… Non abbiamo più ministri, ma soli 4 segretarii generali, che non costano alla fin fine, che 1600 ducati al mese. — D’altronde vediamo, che non sono punto diminuite le imposte, le quali si pagano attualmente siccome allora. Abbiamo inoltre il prodotto de’ beni de’ Gesuiti, e dell’ordine Costantiniano; e domanderò al ministro, che cosa si fa di queste rendite. Abbiamo i beni di Casa reale, e si ricorderà il ministro, che Garibaldi decretò su questi beni la somma di sei milioni di ducati, il che vuol dire, che sono molto considerevoli. Or il governo, che successe a Garibaldi non ha osato abrogare questo Decreto; ma né pure ha mai voluto farlo eseguire. — Vi è una diminuzione considerevole su gl’introiti delle dogane, parte pel contrabbando; parte per la parifica delle tariffe; e parte per alcuni dazi ribassati per decreto del sig. Farini… Dimenticava dirvi, che in questo momento si dazia in Genova, e così la dogana è pagata a Genova, e non a Napoli. Pur tuttavia, tutto computato, il supero dovrebbe esser superiore al deficit. — Ora invece è il deficit, solo un’inchiesta può chiarire il vero. — La penuria del municipio di Napoli è anche maggiore di quella del tesoro. Nelle casse del municipio si trovano pochi ducati, e non si sà come andare avanti; tal che era quistione di contrarre il debito più rovinoso, che si possa immaginare, cioè, sottoscrivere obbligazioni per 3 milioni e mezzo di ducati, e non riceverne, che due e mezzo, pagando gl’interessi della intera somma… L’ultima relazione del ministro delle finanze ha fatto a Napoli un pessimo effetto, e già si prevede per l’anno venturo la tassa fondiaria, la tassa mobiliare, la tassa delle patenti, da cui finora fummo esenti; più un nuovo debito, che si aggiungerà a quello di. 139 milioni di ducati, che abbiamo già. E dicono i miei conterranei, noi soggiaceremo a questi nuovi carichi, ma vorremmo almeno godere un vantaggio, ma invece noi siamo minacciati da gravi danni… Si grida a contro le nuove leggi; ed a questo proposito mi sia permessa una digressione contro la Decretomania. Siamo stati inondati di leggi, e decreti, che si potevano benissimo differire a miglior tempo Noi dobbiamo rispettare le leggi, fe le abitudini lodali; massime quando queste leggi non sono triste; anzi in molte cose sano superiori a quelle degli altri Stati… È curioso, che vi debba dare io consigli, io che paste so per uomo superlativo, e rivoluzionario… Ora non posso fare a meno di far parola di molti arresti, e di molte detenzioni abusive; arresti di garibaldini, arresti di reazionari. — A’ 27 aprile tutti sanno, che vi fu uno scandaloso fatto; quello, di cui fu quasi vittima il signor Silvio Spaventa. Io fui il primo a dire al signor Nigra, che bisognava punire i colpevoli. Arresti molti ebbero luogo. — Io trovo, che una volta arrestato un individuo, deve essere interrogato dal magistrato ordinario, e non già trattenuto per misure di polizia. Ora 70 garibaldini furono tradotti a’ Granili, e rilasciati solo dopo 20 giorni per mancanza di prove. — I reazionarii si lagnano della stessa cosa; e noi non dobbiamo dar causa a nostri nemici di dire, che noi, uomini liberali, uomini amici della giustizia, siamo i primi a violarla. Il Duca di Cajaniello fu arrestato il 6 aprile. Or costa a me, che il 6 maggio non era stato ancora interrogato dal magistrato ordinario. Egli sta sotto l’azione del potere. giudiziario; ma non ha ancora subito alcun interrogatorio, e questo non è regolare Fo un appello altresì alla cortesia ed umanità del sig. ministro dell’interno… Il duca di Cajaniello soffre di asma; ed è nelle prigioni di S. Maria Apparente, d’onde ha chiesto invano di essere traslocato in un forte. Ora il governo di Vittorio Emmanuele non vorrà negare al duca di Cajaniello, borbonico, ciò che Del Carretto, ministro di Ferdinando II concedeva a me suo nemico, allorché nel 1834 su la domanda di mio padre, mi faceva traslocare tosto dalla prefettura di polizia nel castello di S. Erasmo Passiamo agli affari ecclesiastici…

