Alta Terra di Lavoro

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CONSIDERATE NEL PARLAMENTO DI TORINO-DA’ DEPUTATI DELLE PROVINCIE MERIDIONALI (XI)

Posted by on Dic 9, 2023

CONSIDERATE NEL PARLAMENTO DI TORINO-DA’ DEPUTATI DELLE PROVINCIE MERIDIONALI (XI)
Tornata dei 3 luglio (n. 248)

Il deputato Amicarelli parla contro lo schema di legge per la occupazione dette case Religiose e dice, che il decreto luogotenenziale de’ 17 febbraro in Napoli per l’abolizione de’ Conventi e Monasteri, fu uno de’ tanti che là piovvero a diluvio dal governo de’ Luogotenenti ed osserva: — «Come questo decreto riuscisse dannoso a alla pubblica tranquillità, come fosse inopportuno nelle provincie meridionali, non v’è alcuno che non lo sappia: come poi sia da aversi per illegale, e per nullo, finché non sia convertito in legge dal parlamento, si conoscerà di leggieri sol che si ponga mente di essere sfornito di autorità il Luogotenente per pubblicarlo».

L’oratore invocando l’art. 29 dello Statuto, che dichiara inviolabili tutte le proprietà, senza alcuna eccezione proclama altamente, che la proposta legge per la occupazione delle case religiose pel bisogno del mitare servizio, viola manifestamente un articolo dello Statuto; viola il sacro diritto di proprietà; di quella proprietà che agli ordini religiosi è garantita dalla legge, come a tutti i singoli cittadini.»

In questo senso parla anche l’altro deputato Siciliano d’Ondes Reggio. (Ciò non ostante la legge è approvata.) ’

Tornata dei 4 Luglio (n. 25 degli atti)

Nella discussione del progetto di legge per la ferrovia da Napoli all’Adriatico, il deputato Ricciardi in favore ed incoraggiamento degli artefici, ed operai napoletani, propone l’emenda all’articolo 28, col quale si permette a’ concessionarii d’introdurre ed immettere in franchigia di dazio e di qualsivoglia altro diritto i materiali, gl’istrumenti, i metalli, le locomotive, i tenders, i vagoni, e tutto ciò che è necessario alla costruzione e manutenzione delle ferrovie. E però esso deputato dice. «È incredibile il numero delle industrie, che si collegano allo stabilimento delle ferrovie. Per esempio, i carrozzieri, cui sarebbe naturalmente commessa la costruzione de’ carri (barbaramente chiamali vagoni) A questa industria de’ carrozzieri si legano al(re mollissime, quelle del falegname, fabbro, pittore, vetraio, tapezziere ecc. A Napoli questa industria è fiorentissima, tanto che i più ricchi signori fanno costruire quivi le loro carrozze, anziché commetterle a Londra, o Parigi. Ora, se voi ammettesse com’è l’articolo del capitolato, che cosa accadrebbe? Accadrebbe, che i concessionari, cui avete già dati tanti vantaggi, allettati massimamente dalla franchigia de’ dazii, farebbero venir tutto dall’estero, e specialmente dalla Francia, e tutto senza dazio. — Quindi danno pel nostro tesoro; danno per l’industria nostra, e tutto in vantaggio della compagnia de’ concessionarj. Non veggo perché non si debba fare per l’ex regno di Napoli ciò che si è fatto pel Piemonte, dove si fabbrica tutto ciò che è necessario per le ferrovie. Perché non si può fare lo stesso a Napoli, dove fra gli altri, abbiamo il magnifico stabilimento di Pietrarsa. () Io credo adunque, che per emendamento, si debba al detto articolo 28 aggiungere, che la compagnia concessionaria abbia a giovarsi di ciò che può avere da’ fabbricatori del paese.

Benché appoggiato dal voto dell’altro deputato napoletano Polsinelli, il cennato emendamento del Ricciardi, cotanto utile alla classe ammiserita degli operai, viene respinto.

Altra tempestosa discussione si suscita per l’emendamento proposto del medesimo deputato Ricciardi al seguente articolo 32 dell’anzidetta legge per la ferrovia da Napoli all’Adriatico, il quale articolo prescrive «che i concessionarii, per quanto è possibile, sceglieranno il personale de’ loro impiegati fra i regnicoli.»

