Alta Terra di Lavoro

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“Dobbiamo davvero continuare a raccontare ai nostri studenti che il divario che c’è oggi tra Nord e Sud risalga a prima del 1860?”

Posted by on Gen 1, 2017

“Dobbiamo davvero continuare a raccontare ai nostri studenti che il divario che c’è oggi tra Nord e Sud risalga a prima del 1860?”

Non è sempre come la raccontano i testi scolastici di storia. Non lo è quando la storia parla il linguaggio dell’Unità e dell’Unificazione. Non quando tratta i fatti del 1860.

 

Non quando semina la convinzione che il sottosviluppo del Sud fosse presente già prima dell’Unificazione e non dice invece che il sottosviluppo parte proprio dal 1860, soprattutto a causa dell’Unificazione, realizzata con metodi non democratici, violenti, teste mozzate, e soprattutto con un grave danno economico dovuto all’unificazione monetaria tutta a vantaggio del Nord ma a svantaggio del Sud. Il quale all’epoca deteneva monete in gran quantità e con un valore superiore quattro volte quello della moneta piemontese.

Per non parlare del debito pubblico, di entità trascurabile fino a quel momento al Sud, e pesantissimo al Nord. E non si parli neppure di arretratezza culturale o scientifica, poiché l’elenco di primati spettanti al Sud sono davvero tanti (si veda la scheda pubblicata sotto) sebbene non vengano ricordati con la dovuta attenzione. Sono queste le tesi che la professoressa Antonella Musitano, docente di lettere presso la Scuola media Istituto Comprensivo “U. Fraccacreta” di Bari Palese, espone nel suo ultimo libro intitolato “Sud, tutta un’altra storia” (Ed Laruffa, 196 pagg.).

Tesi che la professoressa, autrice di precedenti volumi tra i quali “Il Sud prima dell’Unità d’Italia” (coautrice Adele Pulice) e “Il Brigante Gentiluomo”, propone ai propri studenti e anche a quelli più grandi in occasione delle tante conferenze alla quale è invitata in giro per l’Italia. Il libro indaga nelle pieghe della storia, nella polvere degli archivi, nelle vicende del periodo risorgimentale e della difficile Unità, “alla ricerca di quella verità – spiega la professoressa Musitano – che non trova ancora spazio sui testi scolastici e la cui conoscenza e divulgazione non può più essere procrastinata se davvero si vuole costruire, dopo oltre 150 anni, un’Unità che non sia solo politica ma anche, e soprattutto, sociale ed economica”. In un percorso riccamente documentato, l’autrice analizza l’origine del brigantaggio, della protesta contadina e del pregiudizio antimeridionale, e pure il punto d’inizio di un divario economico Nord-Sud che – rimarca Musitano – non ha eguali in nessun Paese moderno e civile e dimostra come tutti questi problemi siano collocabili all’interno della nostra storia unitaria.

Una storia, dice lei, “che va riscritta, senza omissioni ma anche senza retorica, per colmare quei vuoti della memoria responsabili delle grandi lacerazioni oggi presenti nel tessuto sociale di questo Paese”. Una storia “che riconosca il grande contributo, soprattutto economico dato dal Sud non solo all’epoca dell’Unità, ma anche successivamente e nei momenti cruciali della crescita economica del Paese”. La storia è pensiero critico, insiste l’autrice, “è analisi di cause ed effetti, ed in questa ottica vanno affrontate alcune vicende della nostra storia che, seppur lontane nel tempo, allungano i tentacoli delle loro conseguenze fino ai nostri giorni”.

A partire da quel pregiudizio antimeridionale, alimentato all’epoca dell’Unità dal pensiero positivista, che ha avuto derive razziste prese a modello anche in altri momenti della storia. Anche il fenomeno del brigantaggio non può più essere liquidato come un fatto delinquenziale tout court: il ribellismo contadino è un effetto di cui vanno ricercate e capite le cause, anche per restituire dignità a quei contadini che, comunque sono morti per un ideale e sono morti da italiani”.

Ed è nell’ottica causa-effetto che va letto ed affrontato il grave problema dell’attuale divario economico Nord-Sud, “un problema nato all’interno della storia unitaria, come ampiamente dimostrato da autorevoli studi economici e come già documentato dagli studi di Francesco Saverio Nitti confermati da Luigi Einaudi. La soluzione del problema del divario è la chiave per far tornare a crescere l’Italia, oltre ogni pregiudizio e oltre la retorica”.

Professoressa Antonella Musitano, va riscritta la storia del Sud?

