Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

GARIBALDI E I SUOI CAMORRISTI

Posted by on Lug 8, 2018

GARIBALDI E I SUOI CAMORRISTI

1862 uso della forza per reprimere il CONTRABBANDO in Terra d’Otranto; ma i primi contrabbandieri erano camorristi che Garibaldi arruolò come prefetti

Circolare del 13 gennaio 1862 relativa alla necessità di reprimere il CONTRABBANDO in Terra d’Otranto e prevenire abusi e disordini, servendosi di Carabinieri Reali e Agenti di Pubblica Sicurezza.

Ma all’interno del nascente Stato Unitario all’inizio fu il salentino Liborio Romano che si rivolse ai camorristi (e contrabbandieri) per costituire la Guardia Cittadina; ed anche il capintesta Salvatore De Crescenzo e il capintrito Pasquale Merolle, che Garibaldi arruolò nel 1861 come prefetti, erano camorristi (e contrabbandieri); e ancora con i guappi (e contrabbandieri) Nicola Jossa e Nicola Capuano, dopo aver ricoperto incarichi nella Guardia Cittadina nel 1862 saranno convocati dal questore Aveta e promossi delegati di Pubblica Sicurezza. 

In questo documento si evince la necessità del Prefetto Elia di usare la forza per reprimere il contrabbando e adempiere così facendo agli ordini impartiti dal nascente regno d’Italia e dalla monarchia sabauda. La presente è la Circolare N.5 (originale del governo savoiardo, stampa datata Lecce – 13 gennaio 1862, firmata dal Prefetto Elia e indirizzata a Prefetti, Sindaci e Carabinieri Reali), contenente l’avviso della necessità di reprimere il CONTRABBANDO di sale e tabacco in Terra d’Otranto e prevenire abusi e disordini che esso potrebbe provocare, servendosi di Carabinieri Reali e Agenti di Pubblica Sicurezza.

Carabinieri e agenti di pubblica sicurezza venivano ricompensati con la riscossione di due terzi delle somme di ogni contravvenzione, che venivano devoluti in premio a coloro che scoprivano un contrabbando. Ci si chiede quanti contadini meridionali siano stati accusati falsamente di contrabbando.

Anche il Prefetto Francesco Elia, vice governatore in Terra d’Otranto dal 17 novembre 1861 al 6 luglio 1862 (anno in cui sarà nominato prefetto di Siena) come tutti gli altri Prefetti del Regno dei Savoia, interpretava il suo ruolo con rigore e sobrietà, dando volto e voce all’amministrazione regia.

I prefetti non furono mai il volto sorridente dell’Italia”; semmai “cercarono di esserne il volto austero, autorevole, solenne, che in ogni momento doveva rinnovare il messaggio della grandezza dell’obiettivo raggiunto e della necessità di moltiplicare gli impegni per completare l’opera. Si sentivano investiti del compito di rappresentare sul territorio l’unità della nazione, e per far questo dovevano trasmettere l’immagine di un’amministrazione coesa, solida, uniforme nei propositi come negli indirizzi“.
Cfr : “
http://diazilla.com/doc/529544/la-memoria-per-l-oggi.“.

Di sicuro l’entusiasmo per il coronamento del sogno unitario svanì immediatamente, sin da quando già nello stesso 1861 cominciarono a manifestarsi i problemi scaturiti da quell’unificazione – che ribadiamo fu una unificazione forzata, come emerge in maniera sempre più evidente dai documenti desecretati.