Il Ricciardi dice: «Quantunque persuaso di riuscire in questa aula avvocato infelice di ogni più nobile causa, non recederò dal mio intendimento dì propugnare il mio emendamento…

«Vi sono in gran numero militari messi a riposo, vi sono moltissimi impiegati, di cui il Governo non sa che fare, perché sono fuori di pianta. Or bene, perché il Governo non si riserverebbe il diritto d’impiegarli in queste ferrovie? Perché non impone a concessionari servirsi de’ militari congedati? Se voi non ammetteste il mio emendamento accadrebbe che i signori concessionarii si servirebbero de’ nostri operai per la semplicissima ragione che li pagano assai poco; ma quanto agl’impieghi lucrosi, li darebbero tutti a’ loro clienti, alle loro creatore, com’è accaduto in simili casi. Vedreste inondato il nostro paese d’impiegati forestieri… É già troppo, che si concedano le nostre ferrovie a società estere; dobbiamo almeno stipulare qualche cosa a favore de’ nostri ()

L’emendamento è appoggiato dall’altro deputato Castellano; ma alle insisterne di talune voci, che chieggono votarsi per appello nominale, il ministro pe’ lavori pubblici si riscalda, e dice, che la quistione non solo si voglia elevare a quistione politica, ma anche sociale; e protesta formalmente col dichiarare anche da parte del Governo, di respingere energicamente la proposta di Ricciardi. Al quale perciò si fanno calde premure dal deputato ministeriale Massari di ritirare l’emendamento. Il Ricciardi è negativo; parlano i deputati, Plutino, ed Alfieri, il Presidente fa sentire la sua voce, scoppii di grida a sinistra, i cui deputati si alzano con impeto; e gridano «All’ordine!» rumori fortissimi e prolungati, il frastuono continua, il presidente si copre il capo, e dichiara sospesa la seduta. La quale si ripiglia dopo pochi minati: Il deputato Ricciardi dice: «Unicamente per amor di concordia, io ritiro il mio emendamento. Debbo protestare per altro contro le parole del ministro, il quale ha detto, che bisogna accettare tutte le condizioni de’ concessionarii, altrimenti la legge è compromessa; il che vorrebbe dire in sostanza, che ogni discussione è affatto inutile…

«Subisco la legge, perché vitale, perché indispensabile ad assicurare le sorti del mio disgraziato paese. lo credeva poter proporre qualche miglioramento; ma «. i miei sforzi sono riesciti infruttuosi.»

Alla obbiezione del deputato Pica su le marcate parole di disgraziato paese, adoprate dal Ricciardi, costui replica: ho detto disgraziato paese, «alludendo alle presenti miserie del Napoletano; miserie, che nessuno, io credo, potrà negare.»

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Tornata de’ luglio (n. 253.)

Su la interpellanza del deputato Bixio relativamente allo insegnamento nautico, il deputato napoletano Maresca osserva: «Io so, che nel collegio della Reale Marina in Napoli, la nautica istruzione era quasi completa ne tempi andati, ed erasi resa perfetta. Scuole poi di nautico insegnamento per la marina mercantile sono nel Piano di Sorrento, ed in altri pochi punti del meridionale continente italiano.»

Il deputato Nisco ne vorrebbe in maggior numero, e più perfette; ma enuncia esservi sul littorale dell’Adriatico, a Bari, la scuola nautica mercantile; ed altre tre scuole in Sicilia, cioè una a Palermo, un’altra in Messina, cd una terza in Catania: la prima di esse è in ottime condizioni, fa menzione pure dell’altra scuola nautica fondata in Napoli detta de’ piloti, che ha per iscopo di somministrare alla marina de’ bassi uffiziali, da divenir poi piloti.

Tornata de’ luglio (n. 260)

Nella mozione per le spese di rappresentanza de’ Governatori, il deputato Petruccelli osserva: «Io respingo l’articolo… e fo riflettere, che in Inghilterra, e negli Stati uniti, dove non vi sono spese di rappresentanza, gli affari vanno bene, e meglio, che da noi. A che servono dunque queste spese di rappresentanza? Servono ad influire su le elezioni, e questo è il risultato a cui giungiamo, allogando delle spese straordinarie. Con le riunioni, co’ pranzi, con le feste, il Governatore s’indirizza più o meno a’ suoi amici per fare una pressione elettorale; quindi io domando, che le spese di rappresentanza non sieno allogate. Si può benissimo governare; anzi si governa meglio, quando non vi sono queste spese di lusso, perché il governatore potrà meglio badare agli affari».

