FERDINANDO IV di Michele de Sangro …..1884
Nel 1749, morto Filippo V Re di Spagna, gli successe Carlo III, lasciando a Napoli il suo… terzogenito, che fu Ferdinando IV, calunniato ed infamato da’ nemici della Monarchia, sol perché seppe superare il terribile 1799, e sol col suo ingegno e buon senso rimediò alla mancata istruzione che il Ministro Tanucci non gli aveva fatta dare.
Fu di umore allegro, amava i piaceri, specialmente la caccia e la pesca. Fu cattolico e rispettoso verso la Chiesa.
Nella sua minore età furono aboliti molti Conventi, però le rendite non furono convertite a vantaggio de’ “patriotti”, ma furono invece assegnate a’ Comuni a cui quei Conventi appartenevano.
Ecco le opere pubbliche fatte sotto quel Re.
Il 4 settembre 1762 si diede principio al Camposanto di Napoli, e fu il primo Cimitero fondato in Italia.
Si popolarono le isole di Ustica e di Lampedusa, la prima nel 1760, la seconda nel 1765, togliendo così un asilo a’ corsari barbareschi. In Ustica edificò un Castello per guarentirla.
Nel 1763 e 1764 fu il Regno travagliato dall’epidemia e dalla fame, ed in quella triste circostanza spiegò il Governo una energia degna di ogni lode.
Restaurò la facciata del Palazzo Reale di Napoli nel 1767.
Ingrandì ed allineò la strada di Foria nel 1768.
Costruì tre Teatri, cioè quelli de’ Fiorentini, quello del Fondo, e quello di San Ferdinando.
Nel 1799 innalzò la Fabbrica de’ Granili.
La Villa Reale cominciò nel 1780.
Sono opere di quel Re i quattro Cimiteri della Città del Napoli.
Anche in Palermo edificò un magnifico Camposanto.
L’orto botanico di Palermo, la Villa inglese di Caserta, il Cantiere di Castellamare, il piccolo porto di Napoli, i lavori dell’emissario di Claudio, il Palazzo Reale di Cardito, innalzato nel 1793, debbonsi a lui.
Fece costruire molte case per congiungere Napoli con le Provincie, ed in soli 14 anni ne furono fatte più di mille miglia.
Stabilì la Colonia di San Leucio, facendo venire dall’estero artefici e macchine.
Fondò parecchi Collegi militari.
Rifondò la marina, ed era talmente amato da’ suoi Napoletani che, bruciatosi il 3 aprile 1790 il Vascello Ruggiero, in costruzione a Castellamare, vi volle fare cosa grata al Re, coll’offrigli per sottoscrizione volontaria un milione di Ducati perché costruisse un altro vascello simile a quello incendiato.
Fondò un’Accademia per le armi dotte.
Riordinò l’esercito.
Nel 1788 si pubblicarono le ordinanze militari pel servizio delle piazze forti del Regno.
L’anno seguente si pubblicò il Codice penale militare.
Nel riordinare l’esercito e la flotta, quel buon Sovrano non trascurò le opere di beneficenza.
Fondò la cassa degli orfani militari, provvedendola di una rendita di 30 mila ducati annui, ad unico oggetto di educare i figli de’ militari defunti, e dotarne le figlie.
Molto fece per l’istruzione pubblica.
Nel 1768 stabilì una scuola gratuita per ogni Comune del Regno e per ambo i sessi, e con decreto dello stesso anno prescrisse che in tutte le Case religiose si tenessero scuole gratuite per fanciulli, ed in ogni Provincia introdusse un Collegio per educare la gioventù.
Oggi si pagano tasse ginnasiali e liceali, e prima non si pagava nulla; oggi che hanno regalato l’istruzione obbligatoria, se non si hanno i mezzi come mantenere i figli ne’ capoluoghi di Provincia, gli studiosi non hanno maniera di apprendere utili cognizioni.
Nel 1799 nell’abolita casa dei Gesuiti di Napoli si fondò un Collegio per nobili giovanetti, detto Ferdinandeo, ed un Conservatorio al Carminello per l’istruzione delle orfane povere.
Nel 1778 fu creata l’Università di Cattaneo, nell’anno seguente quella di Palermo sotto il titolo di Accademia, con teatro anatomico, laboratorio chimico, ed un ricco gabinetto fisico.