Sul discusso fenomeno del contabbando, va anche detto che a Unità avvenuta, i primi contrabbandieri furono alcuni camorristi appena dinvenuti tutori dell’ordine da Garibaldi. Infatti già sin dalle prime settimane successive all’ingresso di Garibaldi a Napoli (7 settembre 1860), il re dei due mondi aveva da poco inquadrato nel “nuovo” corpo di polizia (in qualità di tutori dell’ordine, commissari di polizia o ispettori) gli stessi camorristi napoletani … che ancora per alcune settimane continuarono a portare la coccarda tricolore sul cappello.
Gigi Di Fiore, Potere camorrista, Napoli, Guida Editore, 1993 ci dice che nel 1860 «La camorra prospera. Il contrabbando è la principale attività. Cresce proprio nei giorni della dittatura di Garibaldi […]. È roba d’o zì Peppe. E tutto viene lasciato passare. Lo zio Peppe, naturalmente è Garibaldi, che i camorristi, con i loro servigi, hanno favorito nel suo ingresso a Napoli».

In questa fase del nascente stato unitario, il capintesta Salvatore De Crescenzo (che nel periodo di transizione ricoprì il grado di caposquadra della Guardia Cittadina) decise di avocare alla sua squadra tutte le tangenti sul contrabbando di mare, mentre il capintrito Pasquale Merolle si riservò le tangenti sul contrabbando di terra. Tant’è che in quei mesi caotici e tumultuosi (e soprattutto nella confusione politica e amministrativa della città) i due camorristi sorvegliavano tutti i varchi della città e quando arrivavano a Napoli casse di merci, essi dicevano ai doganieri la famosa frase: è roba di zio Peppe, è roba di Garibaldi. Gli importatori dovettero così consegnare ai poliziotti (camorristi) congrue somme di denaro (ancora in Ducati) che confluiva quindi nelle casse della criminalità / da poco istituzionalizzata dallo stesso Garibaldi.

Questa fase del neonato Regno d’Italia segnata da inquinamenti camorristici nelle forze dell’ordine, terminerà (apparentemente) con l’avvento di Silvio Spaventa alla carica di direttore della polizia (antiborbonico e sottosegretario all’Interno che si distingurà per la repressione del brigantaggio meridionale)  il quale  sciolse le Guardie Cittadine, i garibaldini (che per alcuni mesi erano stati guidati dai capi della Bella Società Riformata) e il corpo delle Guardie Cittadine, che fu rimpiazzato con quello delle guardie di Pubblica Sicurezza. Il 26 aprile Spaventa aveva emanato un’ordinanza che faceva divieto ai componenti delle forze dell’ordine inquinati dalla Camorra di indossare l’uniforme fuori dalle ore di servizio. E infatti la Disposizione del prefetto di Terra d’Otranto Elia del 1862 era appunto inerente l’”Abuso di indossare la divisa o il berretto della Guardia Nazionale, da persone che non fanno parte della Milizia cittadina“. Ma nello stesso 1862 i guappi Nicola Jossa e Nicola Capuano, dopo aver ricoperto incarichi nella Guardia Cittadina saranno convocati dal nuovo questore Aveta e promossi delegati di Pubblica Sicurezza. Sarà Nicola Jossa ad arrestare Salvatore De Crescenzo. Fra settembre e ottobre 1862 furono arrestati e spediti nei carceri di Firenze e delle Tremiti 500 camorristi dediti al contrabbando. In sintesi si era anche sviluppata una sorta di “prassi del tradimento”, nel senso che se don Liborio Romano prima e Garibaldi dopo avevano avuto l’appoggio dei camorristi per conquistare Napoli e spodestare i regnanti Borbone, già nel 1862 quei camorristi venivano traditi dal governo piemontese. Fu una facile strumentalizzazione della malavita da parte dello stesso governo. Tant’è che i camorristi stentavano “a credere che chi si è servito di loro possa ora metterli in prigione“. Cfr : https://books.google.it. Il tradimento in fondo consisteva nel fatto di aver sfruttato la forza di quella manovalanza di tagliagole per poi conoscerli e individuarli per arrestarli.