«Quello, che ha luogo in questo momento in Napoli contro preti, frati, e monache pel decreto de’ 17 febbraro, è illegale, ed incostituzionale, ed io domando giustizia anche a pro de’ preti, dei frati, e delle monache. Aggiungerò, che codesto decreto ha pur molto contribuito al malcontento, di cui si parla… Non parlo della cassa di risparmio, decretata il giorno 19 novembre, ed il cui Statuto fu pubblicato il 30 marzo; perché confesso, che stabilire la cassa di risparmio in un paese, dove il povero popolo ha appena da non cader morto di fame, è una burla».

Indi l’oratore si versa su’ lavori pubblici, e precisamente su la costruzione delle strade ferrate, ed accagiona il Governo di lentezza, e d’ignavia: passa al ramo della guerra, e dice: «L’esercito Borbonico annoverava un effettivo di 93091 soldati e sottofficiali, e di 2869 ufficiali, con materiale immenso da guerra.

«Basti questo, che nelle sole fortezze di Capua, e di Gaeta si annoveravano circa mille cannoni, de’ quali la più gran parte di bronzo. Lasciamo stare l’immenso materiale accumulato nelle piazze del Napoletano, e della Sicilia. Vediamo ora cosa è divenuto questo immenso esercito. Cominciamo dagli ufficiali. Ve ne sono 2 categorie. Quelli, che dal campo Borbonico passarono al nostro anche prima della entrata di Garibaldi in Napoli, e quelli così detti fedeli, che rimasero sotto la bandiera borbonica fino all’ultimo. Vediamo come avete trattatigli uni, e gli altri. Circa 1500 ufficiali borbonici, dopo la caduta di Capua edificata, capitarono in Napoli. Or questi disgraziati furono crudelmente umiliati. In principio ricevevano un franco al giorno. In seguito hanno ricevuto un soldo maggiore, o metà della paga, Ma come non c’è che un solo pagatore all’ufficio di piazza, sono costretti qualche volta ad andare 10 o 12 volte prima di essere pagati. Più in là, mercé decreti di aprile, e marzo mille sono stati messi a riposo, ma senza norma, giovani, cd uomini d’età, scapoli, ed ammogliati; quasi ciecamente, ed a capriccio, — 137 sono stati messi in posti sedentanei, nello stato maggiore delle piazze — 229 sono stati chiamati all’attività; ma lasciati in aspettativa.

«Or io domando, tutti questi ufficiali borbonici, umiliati, disgustati, non sono materia ottima per una cospirazione reazionaria?… Aggiungete i soldati sbandati, che sono in grandissimo numero nel regno, i quali avrebbero degli uffiziali belli, e pronti: ecco dunque delle compagnie, de’ battaglioni, de’ reggimenti, che si formerebbero colla massima facilità…

«Si accordarono ad alcuni delle pensioni, altri si posero in servizii sedentari. Avete ammesso nelle file dell’esercitò italiano il generale Nunziante (bisogna pure, che lo nomini) e poi avete trattati, vedemmo in che modo, non solo quegli uffiziali che fino all’ultimo sono stati fedeli alla bandiera borbonica; ma quelli, che col rischio della vita si sono gettati nel nostro campo pria che Garibaldi entrasse a Napoli. Potrei nominarne gran numero che son venuti da me…»

(Il ministro della guerra dice: «Li nomini, e il deputato S. Donato indica il nome di Firrao.»)