“Non è la storia del Sud che va riscritta, va riscritta la Storia d’Italia, perché il Sud è Italia. E forse è utile ricordare il pensiero di Jacques Le Goff, grande storico del novecento da poco scomparso, il quale era un convinto assertore della ‘storia in movimento’ ed era contro i legacci della ‘storia scritta per legge’”.

Lei insegna ai propri studenti che l’Unità italiana rappresentò un disastro per il Sud.

“Non proprio così. L’unità era necessaria. Il fatto è che bisognava fare un’unione politica, ma rispettando le diversità e le diverse economie, e riconoscendo poi il contributo che ciascuno diede all’Unità. Alla luce dei fatti, che sono inconfutabili, è ormai riconosciuto da storici non certo meridionalisti che in effetti il modo in cui fu fatta l’Unità, essa stessa rappresentò per l’economia meridionale il tracollo economico. Che prese avvio al momento dell’Unità e che non è stato ancora risolto. Proprio l’Unità ha inaugurato quel meccanismo di sviluppo ineguale per cui al Nord s’avviò il processo di sviluppo industriale. Il triangolo industriale ebbe inizio alla fine dell’Ottocento, la Fiat stessa nacque nel 1899, mentre il Sud rimane ancora oggi il mercato di consumo del Nord. Il classico meccanismo che si instaura tra sviluppo e sottosviluppo. Sono due facce della stessa medaglia”.

Lei parla di una colonia interna.

“Infatti quando nell’800 ci fu il boom del colonialismo – dall’Africa all’Asia e non solo – usavano questo meccanismo: dicevano di andare a portare la civiltà, e guarda caso con le armi, come fecero quando vennero al Sud. Poi costruivano il pregiudizio secondo cui le popolazioni erano costituite di selvaggi – da qui la missione civilizzatrice – e poi depredavano tutto quel che era possibile. Al Sud nel 1860 accadde proprio la stessa cosa. Poiché non si fece un patto costituente tra i vari Stati, ma ci fu un ampliamento progressivo della sfera di influenza del Piemonte che conquistò tutto con le armi. Per chiedere l’annessione venne mandato l’esercito, non un ambasciatore. In un secondo momento, complice la cultura positivista del momento che aveva elaborato il concetto dell’esistenza di razze superiori e inferiori, i meridionali che si ribellavano contro l’invasione vennero indicati come selvaggi delinquenti. Poi subentra la terza fase del processo colonizzatore”.

Quale?

“Quella della rapina. Non è azzardato parlare di rapina, anche se il termine può sembrare forte, poiché gli studi di economisti e la stessa Banca d’Italia ha riconosciuto che la quantità di monete enorme in oro e argento che il Sud possedeva era altissima ma anche che il Pil delle due aree del paese era sostanzialmente uguale”.

Ma al Nord c’era maggiore sviluppo, sebbene il debito pubblico fosse elevato.

“Nell’800 il decantato sviluppo in realtà non c’era, c’erano solo delle aree isolate, come nel Lombardo Veneto, dove c’erano gli austriaci. Nel Napoletano c’erano industrie più all’avanguardia rispetto a quelle che potevamo trovare in Calabria o in Basilicata. Anche in Sicilia c’erano aree avanzate. Se dobbiamo analizzare casi singoli, va bene, ma se si analizza nell’insieme la situazione cambia. Anche oggi se si guarda il pil si guarda il Sud e il Nord, non le aree specifiche. E comunque, a chi contesta questo dato vorrei chiedere: se al Sud c’era tutta questa arretratezza, perché dopo 150 anni non è stata superata?”

Perché?

“Se le politiche hanno creato e mantenuto questo divario, allora vuol dire che c’è la volontà politica di mantenere questo divario. Se c’era prima, in 150 anni avrebbero dovuto colmarlo. Se invece non c’era…”.

Il suo libro è ben curato e molto documentato, però la tentazione di definirla insegnante neobornonica a qualcuno potrebbe venire ugualmente.

“Sarebbe un alibi. Ed è un alibi che io rifiuto. Io ritengo che ormai l’aggettivo sia anacronistico. Sono dati di fatto. Noi siamo insegnanti e a ogni effetto dobbiamo riconoscere una causa a cui legarlo. Dobbiamo davvero spiegare ai nostri ragazzi che il divario che c’è oggi tra Nord e Sud lo dobbiamo far risalire a prima del 1860? Mi sembra assurdo. E il divario continua a crescere. Si pensi all’emigrazione che non c’era prima del 1860. Al contrario, erano alcune regioni del Nord che conoscevano il fenomeno migratorio, si pensi al Veneto. Ritengo che si sia costruita una verità più ideologica che idealistica. E’ come se io costruissi una verità e poi creassi le condizioni che la sostengano”.