Ecco che quell’unificazione forzata nasceva tumultuosa, malavitosa, caotica, fatta di tradimenti, menzogne, furti, omicidi, bustarelle; nella concreta confusione politica e con equilibri complessi,  giacchè le dirigenze amministrative delle varie città appena conquistate palesavano una crepa del governo centrale in cui convivevano sia le austere figure istituzionali sia altre figure poco o per nulla “affidabili” per spessore culturale o sociale, essendo soggetti presi dalla camorra locale, fra ladri e tagliagole, divenuti poi tutori dell’ordine. Ma anche con queste premesse (inquinate anch’esse dalla nascente camorra) si voleva formare l’Unità d’Italia ed è così che iniziavano dieci anni di guerra civile (1860 – 1870) e di guerra al brigantaggio la cui ferocia (legge Pica) cancellò dal meridione la memoria e la coscienza di ciò che erano gli Stati preunitari. Molti cittadini dell’ex Regno delle Due Sicilie (divenuti ormai “briganti”) lottarono fino all’estremo contro gli invasori piemontesi che parlavano francese o qualche dialetto piemontese, lombardo … Il “Risorgimento” nasceva quindi con gli accordi segreti del salentino Liborio Romano che si rivolse ai camorristi per costituire la Guardia Cittadina; con i tradimenti di un’elitè aristocratica feudataria meridionale ma antiborbonica, antimeridionale e filo liberale (De Pace, Libertini, Pisanelli, Massari); con una mobilitazione spaventosa di uomini e mezzi (che raggiunse l’acme nel 1863 quando furono concentrati nel Sud 100.000 soldati – che si aggiunsero ai 20.000 garibaldini; che non furono certo mille); con le false promesse di Garibaldi di “Terra e libertà per i contadini del Sud”, con la chiusura delle scuole meridionali per quindici anni, con le deportazioni a Fenestrelle (e in altri lager – i primi in Europa), con i falsi studi pseudo scientifici del piemontese Lombroso e le decapitazioni di migliaia di teste di meridionali purtroppo ancora conservate nell’ormai famoso museo dell’orrore in Torino, con la spoliazione delle casse del Regno Borbone, con lo smantellamento dei progetti ferroviari per il sud dell’epoca borbonica, con la (s)vendita dei beni della Chiesa e dei beni demaniali, con eccidi di donne e bambini e interi paesi letteralmente rasi al suolo, con il contrabbando interno al potere inquinato da camorra … ma anche con il potere che usa la forza per reprimere il contrabbando e il brigantaggio. Nel mezzo di queste e altre contraddizioni le nostre ricerche servono per continuare a svelare e rendere manifesti questi e tutti gli altri massacri e le menzogne propinate da troppi decenni di propaganda becera che è riuscita a creare i falsi miti funzionali all’ideologia di un sud arretrato da liberare e da salvare … con un -falso- Risorgimento appunto.
Peccato che su queste falsità han creato oltre 150 anni di propaganda che ripeto, è stata “becera”.

ps. Gilberto Oneto altro storico, afferma che Garibaldi pagò i camorristi napoletani con somme ingenti di denaro ed assegnazione di pensioni : «Nei giorni immediatamente successivi [all’entrata a Napoli, n.d.r.] il generale assegna alla camorra un contribuito di 75 mila ducati (circa 17 milioni di euro) che preleva dalle casse del Regno delle Due Sicilie (…) subito dopo Garibaldi attribuisce una pensione vitalizia di 12 ducati mensili (2.700 euro) a Marianna De Crescenzo (…), Antonietta Pace, Carmela Faucitano, Costanza Leipnecher, e Pasqualina Proto, e cioè l’intero vertice femminile della camorra” (Libero, 24.11.2010)

ricerche a cura del dott Giovanni Greco

 

Circolare del 13 gennaio 1862 relativa alla necessità di debellare il CONTRABBANDO in Terra d’Otranto e prevenire abusi e disordini, servendosi di Carabinieri Reali e Agenti di Pubblica Sicurezza. (Documento della collezione privata del dott Giovanni Greco)

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.