Ricciardi continua: — «Appena (reduce dall’esilio) giunsi in Napoli; i miei amici politici, ed io, sentimmo che precipuo dovere era di fare ogni sforzo affinché l’esercito napoletano rimanesse intatto () ; secondo me è stata una sventura immensa la distruzione di quel bellissimo esercito, che si sarebbe battuto assai bene per la causa, italiana. Io feci la propaganda nelle caserme, a rischio di farmi fucilare; ed a quanti ufficiali vedeva, io dicevo: il vostro onor militare è salvo, perché in Sicilia vi siete battuti contro Garibaldi; ora siete in casa vostra, e dovete imitare l’esempio dell’esercito toscano, che a’ 27 aprile fece sì colla sua bella attitudine, che il Gran Duca se ne andasse volontariamente. Gli ufficiali rispondevano: noi saremmo pronti, ma i nostri soldati sono talmente fanatizzati, che ci fucilerebbero. E questa è stata una delle principali cagioni, per cui è stata impossibile una sollevazione militare, o per dir meglio., un pronunziamento militare anche pria dello ingresso di Garibaldi, che avrebbe trovato in Napoli una rivoluzione in piedi; ed un esercito intero… Ma vi pare che senza il lavoro segreto di questi uffiziali, senza il nostro lavoro, avrebbe potuto mai entrare Garibaldi in Napoli, città di mezzo milione di abitanti, con 4 castelli gremiti di truppe, ed un presidio di ottomila soldati? Egli entrò solo in Napoli, perché noi liberali, con buon numero di uffiziali, gliene aprimmo le porte… Ora chiamerò l’attenzione del ministro della guerra sopra un fatto, che mi è stato riferito da persone autorevoli venute espressamente a Napoli qualche giorno prima della mia partenza: Nella provincia di Terra di Lavoro si vendono a vilissimo prezzo, fucili bellissimi, de’ quarantamila, che vuoisi sieno stati trovati in Gaeta.

«Mi è stato assicurato inoltre, che tanto a Napoli, quanto a Palermo, sieno state accettate forniture molto svantaggiose per lo Stato; mentre altre ve n’erano molto più vantaggiose. Più gli raccomanderò caldissimamente i magnifici stabilimenti di Pietrarsa, e Torre Annunziata, massime quello di Pietrarsa, che è un vero modello, ed una delle bellissime cose fatte da re Ferdinando II. Questi due stabilimenti basterebbero ad esimerci dal pagare all’estero un tributo per armi, siccome facciamo in questo momento. Mi rivolgo al ministro della marina, e domando, se sia vero, che sieno stati licenziali 500 Operai del cantiere di Castellammare; e se sieno stati parificati i diritti, gli onori, e gli averi degli ufficiali della marineria napoletana, e quelli de’ vecchi Stati…

«Il primo bisogno del paese è la pubblica sicurezza. La polizia fra noi è fatta dalla guardia nazionale, porte ché gli stessi Carabinieri, non possono farla in un paese, ‘di cui noti capiscono il dialetto, e dove non sono capiti…

«Altro provvedimento, che chieggo è lo spurgo degl’impiegati e fosse altresì interamente tolta ogni idea di consorteria, una delle cose, di cui si lagna il paese, poiché si dice, che gli uomini i quali appartengono al Governo, appartengono tutti ad una consorteria; quanto a me credo, che non vi debba essere, che una sola consorteria al mondo, quella degli uomini onesti.

«Rimedio è pure da porre all‘impiegomania, aprente do nuove carriere, promuovendo l’agricoltura, che è fanciulla fra. noi, e potrebbe dare immensi tesori…

«È pure da estinguere la mendicità, una delle piaghe speciali del mio paese, e specialissima della ca«t pitale; tanto più vergognosa, in quanto che esistono tutti i mezzi possibili per estinguerla facilmente… Ci vogliono pure buoni Governatori; ed aggiungerò, che per ora non debbono essere, né piemontesi, né lombardi, né toscani; ma del paese… Nell’amministrazione ci vogliono uomini, che conoscono gli uomini, e le cose. Infatti, vedete cosa accade in Foggia; vedete quello che vi scrivono di là, ed io vi posso garantire la verità di quelle relazioni. Si mandarono Guicciardi, 0 de’ Rolland, a Cosenza, ed a Potenza; ma non faranno eglino miglior pruova del conte di Bardesono. La promiscuità è ottima per la magistratura…;ma per l’amministrazione non è lo stesso; ecco perché io non vedo volontieri i cittadini dell’Alta Italia andare a Napoli carne governatori. Oltre di che dovete sapere, che a Napoli si sono messi in capo, che voi volete piemontizzare il paese; epperò, che il mandar quivi piemontesi non fa che aggravare questo pregiudizio…

