E ANCORA CAVOUR…….
i danari
Insomma, da questa relazione, non sappiamo se veritiera o (più probabilmente) scritta per essere divulgata, possiamo scoprire il vero punto nodale al quale accenna di sfuggita Cavour: l’aspetto finanziario: i dané, i danari. La guerra all’Austria andava fatta per consentire al Piemonte, con i nuovi acquisti territoriali, di poter ripagare l’enorme debito accumulato anche con le sue guerre precedenti.
In pratica i creditori dovevano finanziare ancora una volta il Piemonte per poter riprendere i vecchi ed i nuovi prestiti. Dall’altro lato Napoleone III facendosi garante della riuscita della guerra, guadagnava Nizza e la Savoia, scaricando il costo della guerra sul Piemonte: tipico caso di usura! Per Cavour non aveva importanza, un debito in più uno in meno… Il problema era che non basta voler far debiti per farli. Qualcuno aveva addirittura insinuato che la ragione dell’invio delle truppe in Crimea non fosse di alta politica estera ma solo di bassa economia interna e cioè riuscire ad avere un prestito di 50 milioni. Di certo sappiamo che Cavour e Vittorio Emanuele fecero un viaggio a Parigi ed a Londra dopo la caduta di Sebastopoli e prima dell’inizio delle trattative di pace di Parigi. Il 20 novembre 1855 i due partirono per Parigi.
gli incontri di cavour e vittorio emanuele a parigi
La coppia di ospiti italiani ebbe accoglienze molto inferiori al previsto. Napoleone III e consorte fecero del loro meglio per dare al re di Sardegna dimostrazioni di simpatia, che valessero a cancellare le impressioni poco favorevoli dell’arrivo. Cavour e Vittorio Emanuele incontrarono personalità politiche ed istituzionali, Cavour ebbe la possibilità di avere contatti con il nunzio pontificio. Ma gli incontri più importanti Cavour li ebbe con Rothschild e con Isaac Péreire, i due massimi esponenti del mondo finanziario francese. Péreire gli parve “un homme étonnement habile” “un uomo straordinariamente abile” dotato di “plus d’esprit que tous les banquiers de Paris réunis” “più immaginazione di tutti i banchieri di Parigi”. Con i ministri Magne e Rouher e con i finanzieri interessati, che, in aggiunta al Laffitte, presidente della società ferroviaria Vittorio Emanuele, includevano i ricordati Rothschild e Péreire e altri ancora, preparò l’accordo poi sanzionato il 7 dicembre in vista della fusione della Vittorio Emanuele con altre iniziative ferroviarie francesi (R3). Ai soci francesi fu poi concesso, a carico dei successivi sette esercizi del bilancio statale piemontese, un finanziamento di 21.400.000 lire, mentre il capitale della Vittorio Emanuele veniva elevato a 100 milioni. Oltre ai 100 milioni della Vittorio Emanuele, l’economia nazionale avrebbe beneficiato di un apporto analogo da parte della società che progettava la costruzione della ferrovia del Varo alla frontiera modenese, e in tal modo 200 milioni, raccolti sui mercati finanziari stranieri, avrebbero fecondato l’economia del paese; perché, si leggeva nella relazione al progetto di legge, “non vi è altro mezzo per aumentare le entrate, non solo senza aggravare i contribuenti, anzi agevolando loro il mezzo di sopperire alle imposte, che quello di sviluppare tutte le risorse materiali del paese, di favorire la maggiore libertà del commercio, di accrescere la pubblica e privata ricchezza, attirando in ogni modo l’impiego di capitali esteri sia nelle costruzioni di strade ferrate, che nelle coltivazioni di miniere, creazione di stabilimenti, di manifatture e simili” (R3). Sempre negli incontri avvenuti a Parigi, Cavour, spinto da Bolmida, presidente della Cassa di Commercio e corrispondente torinese di Rothschild, concluse con questi un accordo per la creazione di una grande banca mobiliare e Rothschild si dichiarava disposto a sostenere una impresa che doveva diventare “une affaire Italienne”, atta a estendere l’influenza del Piemonte in tutta la penisola italiana (R3). Si deve aggiungere che tra i due abili personaggi, Cavour e Rothschild, l’abile era solo quest’ultimo. Infatti Rothschild subito ebbe esitazioni e perplessità: alcune delle iniziative proposte non parevano al grande banchiere sufficientemente importanti né sufficientemente redditizie per ciò si posero gravi problemi per la sottoscrizione dell’aumento di capitale riservato a Rothschild. Cavour fu costretto a far collocare il capitale non sottoscritto oltre che sul mercato italiano anche a Bruxelles, Amsterdam e Ginevra, provocando un sensibile ribasso del titolo della Cassa di Commercio. Non migliori risultati ebbero altre iniziative bancarie promosse da Cavour, come quella del Credito Profumo che visse tra difficoltà e fu sciolto nel 1861 (R3).
il prestito di 40 milioni
Uno dei risultati del viaggio a Parigi fu la conclusione con Rothschild e con la Cassa di Commercio e Industria di Torino del prestito di 40 milioni autorizzato con la legge del 26 giugno 1858. Rothschild e la Cassa avevano assunto ciascuno metà dell’operazione, ma la Cassa fungeva da intermediaria con altri istituti torinesi e genovesi, e di fatto l’affare fu accentrato nelle mani di Rothschild (R3). Questo prestito doveva dare a Cavour una relativa tranquillità e consentirgli la sua azione diplomatica di provocazione dell’Austria.
gli incontri di cavour e vittorio emanuele a londra
Durante il viaggio a Londra, Palmerston molto imprudentemente si lasciò andare con Cavour ad aspri giudizi e commenti su Napoleone III e il suo entourage di avventurieri, votato alla pace con la Russia per bassi interessi speculativi e di borsa (R3). Cavour era interessato ad avvicinarsi a Napoleone proprio per avvicinarsi al suo entourage per bassi interessi finanziari, perciò riferì parola per parola il giudizio di Palmerston a Napoleone. Considerazioni: Tutta la politica del Cavour era improntata alla provvisorietà, al raggiungere nel breve termine risultati che lo tenessero a galla e gli consentissero di prendere ancora altri provvedimenti provvisori. L’immagine che ci richiama Cavour è quella dell’industriale che smette di dare l’impulso tecnico alla sua impresa e si preoccupa di trasformarla in un affare finanziario: nel breve termine riuscirà a procurarsi nuovi finanziamenti e nuovi soci, attirati dalla speculazione. Quando poi il mercato fa giustizia dell’azienda non più competitiva, c’è il crollo. Per sua fortuna Cavour morì prima del crollo del Piemonte. Per sfortuna degli italiani, il crollo del Piemonte avvenne con il Piemonte diventato Italia e furono costretti, gli italiani, a pagare le cambiali firmate da Cavour.
fonte
http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Personaggi/Cavour02.htm