Fondò una specola astronomica nel Palazzo Reale di Palermo, diventata celebre per l’illustre Teatrino Giuseppe Pazzi; altro osservatorio astronomico fondò sulla Torre di San Gaudioso in Napoli.
Sorsero in Sicilia 4 Licei e 18 Collegi e molte Scuole Normali.
Fondò in Palermo un seminario nautico per l’istruzione di marini, commercianti.
Istituì una deputazione per sorvegliare tutti i Collegi del Regno.
Anche i Greci Albanesi, sparsi in Sicilia e in Calabria, sperimentarono la beneficenza di Ferdinando IV: furono riuniti in colonie, in diversi villagi, si fondarono due Seminarii e varie scuole per essi.
S’istituì un Vescovado per rito greco-unito, ed egli accordò loro, per quei del Continente, uno stabilimento in Brindisi, onde esercitarvi il commercio.
Nel 1778 istituì l’Accademia delle scienze belle arti nel palazzo degli Studi a Napoli. Fondò una Società letteraria Tipografica.
Aprì una Biblioteca in Palermo, che è una delle più ricche in Italia, facendole dono de’ libri che egli aveva comperati con proprio danaro dal Canonico Barbarici.
Dopo aver ordinato le 3 Università del Regno, creò quelle cattedre richieste dal progresso delle scienze, così si videro per la prima volta negli ospedali quelle di ostetricia e di osservazioni chirurgiche.
Scelse i più grandi ingegni, senza badare a politica opinione, e così insegnarono il Genovesi, il Calmieri, il Galanti, il Troja, il Pedagna, il Cavalieri, il Serrao, il Gagliardi.
Onorò i sommi dell’arte musicale di quei tempi, come Cimarosa, Guglielmo, Paisiello, destinando quest’ultimo a maestro del Principe ereditario; somministrò i mezzi a molti giovani artisti per perfezionasti in Roma.
Questi è quel Re che i rivoluzionarii hanno l’impudenza di chiamare ignorante, nemico dell’intelligenza e de’ dotti.
Molti decreti utilissimi emanò circa l’industria ed il commercio.
La pesca del corallo si deve a lui, ed a Napoli fondò la Borsa del Cambio.
Cedette a canone e provvide di ottime leggi il Tavoliere di Puglia, facendo sorgere molte colonie in quei deserti.
Nel 27 maggio 1787 esentò per 40 anni da ogni dazio tutti coloro che avessero piantati oliveti in terreni ingombri di macchie, ed agli allevatori di bestiame che li avessero raccolti in determinati luoghi.
Fondò Monti frumentarii che somministravano il grano per la semina negli anni di scarsezza.
Restaurò ponti, ne fece de’ nuovi, prosciugò maremme, arginò fiumi, eseguì lavori utilissimi in luoghi malsani, ed acquistava terreni vergini all’agricoltura.
Nel 1790 bonoficò la Baja di Napoli.
Abolì i donativi che i cittadini erano costretti a fare al Sovrano ed ai Baroni, e quando diè la sposa al Principe ereditario, e la città di Napoli offrese al Re una gran somma,egli la rifiutò, accettando solo 70 mila ducati che fece dividere ai poveri della città stessa.
Ferdinando fece abolire molte tasse, dirette ed indirette, cioè quella di grascina, degli allogati, del tabacco, de’ pedagi, ed in alcune provincie quella della seta, ed altre.
Nel terremoto delle Calabrie si mostrò vero padre de’ suoi popoli, soccorrendo i danneggiati.
In quelle nefasta occasione duecento tra villaggi, paesi e città subissarono, seppellendo più di 60 mila calabresi.
Prima che la rivoluzione francese del 1789 con modi tanto selvaggi ed abominevoli avesse distrutto la feudalità, i Borboni di Napoli l’avevano divelta legalmente.
Dall’epoca della maggiorità di Ferdinando sino ai primi moti rivoluzionari, il Governo di quel Sovrano fu equo, caritatevole, e di graduale progresso per le leggi, per l’istruzione, per l’industria, per il commercio, per le finanze, per la marina.
Ora vedremo se nel secondo periodo fu così tiranno come l’hanno dipinto gli scrittori rivoluzionari.
Nella sua minore età furono aboliti molti Conventi, però le rendite non furono convertite a vantaggio de’ “patriotti”, ma furono invece assegnate a’ Comuni a cui quei Conventi appartenevano.