«Veniamo ora allo invio del Conte Ponza san Martino per nuovo Luogotenente. Credete voi, che se questi non entra in una via affatto diversa da quella battuta finora, farà migliore pruova de’ signori Farini, e Nigra. — Vi diceva esser necessario, che batta nuova strada, ma questo non basta: bisogna, che si circondi di uomini nuovi, e del paese: bisogna che sia accessibile, e visibile: poi bisogna che vada a Napoli con un programma preciso e non. con delle idee indeterminate, e preconcette, che sarebbe anche peggio. Io credo esser buon italiano quanto tutti voi; ma per Dio! io sono anche napoletano; e quando sento dire che noi siamo il meno civile popolo della terra, vi giuro che mi si rimescola il sangue… Mi si accerta, che in questo momento viene abolito il Consiglio amministrativo, non che la corte de’ Conti; e che la corte di cassazione sarà ridotta a nove membri: se queste cose sono vere, non potranno, che fare un pessimo effetto.

In conchiusione, dopo aver progettata una inchiesta nell’ex regno di Napoli da percorrersi da 5 depistati eletti a maggioranza di voti, —si esprime così— Ma vi pare piccola cosa un paese di sette milioni? Volete voi mettere in pericolo l’amore di questi sette milioni per la causa italiana? Quando io vi ho detto, che questo amore trovasi compromesso, voi avete gridato contro di me; eppure non ho fatto, che il mio dovere di dirvi la verità. Voi farete quello che io dico, se non volete, che un popolo di sette trilioni rimpianga i Borboni, e maledica la libertà.» ()

Indi il deputato San Donato prende la parola, per mitigare le cose dette dal preopinante Ricciardi; e dice: «io convengo che il brigantaggio è molto esagerato;. ma esso esiste, ed è forte. Esso minaccia di pigliare un colore politico. Oramai nelle provincie la reazione trova calorose simpatie… Io lo dico francamente questo stato di cose non può durare; perché la guardia nazionale giustamente comincia a stancarsi, e con essa il paese. Sono nove mesi, che vive di questa vita, facendo sola le fucilate continuamente.»

Parla in seguito contro la chiusura della discussione, e su lo stesso tema, il deputato Ferrari, e tra l’altro osserva: «Noi non conosciamo ufficialmente lo stato di Napoli… noi siamo immersi nelle tenebre, ed afflitti della più dura perplessità, attesocché ne’ giornali e ufficiali, voi signori del Governo, non vi siete mai spiegati una volta, e cercaste fuorviarvi, dirò così, quasi sempre. Nella gazzetta del regno, dove ho sempre avidamente cercato de’ dati per illuminarmi su la situazione del mezzodì, non potei mai nulla rinvenire, perché fu dal Governo adottato un sistema abituale di reticenza, il cui risultato sarebbe di farvi vivere in un perpetuo inganno. Volete che vi dica in che modo voi avete nel vostro giornale officiale reso conto dell’amministrazione del regno di Napoli durante parecchi mesi? Prendiamo i numeri dal novembre (ché da quel tempo voi siete responsabili dell’amministrazione di quel paese) »…

E’ richiamato dal presidente a restringersi, e parlare contro la chiusura, senza rientrare nel merito della quistione…

Ed il deputato stesso continua: — «Io voleva solamente affermare lo stato, io cui ci troviamo rispetto: a quel regno, intorno al quale io ora non so niente, se non per le cose assorte dal deputato Ricciardi, ed impugnate dal ministro in questo recinto e siccome qui ora non si tratta d’individui, ma di un principio, io ora in verità non potrei dire, se desideri, o che continui il signor Nigra, o che ritorni il signor Farini, o che ci vada il signor Conte di S. Martino…