Il volume scava davvero in profondità nei meandri del brigantaggio, allega documenti inediti di portata storica. Ma non è riduttivo lagare il brigantaggio alla protesta contadina?

“Io chiedo: è spiegabile che le annessoni fossero avvenute per volontà popolare? Nel 1860 votò l’1,9 per cento della popolazione che poteva votare, ci furono dei condizionamenti. Oggi si parlerebbe di compravendita di voti, allora si parlava di condizionamenti esterni. Elena Bianchini Braglia, modenese, ha scritto un libro in cui ha definito quel voto un voto plebiscitario, una pagliacciata. Comunque, mi chiedo: le prime ribellioni al Sud scoppiarono nel 1860. Come insegnanti dobbiamo indurre il ragionamento. Anche immaginandoci che ci fosse stato questo afflato per l’unificazione, è pensabile che il giorno dopo ci fosse stata quella reazione violenta che noi conosciamo come brigantaggio e che tenne in scacco un esercito regolare di 120.000 uomini? Vuol dire che c’erano delle motivazioni che andavano ben oltre e che lo Stato unitario non volle cogliere. Anzi diede immediatamente una lettura politica alla reazione trattandola quindi come un problema di ordine pubblico e intervenendo con i primi stati d’assedio della storia d’Italia proclamati in Sicilia e con una legislazione speciale che non solo violava numerosi articoli dello Statuto Albertino che con l’Unità era stata esteso a tutta l’Italia, ma nei fatti divideva l’italia in due sul piano sociale. La legge Pica del 1863 valeva solo per le regioni meridionali e stabiliva che le regioni erano infestate dal brigantaggio. Ma queste erano persone che esprimevano un disagio”.

Da molte parti si chiede la chiusura del Museo “Cesare Lombroso” di Torino. Qui è ospitato il cranio del brigante Giuseppe Villella, esposto alla curiosità degli tanti visitatori.

“Quella del brigantaggio fu una vera e propria guerra civile. Non si vollero comprendere le ragioni del malessere del popolo meridionale subito dopo l’Unità, e si preferì intervenire col ferro e col fuoco, con una feroce ed incostituzionale repressione messa in atto dal nuovo Stato contro i ribelli. E allora, come giustificare sia la protesta sia il comportamento dello Stato, anche di fronte all’opinione europea? La risposta la si trovò, come ho detto prima, con un uso strumentale del pensiero positivista e del determinismo biologico. Bastava dire che quei ribelli erano selvaggi, delinquenti, o meglio ‘delinquenti nati’. A ciò provvide Cesare Lombroso che su un calabrese, Giuseppe Villella, morto nell’ospedale di Pavia nel 1864, elaborò la teoria dell’uomo delinquente o delinquente atavico. In questo modo Lombroso aveva teorizzato l’inferiorità dei meridionali rispetto ai settentrionali fornendo l’alibi alla conquista e alla feroce repressione. In pratica i cosiddetti briganti – tra l’altro si scoprirà che Villella non era nemmeno un brigante – non si ribellavano per le loro peggiorate condizioni di vita ma perchè, essendo delinquenti nati, erano incapaci di adeguarsi al nuovo ordine sociale. E’ l’eterna tecnica del colonialismo: prima la conquista, poi il pregiudizio ed infine la rapina, come ho già ribadito”.

Comunque, le teorie sulla fisiognomica sono state bocciate dalla Comunità scientifica mondiale

“La Comunità scientifica le ha definite ‘pseudoscienza’, ecco perchè appare inquietante e inammissibile il fatto che nel 2009 sia stato riaperto a Torino il Museo Lombroso, dove gli ignari visitatori, compresi i tanti studenti, trovano esposti centinaia di resti umani e, tra questi il cranio del Villella presentato come ‘grande scoperta’. Ecco, io ritengo che, in nome del rispetto della morale e della dignità dell’uomo ed anche in considerazione del fatto che i musei sono agenzie educative dello Stato che devono veicolare sapere, cultura e valori umani e non errori, questo museo andrebbe chiuso e i resti umani restituiti alle famiglie, ove ve ne siano, o ai Comuni di appartenenza affinchè venga data loro degna sepoltura. Ciò anche per evitare di diventare un pericoloso veicolo di ulteriori pregiudizi sociali. Un siffatto museo non esiste in nessun Paese al mondo che osi definirsi civile. E noi insegnanti, come educatori, abbiamo il dovere di eliminare ogni forma di pregiudizio ed insegnare il rispetto dell’uomo”.

Torniamo al brigantaggio. Il fenomeno non ebbe certo solo connotati politici e sociali.

