Ercole D’Agnese e famiglia nella Repubblica napoletana di Rosario Di Lello
Nel 1799, anche la famiglia diretta di Ercole d’Agnese, martire politico, rimase coinvolta e non poco nella breve, drammatica vita della Repubblica Napoletana; a tal proposito, nell’indagine in corso attinente al detto protagonista, cittadino di Piedimonte d’Alife, oggi Piedimonte Matese,1 consultando riferimenti a stampa di autori locali, fonti manoscritte con taluni particolari inediti, riedizioni di giornali in italiano e in francese di quell’anno, ho appreso quanto segue, seppure in via preliminare e a prescindere da controverse opinioni di parte.
La famiglia d’Agnese, napoletana e di ceto superiore, aveva presentato, già dalla seconda metà del ‘200, personalità quali, ad esempio, Marino cavaliere di re Carlo d’Angiò, Lancillotto governatore di Gaeta, Biordo ufficiale di marina, Astorgio arcivescovo di Benevento, Alfonso podestà di Firenze. Un ramo cadetto s’era trasferito da Napoli a Piedimonte dove, nel 1712, era nato Vincenzo che prenderà in moglie Eleonora Melchiorre Mastrantuoni, di Caiazzo, e diventerà capofamiglia.2
Da Vincenzo ed Eleonora nacque Ercole e nel 1745, il 3 di maggio, nella chiesa di Santa Maria Maggiore, a Piedimonte, ricevette il battesimo, col nome di “Ercole Simone Marcellino”, e “Madrina fu donna Giovanna d’Agnese, da mandato di procura del signor dottore don Francesco d’Agnese […]”.3 Il terzo nome, al pari del primo o del secondo o del terzo di non pochi neonati, tra i quali il fratello Marcellino, venuto al mondo dieci anni dopo, gli sarà stato imposto o per devozione al Santo patrono della città, venerato specialmente nel rione, o per voto fatto, prima, durante o dopo il parto, al Santo taumaturgo guaritore di donne meno-metrorragiche e di neonati.4
Nel 1751, la famiglia d’Agnese risultava costituita dai coniugi Vincenzo di anni 38 ed Eleonora di anni 28, da sei loro figli dei quali una femmina ed Ercole secondogenito, da Beatrice Moretti, da Giovanna, da Francesco dimorante in Napoli e dal canonico Marcantonio, rispettivamente madre, sorella e fratelli di Vincenzo; aveva a servizio una donna e un uomo e alle dipendenze una nutrice ed un cocchiere; abitava “a casa propria palaziata, sita nel luogo detto la Piazza di S. Domenico, con giardinello murato”, a confine con proprietà altrui “e via Publica”; possedeva beni consistenti. In seguito, fino al 1760, nacquero altri sette figli dei quali cinque maschi e due femmine.5
Ercole d’Agnese frequentò, con profitto, la vicina scuola dei Padri Domenicani, invece i fratelli Alessandro e Filippo, terzo e quartogenito, furono allievi nel seminario di Capua. Senonché, “morto il padre, e rimaritatasi la madre”, lo zio Marcantonio assunse il governo di famiglia e, non tollerando il modo di pensare e il comportarsi di Ercole, lo oppresse a tal punto da indurlo a fuggire a Napoli, dallo zio Francesco, avvocato, e ad espatriare in Francia. Il giovane si presentava avvenente, di statura bassa, di fisico asciutto e ben proporzionato, di volto spigliato, di mento pronunciato e di naso grandicello, parlava poco, anche quando era allegro, e si muoveva in modo disinvolto. A Parigi, sposò Paolina Tibouthier, nipote del generale Giovambattista Abrial, ed ebbe due figli che chiamò Francesco e Francesca per riconoscenza verso lo zio che molto lo aveva aiutato nell’espatrio. Nel 1789, in Francia esplose la rivoluzione e il d’Agnese, prendendovi parte, raggiunse alti gradi di governo.6
A Napoli, nel contempo, i liberali, sempre più numerosi, diffondevano le idee repubblicane di libertà, eguaglianza e fraternità, mentre le autorità monarchiche li osteggiavano con arresti, processi e condanne. Quando le truppe francesi venute in Italia ebbero il sopravvento sulle borboniche, re Ferdinando e la corte ripararono in Sicilia, nel dicembre del 1798. Entrati in Napoli, i Francesi vi proclamarono la repubblica e vi organizzarono un governo provvisorio.7
