DEDICATO AI TIFOSI DELLA JUVENTUS NATI NEL REGNO CHE NON SANNO QUELLO CHE FANNO
Garibaldi come l’Isis. Al Sud i suoi uomini tagliavano teste per sottomettere la gente
Continuano gli episodi di razzismo verso i napoletani e le popolazioni del Sud. La conquista del meridione un atto di terrorismo messo in atto dai piemontesi.
A Torino cantano “lavali col fuoco”, il quotidiano Libero titola: “La Lombardia sembra Napoli: 4 omicidi in un giorno”, televisioni e tg nazionali che continuano a mandare in onda servizi montati ad hoc su una presunta emergenza criminalità nel capoluogo campano. Il popolo napoletano è quotidianamente bersagliato da stereotipi e luoghi comuni spesso fondati su menzogne o mezze verità. Un attacco continuo e diretto verso la città di Napoli, l’invasione di turisti nel corso delle festività pasquali è quasi passata inosservata per i media del nord, le cose belle della metropoli campana sembrano quasi non esistere. La regina del Regno delle Due Sicilie, la terza città al mondo per importanza fino al 1860 ridotta a provincia del regno sabaudo e dell’invasore Garibaldi che iniziò la sua violenta operazione di conquista a partire dalla Sicilia con la “leggendarie spedizione dei 1000”, che di “leggendario” non ha proprio niente, ma sarebbe meglio dire la “vergognosa spedizione dei 1000”. Una campagna basata sul terrore che ricorda le tecniche messe in atto ai giorni dai miliziani dell’Isis. Prof. e storico Corrado Mirto, studioso dell’epoca medioevale siciliana e del Vespro, tramite un suo studio ha analizzato a fondo le imprese di Garibaldi e delle sue truppe, evidenziando gli atti di terrore che inflissero a molte popolazioni del sud Italia: sgozzamenti e decapitazioni erano all’ ordine del giorno. Alcune teste imbalsamate sono esposte nel museo Cesare Lombroso a Torino, molto contestato sia da diverse associazioni che ne hanno chiesto addirittura la chiusura, sia da alcune famiglie che hanno chiesto indietro le teste dei loro parenti. Nonostante ciò il museo è ancora aperto al pubblico, e vi si può comprendere l’orrore di questo scempio.
Di seguito vi mostriamo l’articolo sopra citato del Prof. Corrado Mirto (tratto da “RIFLESSIONI E PENSIERI INDIPENDENTISTI …IN LIBERTA'”): “II 1860 fu l’anno della grande catastrofe per la Sicilia e per l’Italia meridionale, quando in queste pacifiche regioni, eredi della grande civiltà della Magna Grecia, irruppero i “tagliatori di teste” provenienti dal Piemonte. Bisogna chiarire che questa espressione, “tagliatori di teste”, non è una battuta spiritosa di cattivo gusto, ma è la presentazione di una tragica realtà documentata da fotografie che mostrano le sanguinolente teste di partigiani del Sud tagliate e messe in gabbie di vetro a monito per le atterrite popolazioni meridionali. Con l’occupazione piemontese del Sud si ebbe la fine della identità nazionale di intere popolazioni, il moltiplicarsi delle tasse, la leva militare obbligatoria, con la quale si deportavano in lontane regioni per anni ed anni masse di giovani ridotti in schiavitù per servire i nuovi padroni, il crollo dell’economia. E questo non fu tutto. La classe dirigente del Piemonte e del movimento “risorgimentale” era formata per la maggior parte da atei intolleranti che odiavano il Cristianesimo e la Chiesa cattolica. In questa situazione non tardò molto la persecuzione organica contro la Chiesa cattolica, in Sicilia come nelle altre regioni, ed ebbe inizio la rapina, per legge, dei beni ecclesiastici. In Sicilia monaci e monache furono cacciati dai soldati piemontesi dai loro conventi, dei quali si impadronì lo Stato italiano. Anche i beni di ordini monastici, di vescovati, di enti religiosi furono tolti ai loro legittimi proprietari e finirono nelle mani dello Stato “liberale e democratico”. Fu un crimine contro la Chiesa, ma fu anche un crimine contro i Siciliani. Fu l’interruzione di tanti servizi sociali, che quelle strutture ecclesiastiche assicuravano su tutto il territorio. Dagli ospedali agli orfanotrofi; dalle scuole professionali ed artigianali alle case di riposo per vecchi e disabili; dagli asili e dalle scuole elementari ad istituti di cultura superiore. Tutti gli “assistiti”, in qualunque condizione si trovassero, furono buttati in mezzo alla strada, decine di migliaia di famiglie che vivevano lavorando per gli ordini religiosi, anche nelle campagne dal momento che conventi e chiese concedevano in affitto i loro terreni ad un prezzo equo e senza scadenza, migliaia e migliaia di lavoratori qualificati che vivevano discretamente caddero, così, nella più nera miseria. La gente, insomma, moriva di fame. Nel tentativo di porre rimedio, sia pur parziale, a questa tragedia, si inquadra l’attività del “Boccone del povero” del Beato Giacomo Cusmano, che a Palermo portava “il tozzo di pane” a chi moriva di fame per le strade”. Come ciliegina, infine, sulla torta, lo Stato mise in vendita i beni rapinati. Ed i Siciliani, così, dovettero, ancora una volta, pagare allo Stato italiano le ricchezze che questo, via via, sottraeva alla Sicilia. Il ricavato di tali vendite, ovviamente, finiva nelle casse di Torino e veniva, poi, investito nel Nord Italia. Un ultimo particolare: i terreni sottratti alla Chiesa, così come quelli provenienti dalle liquidazioni di Usi Civici, non andavano ai contadini rimasti senza lavoro, ma a speculatori o, nella migliore delle ipotesi, ad agricoltori già abbastanza ricchi. Mentre i terreni del demanio di uso civico andavano ai garibaldini (o ai sedicenti tali) senza concorso e senza che a questi ultimi si chiedesse se fossero o no lavoratori della terra. Ed in quota doppia. Insomma, un’altra truffa a vantaggio degli unitari e a danno del Popolo Siciliano”.
fonte
areanapoli.it