“Il brigantaggio non aveva matrice politica, era una protesta di contadini che avevano partecipato al processo risorgimentale in maniera inconsapevole, avevano visto in Garibaldi uno che prometteva la libertà, il modo per affrancarsi dalla miseria e dalla schiavitu perché sotto la dinastia borbonica i contadini erano stati i piu vessati, producevano i beni per vivere ma erano costretti alla fame, e i Borbone non avevano messo in atto quelle leggi che ad esempio erano state fatte nel Decennio Francese allo scopo di distribuire le terre in modo che alcune andassero ai contadini che la lavoravano. Questo non avvenne, poiché le terre finirono ai ‘galantuomini’. Sotto i Borbone il latifondismo venne rafforzato favorendo l’avvento della nuova borghesia agraria. Da qui l’entusiasmo dei meridionali contro i Borbone. Ma i meridionali non contestavano il Borbone in quanto monarca. Nel ‘48 al Sud chiesero la Costituzione ma la chiesero ai Borbone, non volevano un altro monarca. Putroppo però se da un lato i Borbone non avevano risolto il problema della terra per i contadini, dall’altra ancor meno lo risolse la Dinastia Sabauda. Anzi i problemi per i contadini peggiorarono perché tutte le terre del demanio, che erano enormi al Sud, vennero confiscate e rivendute dopo l’Unità”.

Che cosa significò questo?

“Sul demanio, che possiamo definire un welfare, i contadini esecitavano gli usi civici, dal pascolo alla raccolta della legna e non solo. Erano un mezzo di sostegno per intere famiglie. Quando anche le terre demaniali diventarono private i contadini non poterono portarvi più le bestie. Si parla spesso di privatizzazione? Ecco, loro l’avevavono già vissuta. Questa privatizzazione fu un peggioramento per il Sud ma fu anche un modo per drenare risorse in denaro perché andavano nelle casse del Piemonte. Fu un abile espediente per spostare i capitali dal Sud verso il Nord, e lo provano i documenti. L’asse economico si spostò via via al Nord. Un altro espediente fu l’adozione della lira piemontese, come moneta della nuova nazione unita. Ma l’unificazione, se andò bene ad altre regioni, certo fu un danno per il ducato napoletano che era 4,25 lire per ducato rispetto alla lira ma la conversione venne fatta alla pari, uno a uno. In epoca contemporanea questo è avvenuto dopo l’unificazione della Germania. Se venne fatta la conversione uno a uno per aiutare la Germania dell’Est, ironicamente possiamo dire che il Sud con quel tasso di cambio aiutò il Nord, con un Piemonte che era alla bancarotta, aveva un debito pubblico notevole. In maniera subdola dietro altri pretesti, nei fatti fu il Sud a colmare le dissestate casse del Piemonte. Tutto ciò che ho scritto è decumentato”.

Dove?

“Ad esempio nei documenti della Banca d’Italia. Sulla conversione della moneta non c’è bisogno di essere economisti per capire chi ci rimette se si scambia una moneta di latta con una d’oro. Il Sole 24 ore ha pubblicato nel 2011 una tabella che fa emergere come al momento dell’unificazione il debito pubblico al Sud era insesistente mentre il Piemonte aveva un debito pubblico del 565 per cento suil Pil. Ora, vogliamo continuare a leggere sui libri che il Sud era stato liberato da un sovrano, e lo possiamo anche accettare. Il vero problema del Sud è però verificare che, poiché oggi parliamo di due veloicità, le conseguenze non vengano confuse con le cause. Cosa ci ha insegnato finora la storia? Che il sottosviluppo del Sud è conseguenza del proprio sottosviluppo. Ma la causa deve avere origine in qualcosa? E noi possiamo documentare che non c’era debito pubblico, che anche all’estero la moneta napoletana aveva un enorme credito, che per quanto riguarda le infrastruttrure la prima ferrovia italiana fu la Napoli Portici nel 1839, il Sud aveva la terza flotta navale al mondo”.

Eppure Luigi Settembrini, nemico giurato dei Borbone, nella sua “Protesta” del 1847, non la pensava così. Leggo testualmente: “Gli stranieri che vengono nelle nostre contrade guardando la serena bellezza del nostro cielo e la fertilità dei campi , leggendo il codice delle nostre leggi, e udendo parlar di progresso di civiltà e di religione, crederanno che gl’Italiani delle Due Sicilie godono d’una felicità invidiabile. E pure nessuno Stato d’Europa è in condizione peggiore della nostra, non eccettuati nemmeno i turchi; i quali almeno son barbari…”.

