“Covid per sempre”, ma la scienza zittisce gli allarmisti
Viviamo in uno stato di allarmismo costante e poco importa che le evidenze scientifiche dicano che oggi il Covid è una patologia guaribile. E anche l’agenzia del farmaco lo certifica con un rapporto ignorato dai media: ad oggi sono 21 i farmaci già presenti in grado di bloccare la replicazione di Sars-CoV-2. E tra questi c’è l’idrossiclorochina, il cui utilizzo ha visto un’impennata proprio nel periodo di massima espansione. Segno che i medici italiani, che operavano sul campo e non quelli che discettavano in televisione, sono andati oltre i lacci dei protocolli.
È sempre tempo di allarmismo. La vulgata ufficiale sul Covid è semplice: il virus continua a circolare, nuovi focolai possono scoppiare, quella estiva è solo una tregua, in autunno tornerà.
Poco importa che le evidenze scientifiche dicano altro, che in gran parte dei Paesi europei la vita sia già tornata alla normalità, che nella stessa Italia le terapie intensive siano ormai deserte, che i morti giornalieri si contino sulle dita di una mano, e soprattutto che il Covid sia una patologia curabile, come tante altre. E questo non è negazionismo, ma è il dato che è stato comunicato dagli stessi vertici della Sanità italiana.
Proprio ieri è stato presentato il Rapporto sull’uso dei farmaci durante l’epidemia COVID-19, realizzato grazie ai dati elaborati dall’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed) dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Il Rapporto di Aifa che ha monitorato l’andamento tra febbraio e maggio sul consumo dei farmaci può apparire un testo estremamente tecnico, per specialisti, ma in realtà contiene alcuni elementi di estremo interesse anche e soprattutto per il grande pubblico, quello che ancora oggi subisce il terrorismo psicologico di Stato, che lo induce a credere che viviamo in una condizione di emergenza, che il virus è ancora diffuso, che nuovi focolai di contagi potrebbero esplodere in qualsiasi momento, e che potremmo tornare nel buio del lockdown, l’unica misura che il Governo Conte ritiene indispensabile per affrontare il virus.
In realtà il documento di Aifa ci presenta una situazione molto diversa.
Il documento analizza la tipologia e i consumi dei farmaci impiegati nei primi mesi del 2020 per trattare l’infezione da COVID-19, ma anche quelli utilizzati nelle strutture sanitarie pubbliche per fare fronte all’emergenza, con differenze evidenziate tra il periodo pre COVID-19, individuato nel trimestre dicembre 2019-febbraio 2020, e quello successivo, da marzo a maggio 2020.
Il Rapporto si compone di tre sezioni che approfondiscono le diverse modalità di erogazione dei farmaci: il canale degli acquisti diretti, cioè dei medicinali direttamente acquistati e dispensati presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale (SSN); gli acquisti presso le farmacie territoriali pubbliche e private rimborsati dal SSN tramite ricetta; quelli privati a carico dei cittadini, prevalentemente per i farmaci di classe C.
Il primo dato che salta all’occhio nel Rapporto è che tra i farmaci impiegati per trattare pazienti affetti da COVID-19, idrossiclorochina e azitromicina fanno registrare i maggiori consumi nel periodo preso in esame. Insomma: i medici italiani, una volta resi noti i primi dati sull’utilizzo di questi farmaci, in particolare la clorochina, non hanno avuto dubbi sull’utilizzarli, nonostante il fuoco di sbarramento alzato dai media di regime, che davano voce ai virologi più in voga e graditi all’establishment, a partire dall’americano Fauci, assolutamente negazionisti rispetto all’efficacia della clorochina. La Bussola aveva anche documentato a suo tempo i maldestri e smascherati tentativi della stessa OMS di negare validità alla clorochina.
Il rapporto dell’Aifa mostra dunque che da aprile l’utilizzo in Italia della clorochina è andato sempre più crescendo, e forse non a caso il tasso di mortalità è andato diminuendo proporzionalmente.