Da Parigi, vi ando’ l’Abrial e, in aprile, formò il nuovo governo con una commissione legislativa ed una esecutiva della quale entrò a far parte, quale presidente, Ercole d’Agnese. Ritornato a Napoli, con moglie e figli, non mancò di recarsi a Piedimonte, due volte, a salutare le persone care e per organizzare la truppa civica; ripartendo, fece uscire di clausura, dal cenobio di San Salvatore, e condusse a Napoli la monaca Maria Eleonora, al secolo Carlotta, sua sorella.8
A Piedimonte, intanto, Giuseppe, fratello primogenito e sindaco nel 1779 era “amicissimo costui del re”, e “primario cittadino dopo il Barone” ; Filippo, invece, sindaco nel 1786 dopo Alessandro e prima del sestogenito Domenico, “amicissimo” di monarchici e “occulto vero realista”, aveva accettato dai repubblicani l’incarico di giudice, ma “per far qualche bene alli paesani”, da “rivoluzionario”, ma finto e in modo assai prudente.9
Senonché, in giugno, dopo che in breve volger di tempo le truppe francesi s’erano ritirate, il monarchico cardinale Ruffo, a capo di bande armate, riconquistò Napoli e i patrioti repubblicani ed un esiguo numero di militari ripararono in castelli.10
A fine mese s’ebbe la capitolazione, ma i giacobini furono incarcerati ed ebbe inizio la lunga serie di esecuzioni alla pena capitale. Ercole d’Agnese, processato e condannato a morte, ingerì dell’oppio – per non subire dolore fisico e trauma psichico– e perse i sensi; poi si riprese alquanto, “pur tuttavia fu portato sopra una sedia, ed al patibolo vi giunse quasi morto”, in Piazza Mercato, comunque lo impiccarono; era il tardo pomeriggio del primo giorno d’ottobre. Fu sepolto “nella congregazione dei Dottori chiamata S.ta Luciella”.11
Il d’Agnese non fu il solo a rimetterci, tant’è vero che pesanti conseguenze si ripercossero anche a carico di famigliari: moglie e figli vennero mandati in esilio; nelle note di proscrizione rimasero inclusi i fratelli Filippo, Pietro e Carlotta, i quali stavano in Napoli da pochi giorni, nonché frate Giacinto dei Padri di Monte Vergine al secolo Egidio; e non è tutto: quali “Rei di Stato” furono condannati sotto pena di morte se fossero ritornati senza il Reale Permesso nei Reali Domini; la sorella, “arrestata e menata nelle segrete”, non ne venne fuori, per l’esilio, “che dopo la morte del fratello”. Continue furono le confische alla famiglia e i grandi possessi affidati ad un Aniello Toscano della Giunta di Stato né mancarono, a danno di Ercole, di Filippo, di Pietro e di Giuseppe, sequestri di denaro loro intestato nelle banche.12
Il 30 maggio del 1800, il re concesse un “perdono generale”, ragion per cui, dopo l’esecuzione di 99 cittadini dal giugno del ‘99, il patibolo comune venne, finalmente, rimosso da “Largo Mercato”.13
Per quanto concerne i famigliari menzionati, Filippo, nel 1806, era giudice di pace nella terra natia e Carlotta vi morì vecchia nel 1844. Nel marzo del 1802, Paolina, la vedova del martire, stava a Parigi; Francesco, il figlio, emigrato nel Nord America, fu richiamato, dopo la rivoluzione del 1830, dal re di Francia ed ebbe posto in palazzo reale, quale addetto alla sicurezza personale del monarca; Francesca, la sorella, ritornata in patria diventò “egregia pittrice di maiolica” e, nel 1833, moglie di un Dubois Davesne.14 Anche la figlia fu decoratrice e, nel 1891, donò al comune di Piedimonte un busto che raffigurava Ercole; il manufatto ispirò lo scultore Mossuti nella costruzione della statua che gli eresse in Piazza Ercole d’Agnese a Piedimonte.15
L’attenzione, infine, è stata attratta da Ercole d’Agnese, ma dal nipote omonimo: sindaco di Piedimonte dal 1877 al 1887 e dal 1890 al 1903, fu insignito di tre onorificenze cavalleresche dal 1885 al 1896; per la storia, oltre ad aver raccolto, da stampe, manoscritti e tradizioni di famiglia, i citati, preziosi Ricordi, commemorò, nel marzo del 1899, tutti i martiri napoletani del ‘799 e pubblicò, in opuscolo del 1911, la interessante relazione tenuta, nell’ottobre del 1908, in merito allo zio, per l’inaugurazione, in Piedimonte, del circolo di cultura intitolato “Ercole d’Agnese”.16
Questo, in sintesi, è quanto, allo stato della ricerca.