In quanto all’aumento inconsiderato del numero degl’impiegati, il deputato siciliano Bruno fa osservare: «Mentre noi facevamo interpellanze, e si apponeva il numero esuberante degl’impiegati alla Prodittatura, che pel primo io ho accusato, ne avveniva, che a Palermo la luogotenenza creava impiegati, che non avendo dove collocarli, nominava, è vero con la condizione di doverli collocare alle nuove vacanze, ma facendoli fruire del soldo.

Tornata de’ Luglio (o. 264.)

Il deputato Ricciardi, appoggiato anche dall’altro deputato S. Donato, espone i richiami di moltissimi uffiziali dell’ex esercito delle due Sicilie, e dice: «Oltre la quistione di umanità relativa a questi poveri ufficiali, i quali muojono letteralmente di fame; evvi una quistione essenzialmente politica; poiché si tratta di persone languenti nella estrema miseria, le quali potrebbero perciò divenire pericolose per lo Stato, io insisto quindi sulla necessità d’una pronta esposizione.»

Nella stessa tornata l’anzidetto deputato Ricciardi muove interpellanze sul caso stranissimo del notaio certificatore Pascarelli, incaricato ab antico de’ contratti della marineria da guerra in Napoli, un bel dì è stato sostituito nel suo uffizio, da un Colonnello.

Il ministro di grazia e giustizia risponde di nulla saperne, ma ne prenderà conto.

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Tornata degli 11 luglio (n. 274.)

Proponendosi la nuova legge, su la Leva di mare, il deputato Minervini osserva: «Vi sono più pronti mezzi per avere de’ marinari in Napoli, e Sicilia, perché la Leva colà si esegue con le buone leggi preesistenti… Distruggere queste per introdurre una legge intempestiva, e non ponderata, né che si può bene svolgere, mi pare, che sia un voler adoperare mezzi contro il fine, che si propone il Governo.

Tornata de’ 12 luglio (n. 278.)

Nella discussione del progetto di legge sull’applicazione del sistema metrico decimale nelle nuove provincie annesse, il ministro di agricoltura, e commercio (deputato siciliano) osserva: «Le tabelle fatte in Napoli, precisamente quelle che furono applicate all’epoca, in cui questo servizio fu affidato allo egregio generale Visconti (parlo delle tabelle di rapporto de’ pesi e misure del sistema decimale proprio di Napoli con legge del Governo Borbonico del 6 aprile 1840) furono accuratissime.

Ed il deputato Plutino fa rimarcare, che dal Governa Borbonico nel 1840 si attuò il sistema metrico decimale; e si mandarono finanche in ogni provincia i nuovi pesi, e le nuove misure. Non è quindi un miglioramento, o una novità che intende introdurre nel napoletane il governo di Torino.

Nella Seconda Tornata dello stesso dì 12 luglio (n. 279.)

Il deputato Liborio Romano sviluppa le interpellanze sugli affari di Napoli, già preconizzate da lui nelle precedenti tornate del 4 e 9 di questo stesso mese, non espletate per l’assenza de’ varii ministri, cui interessano. Desse furono allora accennate così: — 1.° Con due contratti 19 gennaro, e 13 febbraro 1861, si sono vendute in Torino due partite di rendita (una volta napoletana, ora italiana) della somma di ducati trecento settantamila, alla ragione del 74 per 100; mentre il corso in Borsa era quello del 79 e 80, il che procace alla finanza un danno di oltre 15 milioni di Lire. — 2.° Si è stipulato il 20 marzo 1861 un contratto di censuazione d’una cospicua proprietà urbana dello Stato, senza che il parlamento l’avesse autorizzata senza i pubblici incanti, e per un censo bassissimo: — 3.° Un decreto dittatoriale dei 12 settembre 1860 dichiarò beni nazionali quelli dell’ex Casa Beale; gli altri messi a disposizione dell’ex Re; i beni de’ maggiorati Reali, e quelli dell’Ordine Costantiniano; niuna rendita figura su i bilanci dello Stato: — 4.° Un contratto scandalosissimo, ed in aperta contraddizione del decreto de’ 17 Febbraro 1861, è stato conchiuso per la monetazione nell’ex regno delle due Sicilie, contratto enormemente lesivo, che mentre dà a’ concessionari il diritto di servirsi dell’ottima Zecca napolitana, si pagano loro 480 mila lire, ed un beneficio del 23 per cento. Dovrei pure parlare di tre decreti: l’uno de’ 6 dicembre 1860 sancito dalla Luogotenenza Farini; l’altro 8 gennaro 1861 dato fuori dal Re Vittorio Emmanuele; il 3.° de’ 23 del mese stesso del luogotenente principe di Carignano, co’ quali si stabilisce, che 25 milioni di franchi saranno invertiti in opere pubbliche comunali per dar pane e lavoro al popolo; ma tali decreti da otto mesi giacciono inseguiti.