Deve essere quindi visto con soddisfazione il fatto che molti medici italiani, quelli che operavano sul campo e non quelli che discettavano in televisione, sono andati oltre i lacci dei protocolli, delle rigide procedure, e hanno cercato di affrontare la malattia con tutti i mezzi di cui potevano disporre. Un esempio di Medicina dalla parte delle persone.
Un altro dato significativo viene dall’analisi dei medicinali utilizzati in regime ospedaliero, dove si riscontra un maggior consumo di anestetici generali, sedativi iniettivi e curari a partire dal mese di febbraio 2020. Farmaci non certamente destinati a combattere il virus, ma evidentemente utilizzati per “accompagnare” alla morte i pazienti. Un dato che era già emerso da diverse testimonianze di familiari e che ora vengono ufficialmente confermate.
Tornando ai farmaci utilizzati per combattere il virus, si deve rilevare che proseguono intanto le sperimentazioni cliniche già avviate, ufficialmente autorizzate dall’Agenzia del Farmaco e dal Comitato Etico unico nazionale. Sono 38 gli studi clinici avviati nel nostro Paese, mentre ulteriori belle notizie arrivano dagli Stati Uniti, dove sono stati individuati 21 farmaci già esistenti che hanno dimostrato di poter bloccare la replicazione di Sars-CoV-2. Questo il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista Nature e condotto attraverso un maxi screening su 12.000 molecole.
Un team di ricerca internazionale ha condotto test approfonditi, compresa la valutazione di biopsie provenienti da polmoni infettati dal virus, attingendo a una delle più grandi banche dati sui farmaci (ReFRAME). Sono state così individuate 100 molecole con attività antivirale confermata in laboratorio. Di queste, 21 si sono dimostrate efficaci nel bloccare la replicazione del Sars-Cov-2 in dosi che garantivano la sicurezza dei pazienti. Questo studio espande significativamente le possibili opzioni terapeutiche, soprattutto perché molte delle molecole hanno già dati di sicurezza clinica nell’uomo.
Tutte queste importanti notizie vengono sistematicamente ignorate dai Media. Eppure non si tratta di fake news, di ipotesi di sedicenti complottisti, ma studi di realtà scientifiche assolutamente accreditate. Tutti questi studi ci dicono che il Covid non è affatto la “nuova Spagnola”, una tragedia inaffrontabile, un cataclisma planetario, ma un virus come tanti altri, e che può essere debellato. Non è necessario nemmeno attendere un vaccino, che ormai nei Media – e perfino in qualche documento vaticano – è indicato come la pozione magica che salverà l’Humana Communitas: le cure sono già qui, sono accessibili, sono disponibili.
Per quale motivo persiste questa voluta cecità di fronte ai successi della ricerca e mantenere un alto livello di allarmismo? Le risposte a questa domanda non vanno cercate in campo medico, ma esclusivamente politico. Purtroppo però le scelte politiche possono avere delle pesanti conseguenze sul campo della salute delle persone. Tutti continuano a parlare dei 35.000 morti di Covid, ma non dobbiamo dimenticare che ogni anno in Italia muoiono altre 500.000 persone di altre patologie, di tipo cronico-degenerativo, e che questo numero sarà destinato a salire considerevolmente se la Sanità pubblica non esce quanto prima dallo stato d’Emergenza e cessa di essere Covid-centrica.
Il citato rapporto di Aifa dice che nel periodo del Covid si sono mantenuti stabili i consumi per le categorie di farmaci impiegati per le malattie croniche, a testimonianza del buon esito – dice Aifa- delle strategie poste in atto per favorire la continuità assistenziale per i malati cronici e fragili, tra cui l’estensione della validità dei piani terapeutici, la dematerializzazione della ricetta medica e l’informazione istituzionale.
Tuttavia tutta l’attività di diagnostica è stata chiusa per molto tempo, ed oggi le liste di attesa per visite ed esami si sono allungate di mesi. Questo potrebbe avere tragiche conseguenze per i pazienti oncologici o con gravi patologie croniche. Questa è la realtà su cui allarmarsi davvero. Un quadro epidemiologico preoccupante ma che non gode dell’attenzione mediatica.
fonte
https://lanuovabq.it/it/covid-per-sempre-ma-la-scienza-zittisce-gli-allarmisti