Ecco le opere pubbliche fatte sotto quel Re.
Il 4 settembre 1762 si diede principio al Camposanto di Napoli, e fu il primo Cimitero fondato in Italia.
Si popolarono le isole di Ustica e di Lampedusa, la prima nel 1760, la seconda nel 1765, togliendo così un asilo a’ corsari barbareschi. In Ustica edificò un Castello per guarentirla.
Nel 1763 e 1764 fu il Regno travagliato dall’epidemia e dalla fame, ed in quella triste circostanza spiegò il Governo una energia degna di ogni lode.
Restaurò la facciata del Palazzo Reale di Napoli nel 1767.
Ingrandì ed allineò la strada di Foria nel 1768.
Costruì tre Teatri, cioè quelli de’ Fiorentini, quello del Fondo, e quello di San Ferdinando.
Nel 1799 innalzò la Fabbrica de’ Granili.
La Villa Reale cominciò nel 1780.
Sono opere di quel Re i quattro Cimiteri della Città del Napoli.
Anche in Palermo edificò un magnifico Camposanto.
L’orto botanico di Palermo, la Villa inglese di Caserta, il Cantiere di Castellamare, il piccolo porto di Napoli, i lavori dell’emissario di Claudio, il Palazzo Reale di Cardito, innalzato nel 1793, debbonsi a lui.
Fece costruire molte case per congiungere Napoli con le Provincie, ed in soli 14 anni ne furono fatte più di mille miglia.
Stabilì la Colonia di San Leucio, facendo venire dall’estero artefici e macchine.
Fondò parecchi Collegi militari.
Rifondò la marina, ed era talmente amato da’ suoi Napoletani che, bruciatosi il 3 aprile 1790 il Vascello Ruggiero, in costruzione a Castellamare, vi volle fare cosa grata al Re, coll’offrigli per sottoscrizione volontaria un milione di Ducati perché costruisse un altro vascello simile a quello incendiato.
Fondò un’Accademia per le armi dotte.
Riordinò l’esercito.
Nel 1788 si pubblicarono le ordinanze militari pel servizio delle piazze forti del Regno.
L’anno seguente si pubblicò il Codice penale militare.
Nel riordinare l’esercito e la flotta, quel buon Sovrano non trascurò le opere di beneficenza.
Fondò la cassa degli orfani militari, provvedendola di una rendita di 30 mila ducati annui, ad unico oggetto di educare i figli de’ militari defunti, e dotarne le figlie.
Molto fece per l’istruzione pubblica.
Nel 1768 stabilì una scuola gratuita per ogni Comune del Regno e per ambo i sessi, e con decreto dello stesso anno prescrisse che in tutte le Case religiose si tenessero scuole gratuite per fanciulli, ed in ogni Provincia introdusse un Collegio per educare la gioventù.
Oggi si pagano tasse ginnasiali e liceali, e prima non si pagava nulla; oggi che hanno regalato l’istruzione obbligatoria, se non si hanno i mezzi come mantenere i figli ne’ capoluoghi di Provincia, gli studiosi non hanno maniera di apprendere utili cognizioni.
Nel 1799 nell’abolita casa dei Gesuiti di Napoli si fondò un Collegio per nobili giovanetti, detto Ferdinandeo, ed un Conservatorio al Carminello per l’istruzione delle orfane povere.
Nel 1778 fu creata l’Università di Cattaneo, nell’anno seguente quella di Palermo sotto il titolo di Accademia, con teatro anatomico, laboratorio chimico, ed un ricco gabinetto fisico.
Fondò una specola astronomica nel Palazzo Reale di Palermo, diventata celebre per l’illustre Teatrino Giuseppe Pazzi; altro osservatorio astronomico fondò sulla Torre di San Gaudioso in Napoli.
Sorsero in Sicilia 4 Licei e 18 Collegi e molte Scuole Normali.
Fondò in Palermo un seminario nautico per l’istruzione di marini, commercianti.
Istituì una deputazione per sorvegliare tutti i Collegi del Regno.
Anche i Greci Albanesi, sparsi in Sicilia e in Calabria, sperimentarono la beneficenza di Ferdinando IV: furono riuniti in colonie, in diversi villagi, si fondarono due Seminarii e varie scuole per essi.
