Garibaldi a Carlo Lorenzini alias Collodi
“DA UN SUO MANOSCRITTO, O LETTERA, CHE L’”EROE” SCRISSE A CARLO COLLODI”TRATTA DAL ROMANZO “LE CONFESSIONI DI JOSEPH MARIE GARIBALDI’”
Una verità scomoda, o se preferite, sconvolgente dal punto di vista storico e del personaggio creato, fantomatico. E’ la “lettera scritta” da Giuseppe Garibaldi, o per meglio dire Joseph Marie Garibaldì che pochi giorni prima di morire inviò al professor Carlo Lorenzini, meglio conosciuto come Carlo Collodi. E’ tratta dal romanzo “Le confessioni di Joseph Marie Garibaldì“, .Giuseppe Garibaldi, qualche giorno prima di morire, scrive una lunga lettera allo scrittore Carlo Lorenzini, noto come Carlo Collodi, l’autore di Pinocchio. Si dichiara francese, a partire dal nome, Joseph Marie Garibaldì (accento sulla i finale), e mostra rimorso verso tutte le ingiustizie che vennero perpetrate nel nome di un’Italia che mai venne ad essere una nazione unita. Una storia non elogiativa, che si discosta in modo deciso dalle versioni ufficiali sull’Unità d’Italia e la Spedizione dei Mille. Una interpretazione degli eventi che getta una luce nuova, che costringe a riflettere su un revi sionismo che, se non stridesse con gli interessi attuali, sarebbe degno di esami e valutazioni oggettive. Il nostro, spogliatosi della veste d’eroe, chiede giustizia alle vittime tramite Collodi, confessandosi ad uno dei parlamentari del nuovo Stato unificato. La giustizia potrà essere dunque una meticolosa ricostruzione di ciò che fu e che non doveva essere. La storia chiede giustizia, in special modo quella Borbonica.
«Illustrissimo professore Carlo Lorenzini,
Scrivo con rispetto e gratitudine a Voi che decideste di farmi cosa grata riportando le mie memorie al popolo di una penisola che mai amai come avrei potuto, che mai difesi come avrebbe meritato. Una penisola che non fu mai e mai sarà la mia patria. Una penisola meravigliosa che io non solo non unificai, se non unicamente al nome, ma che addirittura divisi, e, per mia colpa, divisa sarà per sempre. […] codesto giorno, trentuno maggio ottantadue del secolo milleottocento, sono a ricordare la mia vita trascorsa, in attesa che venga definitivamente compiuto il mio destino […] forse non temo neppure: diciamo che attendo che presto sia fatta giustizia e chi mai può sapere se dopo la morte vi sarà giustizia?! Voi infatti penserete che io sia felicemente italiano: se così fosse le sorprese non vi mancheranno. Se vi aspettavate un patriota, troverete un avventuriero. Se vi aspettavate un probo, troverete un dissoluto. La spedizione dei mille fu realmente la più vile porcata che il suolo della penisola possa aver mai vissuto e, a questo punto, spero che mai sia costretta a rivedere. La mia vita era rivolta alla ricerca di fama e ricchezza: mi venne in mente di unificare l’Italia in quanto sarei potuto diventare potente e ricco.diventare potente e ricco. Cercai appoggi, soldi e falsi ideali su cui far leva e trovai qualcuno che, dopo avermi usato, mi mise da parte. Diciamo subito e senza giri di parole: il patriottismo in Italia non è mai esistito. Mi ricordano tutti come il patriota Giuseppe Garibaldi, ma queste sono voci, magari leggende, ma certamente menzogne. Mi chiamo Joseph Marie Garibaldì e, contrariamente, a quanto pensano molti, sono e mi sento francese.
Giovanni Coscia
fonte
La lettera di Garibaldi a Collodi e’ cosi’ sconvolgente che per crederla veritiera bosognerebbe vederla fotografata… Da inviare poi a tutte le testate dei giornali piu’ diffusi… e si vedra’ quanti hanno il coraggio di pubblicarla!
caterina ossi