Due scelte di Papa Francesco
Non sono molto frequenti le occasioni che, in breve spazio di tempo, portano alla ribalta la Santa sede su due fronti così diversi come le sorti della Conferenza episcopale italiana e la politica internazionale.
In questi giorni Papa Francesco ha nominato Presidente della Cei, in sostituzione del cardinale Bagnasco giunto al termine del suo mandato, monsignor Gualtiero Bassetti arcivescovo di Perugia-Città della Pieve.
E’ il primo dei tre designati dalla stessa Cei, secondo il nuovo sistema di scelta del suo Presidente che continua, però, ad essere diverso da quello vigente negli altri Paesi. In essi vige l’elezione diretta che, pur se auspicata dal papa anche per l’Italia, è stata rifiutata dai vescovi italiani, che, però, nella loro designazione non hanno ignorato la preferenza espressa dal papa nei confronti dello stesso monsignor Bassetti. Lo ha, infatti, prorogato nell’episcopato per il prossimo quinquennio nonostante abbia 75 anni, età che impone la fine del mandato episcopale, e lo ha nominato cardinale nel febbraio 2014, pur essendo Perugia già da tempo non più sede cardinalizia.
E’ ritenuto un pastore “sociale”, al servizio degli “ultimi”, molto sensibile alle problematiche dei lavoratori e dei poveri, come ha mostrato nelle sedi episcopali di Massa Marittima e di Arezzo che ha retto prima di approdare a Perugia, dove ha, fra l’altro, promosso il Fondo di solidarietà delle Chiese umbre per le famiglie in difficoltà a causa della crisi economica. Con lui si apre una fase di transizione per la costruzione di un modo diverso di essere chiesa nella società italiana, in cui la capacità di dialogare con le istituzioni civili sarà più coerente con la funzione stessa della chiesa senza la pretesa che i suoi principi irrinunciabili siano tradotti in legge, se non condivisi dalla maggioranza dei cittadini, né, tantomeno, siano usati come merce di scambio con le forze politiche in campo.
C’è però una svolta più urgente da realizzare per ritrovare autenticità e credibilità per la Chiesa. L’ha ben posta in un suo comunicato stampa Noi Siamo Chiesa – un’associazione di cattolici impegnati a promuovere il rinnovamento ecclesiale sancito dal Concilio Vaticano II – auspicando che la svolta, fra l’altro, consista: nell’apertura in ogni sede e in ogni media del mondo cattolico a tutte le voci che vi sono presenti, senza le passate discriminazioni, per affrontare, guardando in faccia la realtà, questioni che riguardano il funzionamento e la credibilità della Chiesa. Ne proponiamo alcune: problema dei ministeri a partire da un nuovo protagonismo responsabile di tutto il Popolo di Dio –uomini e donne- nella gestione della comunità ecclesiale; impegno per una Chiesa povera e per la trasparenza nell’amministrazione delle risorse e per la qualità evangelica delle destinazioni; diversa gestione della pedofilia del clero da sottrarre alla discrezionalità del vescovo; cambiamento profondo della qualità della predicazione; rottura e denuncia generalizzata e ovunque diffusa nei confronti di fatti e di comportamenti mafiosi; completa ridiscussione della posizione della Chiesa sulla questione pace/guerra (export di armi, presenze militari all’estero, spesa militare, cappellani militari …) alla luce del messaggio sulla nonviolenza di papa Francesco del primo gennaio.
Sarà questo il metro sul quale sarà valutata la valenza innovativa dell’opera del nuovo Presidente, favorito dal sostegno di papa Francesco, che, con la sua nomina, ha inteso sollecitare un nuovo indirizzo per la comunità cattolica italiana.
Negli stessi giorni si è consumato l’altro evento: l’incontro del papa con Donald Trump Presidente degli Stati Uniti d’America. Mezz’ora di colloquio in un clima freddo ha titolato il Manifesto la cronaca dell’udienza, ricordando che quello con Obama era, invece, durato il doppio, per evidenziare la scarsa convergenza delle posizioni del papa con quelle di Trump. La stessa che si ricava dalla lettura dello scarno comunicato della sala stampa della Santa sede, che evidenzia i punti di contatto fra Vaticano e Usa, quelli su cui si tratta e quelli su cui le distanze sono profonde. Queste, in particolare, sono evidenti nel dono offerto dal papa a Trump: una copia dell’enciclica Laudato si’, che critica il modello di sviluppo capitalista e affronta i temi dello sfruttamento indiscriminato delle risorse del pianeta, della distruzione dell’ambiente e dei rischi del riscaldamento globale, sempre negati da Trump. Proprio ad essa hanno fatto riferimento i militanti di Greenpeace – un’associazione non violenta, che utilizza azioni dirette per denunciare in maniera creativa i problemi ambientali e promuovere soluzioni per un futuro verde e di pace – che, alla vigilia dello storico incontro tra Papa Francesco e Donald Trump, hanno proiettato sulla cupola della Basilica di San Pietro un chiaro messaggio luminoso: Prima il pianeta Terra! Con esso hanno inteso riferirsi alle scelte che nelle prossime settimane Trump sarà chiamato a compiere dovendo decidere se gli Stati Uniti continueranno o meno ad essere parte dell’Accordo di Parigi sul clima con il quale quasi 200 Paesi si sono impegnati a contenere il riscaldamento del pianeta entro 1,5 gradi Celsius: Trump dovrebbe ricordare che anche il 71% degli americani chiede che gli Usa non si tirino indietro!
Marcello Vigli
fonte
italialaica.it