“Beh, è chiaro che Ferdinando II non aveva colto il cambiamento di quella che sarebbe stata definita la Primavera dei popoli nel 1848 e mal sopportava qualsiasi anelito alla libertà. Dopo il 1848 aveva trasformato il regno in uno Stato di polizia, e questo fu un grave errore, ma il suo atteggiamento non era diverso da quello di altri monarchi dell’epoca. Nessun testo, ad esempio, parla del Sacco di Genova del 1849, quando Vittorio Emanuele II mandò i bersaglieri guidati dal generale Lamarmora che mise in atto una feroce repressione contro i genovesi che avevano proclamato la loro indipendenza perchè mal sopportavano l’autorità sabauda. Ma ci sono tantissimi altri….nefasti esempi”.

Comunque, al Nord, in poco tempo il progresso partì.

“Può essere. Al Sud c’era il mare e c’erano le autostrade del mare, al Nord c’erano le ferrovie. La bilancia commerciale era in attivo, come ha scritto in un recente libro Lorenzo del Boca, per quanto riguarda il commercio con l’estero. Il problema è che, dopo 155 anni, al Nord c’è l’alta velocità, mentre al Sud non solo c’è il binario unico ma molte linee ferroviarie vengono addirittura soppresse. Il capitale delle ferrovie è un capitale pubblico e cioè ogni chilometro viene costruito con i soldi anche del Sud, allora io come cittadina italiana mi appello all’art. 3 della Costituzione e voglio che la legge tratti tutti in maniera uguale”.

Nei libri di storia ci sono lacune, magari volute, secondo lei?

“Il processo risorgimentale è raccontato in maniera olografica. I personaggi vengono ammantati di un alone di grandezza che spesso non hanno avuto. Pensiamo agli eccidi perpetrati al Sud. Il brigantaggio ha lacerato il paese e la violenza si condanna sempre. Ma se i briganti furono violenti, l’esercito, con i vari Cialdini e Bixio, fecero al Sud tante di quelle oscenità che oggi quelli dell’Isis ci fanno sorridere”.

Fanno sorridere i tagliateste dell’Isis?

“Noi i tagliateste li abbiamo conosciuti proprio il quel periodo. Ai briganti veniva tagliata la testa dai rappresentanti dello Stato. Ho trovato nell’archivio di Stato di Reggio Calabria un documento scritto come sempre dalle autorità, e vi ho letto che un sergente chiedeva la medaglia d’oro perché ha tagliato la testa a un brigante. Nel Codice sardo non era ammessa la pena di morte, invece per il Sud era possibile non solo la fucilazione ma addirittura era considerata banda armata un’associazione di tre persone, mentre al Nord erano necessarie quattro. E comunque non era possibile per il Codice sardo la pena di morte, invece al Sud venivano conferite le onorificenze militari per chi si distingueva tagliando la testa ai briganti. C’erano altre cose vergognose come le taglie per chi denunciava, dando così la possibilità di vendette personali. Il Risorgimento ha lasciato delle ferite enormi anche per ciò che è venuto dopo. Pur riconoscendo i torti dei briganti, questi ultimi vanno ricordati come morti da italiani. Possiamo dire che combattevano dalla parte sbagliata? Diciamolo. Però vanno ricordati come italiani”.

E cosa emerge invece dai libri di storia adottati nelle nostre classi?

“Che il Sud è causa di se stesso. Se il Rinascimento è stato una cosa positiva e giustamente viene ricordato, perché mai la prima ferrovia Napoli Portici non viene citata? Abbiamo avito il primo osservatorio astronomico. Proprio un anno fa il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha citato davanti alla Bce i tanti primati europei di Napoli, del periodo”.

Ha detto, tra le altre cose, che Napoli fu la prima città in Italia e la terza in Europa, dopo Londra e Parigi, ad introdurre illuminazione stradale a gas.

“Non solo questo, ovviamente. Allora io dico: se Dante ha fatto grande l’Italia quando l’italia non c’era ancora, perché non riportare anche altri primati e innovazioni che sono avvenute a Napoli? L’impostazione dei libri di storia tende a presentare il Sud sempre come il problema dell’Italia. A parte il fatto che se c’è un problema si risolve, io vorrei dire che ormai chi studia economia ed è esperto del settore sa che o si cresce insieme o non si cresce. Il Sud potrebbe essere la rampa di lancio per lo sviluppo. Il Sud sta aspettando da 150 anni di potersi sviluppare. Ma se mancano le infrastrutture non c’è sviluppo. Se si dice che al Nord c’erano le ferrovie allora dateci le ferrovie e le infrastrutture che sono la causa e non la conseguenza dello sviluppo. Il Sud subisce queste condizioni. Prima mettiamo alla pari le varie parti del paese e poi condanniamo il Sud se non ce la fa. Se i libri di storia vogliono raccontare la storia con la esse maiuscola occorre ricordare il contributo economico che diede all’Italia. Il processo migratorio ebbe il suo boom dopo il 1800. I primi anni del 1900 vengono presentati come gli anni del decollo, ma si omette di scrivere che furono le rimesse degli emigranti a far circolare più denaro della ricchezza effettiva. Al momento dell’unità ci fu il grande contributo del Sud, poi ci fu il contributo dei meridionali che andarono all’estero. I capitali vennero investiti soprattutto al Nord e non per miglirare le condizioni della povera gente ma per aiutare le industrie che intanto erano state spostate al Nord. Nel secondo Dopoguerra, quando l’Italia era in ginocchio, a risollevare le sorti del paese furono le braccia dei meridionali che pure si vedevano scritto: Non si affitta ai meridionali”.

