Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Gaeta tra mito e leggenda del folletto “Gliù Mazzamariello”

Posted by on Nov 7, 2020

Gaeta tra mito e leggenda del folletto “Gliù Mazzamariello”

Come le vere leggende ed i veri miti, quella del folletto biondo, vestito di rosso e con il capello con le campanelle, dispettoso, è sicuramente una di quelle “storie” che tutti i nonni hanno raccontato ai propri nipoti e se non i nonni sicuramente i propri genitori ai figli.

Per la Città di Gaeta, in alta Terra di Lavoro, il luogo ove sarebbe stato avvistato il dispettoso folletto pare coincidere con la zona di “Conca” precisamente presso l’ex palazzo di proprietà del farmacista Don Felice Gaeta, ora struttura denominata appunto “mazzamariello”.

La leggenda del folletto a Gaeta si colora anche di altri particolari aspetti, come per esempio il fatto che tale folletto si mostrasse appunto nelle zone non molto illuminate, da dove trae origine anche la frase … attenzione a dove vai perchè lì si assomma, ovvero potrebbe mostrarsi all’improvviso qualcuno, ossia il mitico folletto dal cappello rosso. 

Il “mazzamauriello” è una credenza popolare molto diffusa nell’ immaginario collettivo.

Egli veniva descritto come uno spiritello domestico furbo, agile e dispettoso che di notte si divertiva a disturbare il sonno delle persone producendo rumori di vario tipo: rottura di piatti, colpi sordi, cigolii di porte; e soffiando nelle orecchie dei dormienti.

Questa strana creatura dal volto di fanciullo incorniciato da una cascata di riccioli d’oro era alta circa un paio di palmi ed indossava un cappello rosso dal quale non si separava mai. Nei racconti si narrava dei dispetti che il folletto faceva a coloro che non si erano comportati bene, oppure dei benefici che questi aveva apportato presso le famiglie che lo avevano “ospitato”.

La sua permanenza nelle case, coincideva, molte volte, con periodi di prosperità e fortuna.

Si racconta anche che egli conoscesse il nascondiglio di antichi tesori e che elargisse preziosi doni a chi lo ospitava nella sua casa, purché la sua presenza rimanesse segreta. Infatti, rivelare la sua presenza in casa propria significava attirarsi la sua antipatia e l’accadimento di probabili sventure.

Sembra che un tempo, molte donne, prima di mettersi a tavola, portassero nel solaio il pranzo allo spiritello, proprio per accattivarsene la benevolenza.

Abbandonando un attimo il significato popolare del nome: il “Mazzamauriello” è lo spirito che “ammazza i mori o morelli – matas moros -“, cioè i nemici, e quindi è provvidenziale per la casa il cui entra.

Il “mazzamariello” gaetano ha delle differenze sostanziali, rispetto a quello sopra citato:

Innanzitutto ha caratteristiche fisiche diverse. E’ calvo, non ha i riccioli d’oro come gli altri; non indossa il saio, ha una tutina rossa e un berrettino dello stesso colore.

Disturba coi suoi incessanti passi gli abitanti della casa in cui si sofferma e ride se essi si spaventano.

Attenzione che quello gaetano non va confuso col munaciello partenopeo. Il mazzamariello nostrano è un folletto, non un monaco.

Non dà problemi digestivi e biliari a chi non lo rispetta, si limita a fare danni in casa, se avverte ostilità.

E ride di gusto quanto più provoca spavento.

La strada sulla quale era ubicato il palazzo era d’obbligo a quel tempo anche perchè le donzellette da marito si recavano a fare la novena alla Madonnina di Conca, accompagnate da una donna maritata. Abbiamo decine di testimonianze di signore che all’epoca lo videro apparire dietro le finestre del palazzo diroccato.

Alcune voci dicono che un tizio andasse lì per incontrarsi con l’amante e accendesse un lume rosso,sconfessando la credenza nel folletto.

Ovviamente se consideriamo che una volta la luce pubblica finiva prima del palazzo in questione, è facile pensare quanto si rendesse lugubre la zona e quanto si vedessero presenze magiche che erano puramente giochi di luce, da qui la fra qui si “assomma”.

E’ però bello crederci. Così come è bello poter pensare che Gaeta avesse un folletto “diverso” rispetto a quello tradizionalmente conosciuto in altre regioni.

Vi è chi poi sostiene anche che unitamente al folletto si potesse udire anche una voce che accompagnava le persone che sempre in quella zona portavano dei pesi in mano con le “sporte”. Cè infatti chi sostiene che queste persone udissero anche una flebile voce che sussurrava ai viandanti una frase di questo tipo “posa ca pes, aiz ca non pes”, ovvero, “alza il peso perchè non pesa, posa il peso perchè pesa”. Con tale frase il folletto impediva ai malcapitati di proseguire sul loro cammino, aumentando in loro la paura. 

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