S’istituì un Vescovado per rito greco-unito, ed egli accordò loro, per quei del Continente, uno stabilimento in Brindisi, onde esercitarvi il commercio.
Nel 1778 istituì l’Accademia delle scienze belle arti nel palazzo degli Studi a Napoli. Fondò una Società letteraria Tipografica.
Aprì una Biblioteca in Palermo, che è una delle più ricche in Italia, facendole dono de’ libri che egli aveva comperati con proprio danaro dal Canonico Barbarici.
Dopo aver ordinato le 3 Università del Regno, creò quelle cattedre richieste dal progresso delle scienze, così si videro per la prima volta negli ospedali quelle di ostetricia e di osservazioni chirurgiche.
Scelse i più grandi ingegni, senza badare a politica opinione, e così insegnarono il Genovesi, il Calmieri, il Galanti, il Troja, il Pedagna, il Cavalieri, il Serrao, il Gagliardi.
Onorò i sommi dell’arte musicale di quei tempi, come Cimarosa, Guglielmo, Paisiello, destinando quest’ultimo a maestro del Principe ereditario; somministrò i mezzi a molti giovani artisti per perfezionasti in Roma.
Questi è quel Re che i rivoluzionarii hanno l’impudenza di chiamare ignorante, nemico dell’intelligenza e de’ dotti.
Molti decreti utilissimi emanò circa l’industria ed il commercio.
La pesca del corallo si deve a lui, ed a Napoli fondò la Borsa del Cambio.
Cedette a canone e provvide di ottime leggi il Tavoliere di Puglia, facendo sorgere molte colonie in quei deserti.
Nel 27 maggio 1787 esentò per 40 anni da ogni dazio tutti coloro che avessero piantati oliveti in terreni ingombri di macchie, ed agli allevatori di bestiame che li avessero raccolti in determinati luoghi.
Fondò Monti frumentarii che somministravano il grano per la semina negli anni di scarsezza.
Restaurò ponti, ne fece de’ nuovi, prosciugò maremme, arginò fiumi, eseguì lavori utilissimi in luoghi malsani, ed acquistava terreni vergini all’agricoltura.
Nel 1790 bonoficò la Baja di Napoli.
Abolì i donativi che i cittadini erano costretti a fare al Sovrano ed ai Baroni, e quando diè la sposa al Principe ereditario, e la città di Napoli offrese al Re una gran somma,egli la rifiutò, accettando solo 70 mila ducati che fece dividere ai poveri della città stessa.
Ferdinando fece abolire molte tasse, dirette ed indirette, cioè quella di grascina, degli allogati, del tabacco, de’ pedagi, ed in alcune provincie quella della seta, ed altre.
Nel terremoto delle Calabrie si mostrò vero padre de’ suoi popoli, soccorrendo i danneggiati.
In quelle nefasta occasione duecento tra villaggi, paesi e città subissarono, seppellendo più di 60 mila calabresi.
Prima che la rivoluzione francese del 1789 con modi tanto selvaggi ed abominevoli avesse distrutto la feudalità, i Borboni di Napoli l’avevano divelta legalmente.
Dall’epoca della maggiorità di Ferdinando sino ai primi moti rivoluzionari, il Governo di quel Sovrano fu equo, caritatevole, e di graduale progresso per le leggi, per l’istruzione, per l’industria, per il commercio, per le finanze, per la marina.
Ora vedremo se nel secondo periodo fu così tiranno come l’hanno dipinto gli scrittori rivoluzionari.
Furono gli uomini di lettere, ed in specie i poeti,… che, mentre con la più grande servilità adulavano i Sovrani, sordamente e vigliaccamente attaccarono la religione, principale e forse unico sostegno di quel potere così da loro applaudito.
Affievolirono la religione, depravarono i costumi, cambiarono il gusto, indebolirono l’onore Nazionale, ed arrivarono a distruggere fin la gloria delle armi9, erigendo altari fino a quel mendace filosofismo che ha Dio per nemico, per fine la voluttà e la “ragione”.
I Borboni che rappresentano in Europa il diritto divino, furono i primi ad essere assaliti rabbiosamente dalla cosmopolita rivoluzione, divenuta poi dominatrice de’ popoli.
Tutte le rivoluzioni di fanno in nome della libertà, e tutte logicamente finiscono per diminuire ed opprimere la libertà.