«Voglio dire questo solamente, che non fu sinora discusso il modo, con cui il governo si mette in comunicazione col pubblico circa il regno di Napoli, per mezzo de’ giornali pagati dal bilancio. — Io leggo la gazzetta officiale, i suoi telegrammi, e non posso rischiararmi. —Se interrogo i giornali francesi, e quelli degli altri paesi, il Governo mi opporrà, che contengono esagerazioni, e può forse anche benissimo aver ragione. — Ma sopra de’ fatti i più essenziali, si sono fatte circolare in tutti i giornali di Torino delle lettere false, delle smentite immaginarie, delle narrazioni stolide, con dettagli i più circostanziati, senza che alcuna esposizione seria mi faccia conoscere gli scontri, il brigantaggio, le sommosse, le dimostrazioni, i reclami, che sarebbero emersi patentemente da una inchiesta… Il mettere il pubblico al fatto della situazione del regno di Napoli, è cosa che interessa, non solo la politica; ma gli stessi negozianti, chi ha bottega, chi ha commercio, chi ha fabbriche. Un negoziante, che volesse intraprendere qualche cosa, un’operazione qualsiasi relativa alle Due Sicilie; ed ignorando affatto lo stato del paese; né potendolo indovinare, se non dalle asserzioni del signor Ricciardi, o dalle denegazioni del signor. Ministro, dovrebbe rimanersi nella incertezza. Ne nasce, che tutti ne soffriamo, che il commercio, e la industria sono paralizzati, e l’interesse non solo della bassa Italia, ma anche dell’Alta, l’interesse dico di tutta Italia, richiede la continuazione di questa discussione (Si approva la chiusura)

Tornata de’ 25 maggio 1861 (n. 153. degli atti.)

Il deputato Polsinelli parla contro lo schema di legge per la modificazione della tariffa daziaria, e tra l’altro, osserva «Bisogna far gran conto delle contribuzioni indirette. Da esse voi dovete trarre il massimo vantaggio. Nelle provincie napoletane, dal cessato Governo, si ottenevano dodici milioni di ducati all’anno d’introito. Ora che si sdaziano molte mercanzie a Genova si fa un introito grandemente minore… Ora, sapete voi quale l’effetto pratico di questa riduzione di tariffa? — Le nostre manifatture, che gareggiavano con quelle dell’estero, ora si trovano in cattive condizioni. E notate, che le manifatture estere venivano a portarti i loro tessuti a discretissimi prezzi, perché i loro prodotti erano eguali a’ nostri. Per esempio, dalla mia fabbrica si sono venduti per molti anni, come panni forestieri, i tessuti, che erano miei: — Ebbene, ora la mia fabbrica è ridotta ad andare in rovina, perché vennero aperte le frontiere a tutti i forestieri, ed i paesani nostri non trovano più lavoro… moltissime famiglie per questi motivi, per questa mancanza di lavoro, gemono nella miseria. Ed è questo uno degli elementi più gravi del malcontento, che vi è nel regno di Napoli, perché le manifatture in quel regno sono più importanti di quello che qui si creda… La Francia, e l’Inghilterra predicano il libero scambio dopo aver avuta per secoli una protezione grandissima, anzi la prima anche la proibizione. Esse dicono a noi: facciamo liberamente il commercio, apriteci il vostro mercato. Ma questa, o Signori, è la lotta di un gigante con un bambino: come possiamo noi sostenere questa formidabile lotta? Ed i consumatori, che, dietro la parola illusoria del libero cambio, credono di comprare più a buon mercato, s’ingannano a partito. I generi esteri in appresso si pagheranno molto di più, perché i forestieri non trovando concorrenza alcuna nell’Italia, pretenderanno tutti i vantaggi possibili… Già molte fabbriche si sono chiuse; altre hanno diminuito d’importanza; e quale languisce, e quale, se non è morta, poco ci manca a morire. Ed è questa la maniera con la quale si fanno delle modificazioni? Metterle all’improvviso, senza nessuna prevenzione, compromettendo tanti interessi, quasi che la proprietà del commercio non meritasse quello stesso rispetto, che meritano tutte le altre proprietà?… Sappiamo noi fabbricanti quanto abbiamo speso nelle macchine, negli utensili d’ogni specie, nella formazione degli artisti, e quante fatiche abbiamo durate?… E adesso, tutto è perduto!… Ma questo è poco, a fronte della diminuzione d’entrate delle Finanze; per cui si dovrà contro ogni buona politica ricorrere a’ dazii diretti..