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1- Come da Decreto del 13 agosto 1970. Cfr. Comune di Piedimonte Matese, Nel primo anniversario del nuovo nome diPiedimonte Matese, ivi, Grillo, 1971.
2- Cfr. Ricordi di Ercole d’Agnese martire politico del 1799, raccolti dal nipote Ercole d’Agnese e donati al Municipio di Piedimonte d’Alife. 1892, ms. s. p., ma p. 3. Ringrazio il prof. Costantino Leuci per il prezioso dono di Ricordi in fotocopia.
3- Cfr. Piedimonte Matese, Archivio Parrocchiale di S. Maria Maggiore, Libro de’ Battezzati Anno 1735 Fino al 1754, ms. pp. 174-175 e pass. Cfr. altresì Ricordi, s.p., ma p. 12.
4- Cfr. R. Di Lello, San Marcellino prete martire e taumaturgo, in AA.VV., Ricordando S. Marcellino, Prete e Martire Patrono della città di Piedimonte Matese, Tipografica del Matese, Piedimonte Matese, 2003, pp. 71-77.
5- Cfr. Piedimonte Matese, Biblioteca Civica, Onciario 1754, ms. p. 516 e foto a capo di titolo. Cfr. pure Ricordi, cit., s. p., ma 3 e 12.
6- Cfr. Ricordi, s.p., ma 3-4,9-11.
7- Cfr. La Gazette Nationale ou Le Moniteur universel, pp. 788 e 792 in Il Monitore Napoletano 1799, a c.d. Mario Battaglini, Napoli, Alfredo Guida Editore, 1999, pp. 702-865. R. Di Lello, Insurrezioni e brigantaggio sul Matese. Gli avvenimenti del 1799, in AA.VV., Brigantaggio meridionale e circondario cerretese 1799-1888, Associazione Socio-Culturale Cerretese, Cerreto Sannita, 1988, pp. 23-39. Id., Il brigante Fra Diavolo dal Matese al Patibolo (tra editi e inediti), “Annuario 2017”, Associazione Storica Valle Telesina, 2018, pp. 129-170.
8- Cfr. Il Monitore Napoletano 1799, cit. pp. 454-456, 514 e pass. La Gazette Nationale ou Le Moniteur universel, cit. pp. 796-797 e 841, 846-849. Ricordi, cit., s. p., ma 4-5, 8 e 45-46. Cronaca manoscritta, a c.d. Dante Marrocco, cit., pp. 68-70.
9- In Cronaca manoscritta, a c.d. Dante Marrocco, Il saccheggio di Piedimonte nel 1799 (Narrato da Vincenzo Mezzala), Napoli, Ariello, 1965, II, Piedimonte Matese, Rotary Club, 1999, pp. 68 e 72-73. Sui d’Agnese sindaci di Piedimonte, cfr. Raffaello Marrocco, Memorie storiche di Piedimonte d’Alife, ivi, La Bodoniana, 1926, pp.103-105.
10- R. Di Lello, 1988; Id., 2017.
11- Cfr. Ricordi, cit., s.p., ma 5-6,8,13-18.
12- Cfr. Ricordi, s.p., ma 8-10, –12–, 28-30, 45-46, 51-52, 55.
13- Cfr. Ricordi, s.p., ma 77-96.
14- Cfr. Ricordi, s.p., ma. 8-10 e 35-38.
15- C. Leuci, Per un profilo biografico di Ercole d’Agnese, in Felicio Corvese e Olindo Isernia, a c.d., Il difficile cammino dell’Unità d’Italia […],Centro Studi Daniele, Caserta, 2010, p. 44, in 31- 46 e figure 1-4, in Appendice fotografica.
16- Raffaello Marrocco, Memorie storiche, cit., pp. 105 e 122.- Per la storia, cfr. E. d’Agnese, Ercole d’Agnese ed i suoi tempi, Piedimonte d’Alife, Libreria Editrice Sannita, 1911.
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