Due sono le repressioni possibili nella società, l’una interna, l’altra esterna, l’una religiosa, l’altra politica, ed esse sono di tal natura che quando l’una sale l’altra discende; quando la religione è rispettata, e si esercita, la politica è tranquilla;
quando invece è manomessa e non curata, allora ci vuole la repressione politica, e la tirannia individuale de’ partiti si eleva.
E’ questa la legge dell’umanità.
Guardate il mondo prima che sorgesse il simbolo della Croce, e vedrete che la Società si componeva solo di tiranni e di schiavi. La libertà, vera libertà di tutti e per tutti, non è venuta al mondo che col suo Salvatore.
Gesù fondò coi suoi discepoli la sola Società che abbia esistita senza un governo. Fra essi altro non si era che l’amore de’ discepoli verso il maestro e l’amore del maestro per i suoi discepoli. Germogliarono le eresie e divenne necessario un governo.
I primi cristiani non avevano ancora Tribunali, ma vi erano contestazioni, e per conseguenza arbitrii. A misura che la corruzione si sviluppava, il governo s’ingrandiva. Arrivarono i tempi feudali.
La religione era potente, però intaccata dalle passioni umane. La necessità si fece sentire di un governo effettivo, che, quantunque fosse debole, pure si era una Monarchia feudale.
Lo scisma Luterano nel sedicesimo secolo ci portò con questo scandalo politico e sociale, con quest’atto di emancipazione intellettuale e morale e de’ popoli, l’istituzione della Monarchia assoluta. E non basta.
Il termometro religioso discendeva ancora e la repressione politica si elevava gigante, ed avemmo gli eserciti permanenti, ed avemmo la polizia e l’amministrazione centralizzazione, ed ora, che seguita a ribassare ogni religiosa credenza, non si abbiano altra prospettiva che la rivoluzione.
Di due cosa l’una, o vince la reazione religiosa, o seguiterà l’andazzo d’indifferenza e persecuzione.
Se ci è reazione religiosa, vedrete che, a misura che monterà il termometro religioso, comincerà a discendere naturalmente, spontaneamente, dalla parte de’ popoli e de’ governi, il termometro politico, fino a segnare la temperata cifra della libertà delle Nazioni.
Ma se al contrario continua a discendere il termometro religioso, non so dove ci arresteremo, o, per meglio dire, tremo pensandoci.
Se non vi era bisogno del Governo fin quando esisteva la repressione religiosa, ora che questa più non esiste non crediamo che alcuna forma sarà sufficiente a reprimere l’orgoglio e l’ambizione sociale, e disgraziatamente vediamo il male tanto profondo da credere possibile, sì, ma non probabile, l’unico mezzo di salute sociale, cioè quello di una reazione religiosa.
Il 21 gennaio del 1793, Luigi XVI, la Regina Maria Antonietta d’Austria, e la sorella del Re, furono assassinati da feroci settarii, i quali consegnarono ad un brutale calzolaio il Delfino di Francia, sicuro di farlo morire, come morì, di stenti e di fame.
Assassinarono la nobiltà francese e i preti, senza risparmiare né condizioni né sesso, e quando non ebbero più gente onesta da uccidere si ammazzarono tra loro, proclamando i diritti dell’uomo.
Abolirono qualunque religione, e ne crearono una chiamandola Teofialntropia. Contaminarono tabernacoli e altari di Dio, ponendovi, ed adorandovela, una baldracca nuda, la Meignard, che chiamarono la Dea Ragione, propriamente quando della ragione avevano perduto, si può dire, ogni vestigio, e si erano resi più schifosi dei bruti.
Ferdinando IV e Maria Carolina seppero a Vienna i fatti della rivoluzione francese, e ritornarono in patria, ove le smodate passioni si svilupparono rapidamente.
Resistette il Re dalle cominciate riforme, e pensò invece a difendere i suoi Stati da’ suoi nemici esterni, e da quelli che congiuravano per dare il proprio paese in preda allo straniero.
Propose una lega tra Principi italiani e concludeva così la sua Nota:
“Il Re delle Due Sicilie, ultimo al pericolo, si offre primo a’ cimenti, e ricorda ai Principi italiani che la speranza di campar soli è stata sempre la rovina d’Italia.”
Egli fece il possibile per salvare l’Italia dall’invasione e dal saccheggio francese, eppure dicono che quello era il sovrano tiranno.