«Cosi potessero da noi bastare i dazii indiretti, quanto sarebbe più facile la loro percezione, e quanto meno gravosa! Si ha un bel dire, si debbono eguagliare le spese coll’entrate. Alla esecuzione voglio vedere come si farà? Dirà il governo alle provincie napoletane: voi ora avete la sola fondiaria, abbiatevi un dazio su le bevande, abbiatevi un dazio proporzionale sul registro, abbiatevi un dazio su la personale, e tutte queste imposte verranno sancite dalla Camera; ma al punto della esazione bisognerà mandate reggimenti e reggimenti… E non c’è da fare oh! oh! Questa è la verità, ed io la dirò e la dico tutta quanta brutta, com ella è. Si faranno i decreti, ma ad eseguirli ci vorrà della forza, e della forza. — Non si mantiene un Governo solamente con la forza, vi è d’uopo dell’amore, e del contento… Il libero cambio, che ci preconizza l’Inghilterra e la Francia equivale al dire; aprite il vostro mercato a vantaggio nostro.

Nella susseguente tornata de’ 27 maggio, continuando là discussione su lo stesso progetto di riforma della tariffa daziaria, il deputato Plutino osserva: — In tutti i moti rivoluzionarii vi sono speculatori, i quali ne approfittano per loro vantaggio: cosi successe nell’Italia meridionale — sorsero ivi non solo de’ contrabbandieri organizzati per eludere la vigilanza de’ doganieri, e distruggere ogni risorsa dello erario; — ma si organizzarono anche delta associazioni sotto il nome di camorristi, che sostituendosi al Governo () vollero a loro particolare profitto esigere le imposte, che al Governo erano dovute. — Cosi appena passò il Dittatore Garibaldi nella provincia della Calabria, si è distrutta la dogana collaterale continentale in Sicilia, la quale serviva per la esazione de’ dazii su le merci, che dai portofranco di Messina passavano nella Italia meridionale: si è sostituita alla organizzazione legale del Governo una organizzazione particolare di privati, i quali dopo aver ucciso il Controloro preposto a quella Dogana, si sono di propria autorità assunto il diritto di fare delle spedizioni con piccoli bollettini, e con loro bollo speciale. I negozianti tutti di quella provincia si sono commossi di questo stato di cose, e ricorsero all’Autorità dicendo, che essi non potevano da una parte sostenere la concorrenza del contrabbando, e dall’altra lottare con quella immensa riduzione di prezzo, che le nuove tariffe piemontesi naturalmente offrivano».

Nella replica fatta su lo stesso tema dallo anzidetto deputato Polsinelli, ribattendo le obbiezioni fattegli da’ preopinanti colleghi Plutino, e Nisco, osserva contro quest’ultimo, che per quanto è valente nelle teoriche, altrettanto è indietro ne’ fatti; rimasto (esso Nisco} per 12 anni per la causa della libertà nelle prigioni, e nello esilio, si è ingannato quando ha creduto, che poco o nulla avessero progredito le manifatture sotto il cessato governo borbonico. Io citerò, a modo di esempio, le grandiose fabbriche di filatura di cotone, tessitura, stamperia, stabilite ne’ contorni di Salerno, che occupano migliaia, e migliaia di persone. Pei quelle di tessuti di lana, anche stabilite in Salerno. La magnifica filatura di lino a Sarno, la tessitura a Scafati, i numerosi lanificii del distretto di Sora, di Abruzzo, e di altri luoghi; — finalmente gl’innumerevoli telari di seta, cotone, e lino, stabiliti ne’ sobborghi, e contorni di Napoli; tal che la Capitale, eccettuati i quartieri superiori e quelli abitati dalla nobiltà, può dirsi una vasta fabbrica. Ciò a prescindere delle Cartiere, concerie, ed altre. Non terminerei giammai se volessi fare una precisa numerazione delle manifatture e della gente, che viveva con esse tanto in Napoli, che in Sicilia, dove esistono altre manifatture… Ecco perché, quando si passa dal campo delle teorie al campo della pratica le cose mutano a colpo d’occhio; ed ecco perché i dottrinarii ogni volta che il caso gli ha messo il potere nelle mani lo hanno perduto».

Nella stessa tornata, e sull’identico oggetto, il deputato siciliano d’Ondes-Reggio dice:. — «In Sicilia le idee di libertà commerciali, ed industriali sono più antiche di quello che sieno in Piemonte, e queste idee sono in Sicilia da gran pezza attuate ed hanno prodotto ottimo effetto.»

