COSA INTENDEVA SAN BENEDETTO CON ”ORA ET LABORA”
“L’ozio è nemico dell’anima; e quindi i fratelli devono in alcune determinate ore occuparsi nel lavoro manuale, e in altre ore, anch’esse ben fissate, nello studio delle cose divine”
Così dice san Benedetto da Norcia nella sua Regola (XLIII, 1).
D’altronde questo Santo è ricordato per il famoso ora et labora che si traduce semplicemente con prega e lavora.
È questa, però, una traduzione che traduce sì (scusate il gioco di parole), ma che non rende effettivamente l’idea di cosa volesse davvero dire san Benedetto e soprattutto dell’enorme portata innovativa di questa affermazione.
UNA COSA SCONTATA?
Pregare e lavorare sembra, infatti, una cosa scontata. Chi può sorprendersi del fatto che un santo inviti i propri monaci e, al di là dei monaci, i cristiani a pregare e lavorare?
Invece l’affermazione è totalmente nuova e lo si capisce dalla parola latina labor. Questo, il labor, per i latini non era il semplice lavoro, che loro solitamente definivano negotium da nec-otium, cioè non-ozio, bensì un certo tipo di lavoro, quello manuale, del lavoro fisico; per intenderci: quello che fa sudare.
Ebbene, nel mondo antico questo labor, cioè il lavoro fisico, era destinato solo agli schiavi, perché poco onorevole. San Benedetto, invece, che fa? Non solo dice che il monaco deve lavorare, cioè deve lavorare manualmente, ma va oltre, dice che questo lavoro fisico deve accompagnare la preghiera e che, accompagnando la preghiera, in un certo qual modo si fa esso stesso preghiera.
È per questo che san Benedetto è il padre della civiltà occidentale.
LA DIGNITÀ DEL LAVORO MANUALE
Nel mondo antico il lavoro manuale era considerato poco onorevole. L’ “anima” culturale, cioè l’essenza, di questo mondo era di fatto gnostica, ovvero dominava la convinzione che ciò che avesse valore fossero solo realtà spirituali, intellettuali, e basta. L’uomo stesso (si pensi al platonismo) era considerato come spirito e basta, e il corpo una sorta di “pezzo di ricambio”, un qualcosa di degradato da cui liberarsi quanto prima.
L’antropologia cristiana ribalta totalmente questa prospettiva affermando che l’uomo è persona in spirito e corpo, che è stato così voluto e creato da Dio, e che l’anima è forma organica del corpo. Se il corpo dovrà morire, non è perché così avesse stabilito Dio, ma in conseguenza del peccato originale. Tanto il corpo è parte integrante della persona umana, che esso verrà restituito alla sua anima con la resurrezione dei corpi.
Dunque, per il Cristianesimo l’uomo deve santificarsi con l’anima, ma anche con il corpo. Ed ecco perché il lavoro manuale, fisico, non solo deve accompagnare la preghiera (in cui rientra anche l’attività intellettuale, cioè lo studio), ma diventa esso stesso un mezzo di santificazione e di glorificazione di Dio, cioè diventa preghiera.
L’ora et labora, insomma, è un vero “manifesto” contro il fatalismo e lo spiritualismo orientali e gnostici.
fonte
I Tre Sentieri