Quella saggia ed animosa proposta non ebbe effetto.
Il Re di Sardegna, che aveva aderito alla Lega, si mostrò pentito della data adesione, ed i suoi popoli furono i primi spogliati e fatti servi da’ rivolzionarii francesi.
Volle Ferdinando organizzare la difesa, ordinò nuove leve, assoldò Dalmati e Svizzeri, accrebbe i Reggimenti mercè molti volontarii di famiglie patrizie; mancando di Generali invitò forestieri, tra questi diversi Principi di casa Reale.
Il Principe di Assia Philipstail si distinse molto.
Gli arsenali del Regno fabbricavano armi, nel deposito di Castel Nuovo si stabilì un deposito di 60 mila fucili. L’artiglieria fu accresciuta, le navi da guerra aumentate, epperò i settarii gridavano alla tirannia ed alla dissipazione del denaro dello Stato. Il Re delle Due Sicilie non poteva lottare colla repubblica francese; non poteva che esserne la vittima.
Lasciato solo, e per non esporre Napoli ad esserne bombardata, dovette accettare l’ultimatum dell’ammiraglio La Touche, e permettere che le sue navi col pretesto di approvvigionarsi restassero a Napoli, dando i suoi Ufficiali consigli ed istruzioni per la rivolta.
Quella sanguinosa Repubblica francese, dopo di aver distrutto nella propria patria leggi, culti, proprietà e vita, si sparse per l’Europa, colle sue terribili legioni, avendola prima invasa colle folle dottrine, spargendo i semi di ribellioni.
L’Italia fu la prima aggredita.
L’esercito francese, condotto dai generali Scherer, Massena, Kellerman, invase il Piemonte. Gli austriaci l’arrestarono per poco. Fu nelle battaglie di Montenotte, Millesimo, Dego e Mondavi che si rivelò il genio guerriero di Napoleone Bonoparte, che aveva dato già prova di sé all’assedio di Tolone.
Quell’uomo tanto fatale all’Italia ed all’Europa, dopo aver vinto gli Austro-Sardi, si avanzò terribile e baldanzoso nelle pianure Lombarde, saccheggiando ed incendiando villaggi e città.
Il Re delle Sicilie, vedendo approssimare il nemico, provvide alla difesa. Formò un campo nelle pianure di Sessa, spedì truppe in Lombardia, ed i nostri soldati di cavalleria si distinsero a Cotogno, sul ponte dell’Oglio a Villeggio. I francesi però si resero padroni di tutta l’alta Italia, obbligando l’esercito austriaco ad abbandonare la penisola.
Poté Francesco conchiudere, il 1° novembre, a Parigi, un trattato di pace, pagando alla Repubblica di Francia otto milioni di lire; fu però solo aggiornato l’invasione del Regno, mentre i francesi, accantonati nello Stato Pontificio, incitavano i popoli alla rivolta, facendo propaganda repubblicana, e centro di cospirazione il ministro francese di Gazot a Napoli.
Pretensioni e provocazioni incominciarono più apertamente a farsi strada, ed indussero Ferdinando ad uscire dalla neutralità che era per lui peggiore della guerra.
Si avanzò dunque alla testa di 50 mila uomini nello Stato Pontificio. Comandava l’esercito Napoletano il generale austriaco Mack, mostrando in quell’occasione quanto era usurpata la sua fama di valoroso.
Egli divise e suddivise quelle truppe, ed entrò in Roma gonfio di effimero trionfo, mentre il generale francese Championnet, dalla frontiera ove erasi ritirato, prendeva l’offensiva, profittava degli errori del Mack, e batteva i Napoletani divisi in piccole colonne.
Lo disfece presso Ancona, ed al 20 dicembre marciò con tutto l’esercito francese sul Regno di Napoli.
Le popolazioni in armi, gli fecero, accanita resistenza.
Il popolo ruppe ogni freno, ed il Re fu costretto dagli inglesi a lasciare Napoli e stabilirsi a Palermo, raccomandando al suo Vicario Generale, Principe Pignatelli Strangoli, di salvare la sua diletta Napoli a costo di qualunque sacrificio, sacrificio che anche più nobilmente fu rinnovato dopo sessant’anni dal suo pronipote Re Francesco la sera del 6 Settembre 1860.