Sviluppando tali enunciate proposizioni, il deputato Romano in questa tornata si diffonde lungamente a narrare tutto ciò ch’egli aveva operato stando in Napoli come Consigliere della dittatura, e poi della Luogotenenza per mantenere l’ordine, e prevenire la reazione, ch’egli chiama borbonico clericale; e lamenta di non essere stato mai corrisposto dal Governo di Torino. Passa poi minutamente a ragionare su gli anzidetti carichi d’interpellanza; e versandosi precipuamente su quello segnato di sopra al n. 2, dice così: — «Il contratto di censuazione, pel notaio De Vivo di Napoli, risguarda il cospicuo edificio posto in Napoli strada Ascensione, a favore di Eugenio Fabre di Marsiglia, dimorante in Firenze, dispensandosi da’ pubblici incanti, e per la tenue somma di ducati 460, pari a Lire 2460. L’edificio essendo di proprietà dello Stato, il direttore della Cassa di ammortizzazione faceva capire, che non se ne potea disporre dal potere esecutivo, senza il concorso, ed assenso del legislativo; ma il Segretario generale Nigra persistette a darvi corso, asserendovi un pretesto di pubblica utilità, cioè di stabilirvisi una sala idro terapeutica, che ben poteva dispensare dalle formalità… Il Decreto dittatoriale de’ 12 settembre 1860, dichiarò beni nazionali quelli dell’ex Casa Reale di Napoli, ed altri?… Or la cospicua rendita di più milioni di lire di tutte codeste proprietà nazionali non figura sul bilancio dello Stato… Ma non posso tacere degli abusi dell’attuale tesoreria napoletana nelle sue relazioni col Banco do’ privati, con la Cassa di ammortizzazione, e con la Banca di Sconto. Nel prestito di 500 milioni il ministro delle Finanze qui ha detto esservi in Napoli un deficit di 20 milioni di lire, per Boni della tesoreria a favore del Banco de’ privati, e Cassa di Sconto. Ora, si è questo un incomportevole abuso. Non si toglie a prestito il denaro de’ privati abusando della santità del deposito: non s’illude il pubblico, dotando la Cassa di Sconto d’una somma sotto le sembianze di favorire il commercio, concedendo a’ negozianti de’ prestiti a tenue interesse, e traendone poi una somma maggiore a titolo di prestanza, senza pensiero di restituzione… Vi è in Napoli una Zecca, superiore a quante n’esistono in Italia; e per essa lo Stato spende meglio di 480 mila lire fanno.

In considerazione di ciò un decreto de’ 17 Febbraro di questo anno dispose cosi: — La Zecca di Napoli è autorizzata a coniare le monete di bronzo italiane, e ritirare dalla circolazione le monete di rame del cessalo Governo Borbonico. — Ebbene! in marzo decorso, non più ricorda il Governo l’esistenza di quel Decreto, non più quella della Zecca napoletana, non più l’annua spesa di 4$0 mila lire, e ferma un contratto di appalto colla Casa Estiwant per la coniazione di 12 milioni di moneta in bronzo… E questo contratto, oltre di essere arbitrario, ed illegittimo, è stato stipulato a Torino a’ 19 gennajo di questo anno, senza pubblici incanti, senza le private licitazioni a’ sensi di legge; lascia al concessionario, non solo l’utile del 23 per cento; ma concede doro quattro lire e 45 centesimi per la coniazione di un chilogrammo di moneta…»