Perché è oggi importante sapere questa parte di storia?

“Innanzitutto perché è storia. Ma siccome i confini non li abbiamo decisi noi, i confini non possono essere labili. E’ storia d’Italia perché questi fatti avvennero dopo l’Unità. Ritengo sia ora che si affronti questa parte di storia con serietà anche ricordando i torti del Sud. L’Italia ha una solida coscienza civica e culturale capace di fare i conti con la propria storia. Come fece l’America con i suoi Indiani.

Quando vedo giovani che partono per un lavoro mi indigno. Non è su queste basi che si costruisce un paese moderno. Al di là di quel che si racconta in televisione, sappiamo che l’italia non cresce. Quando economisti dicono che occorre far crescere il sud occorre davvero far partire il Sud, altrimenti, mi scusi, tanto valeva lasciare le cose come stavano”.

Cioè Nord e il Sud divisi. Non è escluso che prima o poi si vada verso questa direzione. Le che cosa ne pensa?

“Non lo so. Come insegnante mi auguro di no. Sarebbe un ulteriore fallimento. Si parla di macroregioni del Sud e del Nord. Io penso che questa potrebbe essere un’organizzazione diversa dello Stato, che affronti determinati problemi e li risolva. Il Sud non ha mai parlato di secessione. Ha parlato semmai di secessione un partito che doveva mantenere fede all’Unità come previsto dalla Costituzione. A parlare di secessione è stata la Lega Nord che ce l’ha avuto scritto nello statuto. Ed è paradossale che quando qualcuno vuole riscrivere la storia alla luce degli studi fatti in tutti questi anni, e per costruire un sentire comune con tutti gli italiani, venga accusato di volere sfasciare l’Italia. Mentre ci si è lasciati scivolare addosso un partito che lo ha dichiarato in maniera aperta e che rappresenta una forza politica che siede in Parlamento e che ha governato per anni questo Paese”.

Come reagiscono i suoi alunni quando propone loro “tutta l’altra storia” del Sud e dell’Unificazione?

“I ragazzi sono prima sorpresi, sebbene io abbia a che fare con ragazzi piccoli, ma quando incontro i ragazzi del liceo, con un procedimento ragionato per induzione e non per deduzione, ragionando cioè sulle cose, loro stessi rimangono sorpresi, poiché sentendosi dire da sempre che il Sud è incapace, essi stessi si sorprendono. Loro non mettono mai in discussione il sentirsi italiani. I nostri ragazzi, mi creda, vogliono vivere nella loro terra, vogliono scegliere se andare via per volontà o per sopravvivenza, vogliono godere delle stesse opportunità dei loro coetanei che vivono al Nord”.

I PIU’ IMPORTANTI PRIMATI E REALIZZAZIONI NEL REGNO DELLE DUE SICILIE

Periodo 1735 – 1860

Tratto dal libro di Antonella Musitano e Adele Pulice, “Il Sud prima dell’Unità d’Italia”

 

1735 – Prima cattedra di astronomia in Italia (Università di Napoli a Pietro De Martino)

1737 – Primo teatro in Europa (il San Carlo a Napoli realizzato in 270 giorni)

1753 – Carlo Curzio descrisse per primo la sclerodermia nell’ospedale degli Incurabili di Napoli

1754 – Prima cattedra di Economia nel mondo (Università di Napoli ad Antonio Genovesi)

1762 – Fondazione Accademia di Architettura (tra le prime d’Europa)

1774 – Istituzione della motivazione delle sentenze (G. Filangieri)

1781 – Primo codice marittimo del mondo (Michele Iorio)

1782 – Primo intervento in Italia di Profilassi Anti-tubercolare

1783 – Primo cimitero d’Europa ad uso di tutte le classi sociali (Palermo)