Ripiglia il deputato anzidetto Polsinelli, ed aggiunge: «Mi giungono poi premure grandissime da’ fabbricanti di carta, onde io sollecitassi il Governo a trovar modo d’impedire la esportazione degli stracci. Questa materia è necessaria, e venendo a mancare, viene altresì a mancare la industria della carta, la quale ha prosperato tanto nel passato Governo che i suoi prodotti in gran parte andavano all’estero finanche in Inghilterra ad uso del grande giornale il Times… ed era giunta cotale industria a tale altezza nel regno di Napoli, da rivaleggiare con tutte le altre simili esistenti in Italia… Il Sig. Deputato Scialoja (che fu ministro sotto la dittatura di Garibaldi) non dovrebbe dimenticare, che la seconda diminuzione di tariffa, che ora si cerca far approvare, fu pubblicata contemporaneamente alla tariffa sarda nell’ex regno di Napoli. Lascio a voi di pensare quanto grande dové essere il dolore che dovettero provare e que’ manifattori nel vedersi porre questo doppio aggravio… Fra poco tempo noi saremo ridotti a far mostra di tessuti grossolani, come si usa ne’ paesi dove non vi sono manifatture di sorte.»

(Non ostante queste sensate osservazioni la riduzione di tariffa è approvata.)

Tornata de’ 29 maggio (n. 160 degli atti)

Tra le petizioni presentate alla Camera, ve n’è una segnata sotto il n. 7235, in nome di 45 pittori decoratori della Città di Napoli, i quali domandano al governo di Torino, onde provveda loro del lavoro per guadagnarsi il necessario sostentamento, venuto loro a mancare col nuovo ordinamento politico.

Nella stessa tornata discutendosi il progetto di legge relativo a militari privi d’impiego per titolo politico, il deputato Pisanelli osserva: —«Quasi tutti gli uffiziali napoletani sono stati messi al ritiro… il cui trattamento riesce a taluni così misero la non permetter loro di sopportare in nessun modo le spese della vita. — Ora ponete una quantità innumerevole di uffiziali, i quali, e per le pratiche antiche, e per le occupazioni abituali, non possono volgersi ad altre cure: e voi lascerete morir di fame. Ed io posso attestare, e lo attesteranno con me tutte le persone venute da Napoli, che là il sentimento generale si è commosso ed inasprito alla vista dello spettacolo miserabile offerto dagli antichi uffiziali dell’esercito napoletano.»

Tornata de’ 31 maggio (n. 164 degli atti)

Il deputato Ricciardi interpella il ministro della istruzione pubblica, se sia vero, che sia stata in Napoli sciolta l’Accademia delle Scienze: — e dice «Questo fatto sarebbe gravissimo, poiché le attribuzioni del governo di Napoli sono state, ristrette in modo considerevole, ed inoltre si potrebbe ciò appena tollerare quando fosse fatto per legge. Trattasi in fatti di una delle Accademie più illustri, non dirò d’Europa, ma certo d’Italia.»

(Il ministro risponde di non conoscere niente di preciso, e si riseria altro giorno.)

Nella seguente tornata () de’ 10 giugno (n. 180 degli atti) il medesimo deputato Ricciardi ritorna su lo stesso tema, e cita il decreto di scioglimento della detta Accademia delle scienze de’ 30 aprile, pubblicato nel giornale officiale de’ 31 maggio, mentre in quello del seguente giorno 1.° giugno si riordina l’Accademia stessa. Ma è interrotto dal Ministro di Pubblica Istruzione, che dice di attendere una dettagliata relazione dalla Luogotenenza di. Napoli: così fra 2, o 3 giorni sarà nel caso di dare più ampie spiegazioni.

In questa tornata de’ 10 giugno è approvata la légge per la riunione in un solo Gran Libro a Torino di tutti i Debiti Pubblici de’ varii Stati italiani annessi al Piemonte. (

fonte

https://www.eleaml.org/ne/stampa2s/1862_DURELLI_condizioni_regno_Due_Sicilie_parlamento_torino_2019.html#Tornata_de_28_febbraio_1861_n_8._Atti

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