Il deputato S. Donato fa la mozione raccomandando la misera condizione degli ufficiali militari del disciolto esercito borbonico, messi tutti al ritiro, cioè alla più cruda povertà. Deplora lo scioglimento del Real Collegio militare della Nunziatella, e quel ch’è peggio nota ostante le rimostranze fattene dal senatore Vacca, cui il ministro della guerra Fanti, promettea tenerne conto, e nel dimani pubblicava il decreto di scioglimento. Ricorda gli altri Stabilimenti militari della fonderia di Napoli, di Mongiana, l’Opificio di Pietrarsa, un di cotanto fiorenti sotto il cessato Governo, ed ora abbandonati; il polverificio di Scafati, che è stato ritenuto sempre ottimo: ed i cantieri marittimi di Napoli, e di Castellammare, dolorosamente dimenticati. Fa menzione degli ottimi navigli costruiti in que cantieri. — Passa poi a lamentare su la ingiustizia con cui procede il gabinetto di Torino nella distribuzione degl’impieghi, preferendo sempre i piemontesi pe’ più lucrosi ed importanti nell’ex regno di Napoli in tutti i rami, e destituendone i regnicoli napoletani; ovvero chiamandoli con degradazione a servire nelle antiche provincie Sarde. Accenna allo scioglimento del ministero de’ lavori pubblici in Napoli, i cui impiegati sono ivi rimasti con mezzo soldo infimo. Conchiude implorando il disbrigo della causa del Duca di Cajaniello da più tempo imprigionalo come Borbonico. Da ultimo dice, che accorre a Napoli, dove la patria è in pericolo, e dove egli può essere di maggiore utilità estendo l’avvenire molto nebuloso.

Il deputato Mellana riprova tutte le minuzie di dettaglio in questa discussione, e dice: «Or sono trascorsi tre mesi da che fu altra volta trattata questa grave ed ardente quistione del mezzodì; ed io domando alla Camera se la quistione napoletana sia da quell’epoca mutata in meglio, o dolorosamente in peggio?… «La quistione di Napoli è la più vitale, e superiore a qualsiasi consideratone di persone e di gabinetti».

Il deputato Ricciardi osserva: — «Fra qualche giorno noi torneremo ne’ nostri paesi; e con quale fronte potremo presentarci a’ nostri elettori () ; a coloro i quali ci commisero un sacro mandato, se non avremo esauriti tutt’i mezzi possibili per migliorare le condizioni delle provincie napoletane? Or io credo, che noi non possiamo tornare a Napoli, se non dopo aver esposto al Governo, alla Camera, all’Italia le vere condizioni di quelle provincie… le quali a forza di soffrire potrebbero infine indispettirsi, sdegnarsi, ne potrebbe nascere un serio disordine».

Coordinatamente al preopinante Ricciardi parla il deputato Polsinelli, e dice: — «Le condizioni delle provincie napoletane sono così miserabili e ridotte a tale stato, ch’è impossibile poter tornare laggiù con animo tranquillo. e sicuro () .. Debbo aggiungere altresì, che le Comuni sono indignate dalla burla e dallo insulto fatto loro; dacché i 5 milioni di sussidii per opere pubbliche, furono dati solo in cifra; ma finora non ebbero neppure un centesimo…

Il presidente interrompe per dire, che esce dalla quistione; ma il deputato risponde: — «Mi perdoni: ma è necessario che questo sia riferito nel verbale di rendiconto, perché si sappia che almeno un deputato ha avuto il coraggio di dire al ministero, che non era ero si fossero dati 5’ milioni».

Il ministro delle finanze dice esservi errore in ciò, mentre per decreto del Luogotenente furono messi a disposizione de’ comuni 5 milioni di fr. ed aversi in mano la prova, che alcuni comuni rifiutarono l’offerto soccorso.

Il deputato. Polsinelli replica alzandosi con forza: «Mi credo in dovere di darle una solenne negativa circa il rifiuto».

Tornata de’ 13 luglio (n. 282.)

Il deputato Ricciardi insiste, perché nel verbale della tornata pomeridiana di ieri si facesse menzione che egli era inscritto pel primo a parlare sulle cose militari di Napoli, soprattutto de’ tremila e tanti uffiziali, molti de’ quali languiscono nella miseria; e quantunque le sue interpellanze fossero state accettate: pure gli fu troncata la parola ()

(Chiusura della prima sessione del Parlamento)

fonte

https://www.eleaml.org/ne/stampa2s/1862_DURELLI_condizioni_regno_Due_Sicilie_parlamento_torino_2019.html#Tornata_de_28_febbraio_1861_n_8._Atti

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