1786 – Più grande cantiere navale d’Italia e del Mediterraneo (Castellammare con 2000 operai)

1792 – Primo Atlante Marittimo nel mondo (scuola di cartografia napoletana)

1801 – Primo museo Mineralogico del mondo

1807 – Primo Orto botanico in Italia a Napoli

1813 – Primo Ospedale Psichiatrico italiano (Aversa)

1818 – Prima nave a vapore del mondo (Ferdinando I)

1819 – Primo Osservatorio Astronomico in Italia (Capodimonte)

1820 – Primo codice militare d’Italia

1821 –   Prima introduzione in Italia e poi in Inghilterra della medicina omeopatia da parte del dr. Francesco Romano, medico personale di Ferdinando IV di Borbone

1829 –   Prima clinica omeopatica in Italia voluta dal Re presso il più grande ospedale della Trinità a Napoli

1832 – Primo ponte sospeso in ferro in Italia (fiume Garigliano)

1832 – Primo Stato italiano a dotarsi di un Ufficio Centrale di Statistica

1833 – Primo editto a salvaguardia del novellame ittico limitazioni alla pesca a strascico e dell’uso di reti fitte.

1839 – Prima ferrovia e prima stazione in Italia, seconda in Europa (Napoli – Portici)

1839 – Prima illuminazione a gas di una città italica e terza in Europa (Napoli)

1840 – Prima fabbrica metalmeccanica d’Italia (Pietrarsa con 1050 operai)

1841 – Primo centro sismologico al mondo (Ercolano, ing. Gaetano Fazzini)

1841 – Primo sistema di fari lenticolari a luce costante in Italia (Nisida)

1843 – Prima nave da guerra a vapore d’Italia (pirofregata Ercole)

1844 – Primo Osservatorio Meteorologico in Italia (falde del Vesuvio dott. Melloni)

1845 – Prima locomotiva a vapore costruita in Italia (stabilimento di Pietrarsa)

1848 – Primo Stato italiano a concedere la Costituzione (29 gennaio)

1852 – Primo Telegrafo elettrico in Italia

1852 – Primo Bacino di Carenaggio in muratura in Italia (porto di Napoli)

1852 –   Primo Piroscafo della penisola italiana ad attraversare l’Atlantico (il Sicilia della società di navigazione del palermitano Salvatore De Pace)

1852 – Primo esperimento di Illuminazione Elettrica in Italia (Capodimonte)

1856 – Premio per il terzo paese al mondo in sviluppo industriale (Parigi Esposizione Internazionale)

1856 – Primo Sismografo Elettromagnetico nel mondo (arch. Luigi Palmieri)

1856 – Primo premio internazionale per la produzione di pasta;

1856 – Primo premio internazionale per la produzione di coralli;

1858 – Prima galleria ferroviaria del mondo (traforo Passo dell’Orco presso Nocera Inferiore)

1859 – Primo Stato italiano per produzione di guanti (700.000 dozzine di paia ogni anno)

1860 – Prima flotta mercantile e militare d’Italia

1860 – Prima nave ad elica in Italia (Monarca)

1860 – Più bassa percentuale di mortalità infantile d’Italia

1860 – Più alta percentuale di medici per abitante d’Italia

1860 – Primo piano regolatore in Italia (città di Napoli)

1860 – Minor carico Tributario Erariale in Italia

1860 – Maggior quantità di lire/oro tra tutti i Banchi Nazionali Preunitari (Banco delle Due Sicilie 443 milioni sui 668 milioni del totale: 66.3% del totale)

1860 – Prima  borsa merci e seconda borsa valori d’Europa

1860 – Maggior numero di società per azioni in Italia

1860 – Miglior finanza pubblica tra gli stati preunitari

1860 – Rendita dello stato quotata alla Borsa di Parigi al tasso del 12%

1860 – Tasso di sconto più basso della penisola (5%)

1861 – Nell’inventario dei beni conservati nel Palazzo Reale di Napoli al momento della conquista sabauda è annotato: “oggetto sconosciuto a forma di chitarra”. Trattasi del bidet già in uso presso le corti napoletane dal ‘700.

Inoltre

Primi assegni bancari della storia economica

Primo sistema pensionistico con ritenute del 2% sugli stipendi

Prima cattedra di Psichiatria

Prima cattedra di Ostetricia e osservazioni chirurgiche

Primo corpo di Pompieri in Italia

Primo stato italiano ad istituire il Ministero della Pubblica Istruzione

Prime agenzie turistiche della penisola

1861 – censimento occupati nelle industrie tra le regioni italiche, totale occupati industria: 3.130.796, occupati industria  Due Sicilie: 1.595.359, percentuale occupati industria Due Sicilie sul totale italia: 51%

 

 

ALTRE REALIZZAZIONI DI INTERESSE SOCIALE

1740 – Inizio attività delle celebri manifatture di Capodimonte (lavorazione ceramica)

1741 – introduzione del catasto onciario (Carlo III)

1748 – Fondazione Università di Altamura (Terra di Bari)

1748 – Costruzione del Real Albergo dei Poveri a Napoli (3000 posti letto)

1757 – Inizio attività della Real Fabbrica d’Armi di Torre Annunziata

1764 – Inaugurazione dell’Acquedotto di Maddaloni detto “Carolino”

1768 – Inaugurazione del complesso siderurgico di Mongiana (V.V.)

1774 – Completamento dei lavori per la costruzione della Reggia di Caserta

1776 – Inizio attività del celebre setificio di San Leucio. La cui comunità godeva di acqua corrente nelle abitazioni.

1784 – Istituzione del Porto Franco a Messina (abolito nel 1879)

1787 – Fondazione della Scuola Militare Nunziatella

1819 – Riforma dei codici napoleonici

1833 – Istituzione in ogni provincia della società economica per il commercio di olio e di vino

1835 – Costruzione del Ponte sospeso in ferro sul Fiume Calore

1837 – Durante l’anno Napoli viene visitata da oltre 7000 stranieri

1838 – Riapertura dell’università di Messina soppressa durante il viceregno

1841 – Istituzione dell’Amministrazione Generale delle Bonificazioni (bonifiche del Volturno 15000 ha, del Sarno, della Piana del Sele, delle paludi Sipontine, del golfo di Policastro, della piana di Bivona e dei dintorni di Brindisi)

1845 – Risanamento del debito pubblico (ministro delle finanze D’Andrea)

1845 – Napoli ospita il settimo congresso degli scienziati italiani

1847 – Fondazione della colonia agricola di S. Ferdinando di Puglia (FG), dopo bonifica

1855 – Collegamento telegrafico tra Napoli e Roma, Parigi, Londra

1855   Forte aumento della popolazione: oltre 9 milioni rispetto ai 5.7 milioni del 1830 (+57,8%) Istituzione dei monti frumentari per il finanziamento ai piccoli coltivatori.

REALIZZAZIONI CULTURALI:           

Scavi archeologici condotti a Pompei ed Ercolano

Apertura del Gabinetto di Fisica del Re

Scuola di musica e danza di S. Pietro a Maiella

Scuola pittorica di Posillipo

Apertura della Real Biblioteca

Fondazione dell’Accademia letteraria

Fondazione dell’Accademia di Scienze Mediche

35 teatri attivi tra regno continentale e insulare

SCUOLE PRIVATE PRESENTI IN NAPOLI NEL 1831:

– 392 scuole per leggere e scrivere per maschi

– 126 scuole di leggere e scrivere per femmine

– 32 istituti letterari                       

– 29 case di educazione

– 48 giurisprudenza

– 38 medicina e chirurgia

– 22 filosofia e belle lettere

– 36 rudimenti grammaticali

– 10 scienze di fisica e matematica

– 3 chimica

– 2 architettura

– 14 lingua francese

 

ED ANCORA:

–   Ammontare riserve auree banche centrali: 443,2 ml di lire oro (66,3 % dell’Italia)

–   Monopolio mondiale dello zolfo, 90 % (industria bellica)

–   Flotta mercantile (4/5 di tutta Italia)

–   Compagnie di navigazione marittima: mediterranee e transoceaniche

–   Numero di tipografie (solo a Napoli 113)

–   Pressione fiscale basata su soli cinque tributi (soprattutto la fondiaria sulle proprietà immobiliari anche ecclesiastiche) con primato tra le grandi nazioni

–   Elevato numero di società per azioni

–   Sistema pensionistico pubblico (col 2 % di ritenuta mensile) con primato tra le grandi nazioni

–   Bilancio statale in pareggio

–   Minor tasso di sconto (mai superiore al 5 %)

–   Quotazione Rendita Napoletana alla Borsa di Parigi (120 %)

–   Diffusione sportelli bancari

–   Piano regolatore città di Napoli (con individuazione centro direzionale e prima strada con funzione di tangenziale)

–   Industria dei guanti (pelle di cuoio) con oltre 500mila dozzine esportate (primato mondiale)

–   Industria della seta (a S. Leucio e in tutto il regno) con primato mondiale per qualità

–   Saline (soprattutto pugliesi e siciliane) con primato tra le grandi nazioni

 

Vincenzo Brancasino

fonte

www.orizzontescuola.it

 

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