Gli arbereshe di Villa Badessa in Abruzzo
Un fenomeno unico nella storia delle minoranze in Italia è rappresentato dall’integrazione degli arbereshe nei territori del Regno di Napoli sotto la spinta di migrazioni in età aragonese, rinvigorite nel corso dei secoli sino al 1744 quando sorse l’ultimo insediamento albanese nel Sud Italia, a Villa Badessa.
A pochi chilometri da Rosciano, in provincia di Pescara, completamente immersa in una rigogliosa vallata bagnata dal fiume Nora, Villa Badessa, rappresenta la più settentrionale colonia italo-albanese d’Italia, nonché l’unico insediamento albanese in Abruzzo.
Ne abbiamo parlato con Diogenes Silvestri, orafo ed antiquario arbereshe, che a Villa Badessa è impegnato con l’associazione Shoqata Culturore Bhadesa, a salvaguardare la propria identità culturale.
“Nel 1743 genti provenienti da Piqèras e dai paesi della zona intorno Ljukòva, Kikùrsi, Nivizza e Corfu (l’antica Ke’rkyra), raggiunsero in Puglia i propri familiari al servizio di Carlo di Borbone nel Reggimento Granatieri Real Macedone per poi spostarsi in Abruzzo ed insediarsi nel tenimento di Pianella, specificamente in località note come Abbadessa e Piano di Coccia”, ci dice Silvestri.
Il sovrano concesse cittadinanza, accoglienza e terre agli arbereshe premiando la fedeltà del suo Reggimento Macedone, è forse questa la storia più plausibile all’origine di Villa Badessa.
Ma come vive oggi questa sua identità la comunità locale? Si è indirizzati al recupero della tradizione pura o questa si va mescolando ad elementi di modernità? “I giovani dal secondo dopoguerra si sono progressivamente staccati dalla tradizione pura, che comunque con il nostro lento, ma costante lavoro andiamo recuperando. La modernità poi è ormai come dappertutto, è insita nel tessuto sociale del villaggio”.
In questo percorso storico Villa Badessa ha purtroppo perso la sua lingua, ha sofferto la mancanza di una complessiva azione di tutela in un contesto che subiva la forte influenza esterna, sono invece altri gli elementi della tradizione che perdurano. E’ il caso del rito greco-bizantino.
A Villa Badessa, infatti, ancora oggi viene praticato il rito cattolico greco-bizantino del Tipikòn di Costantinopoli che gli Albanesi importarono con il loro arrivo nel XVIII secolo. E’ questo l’elemento che ha permesso alla comunità arbereshe di rimanere legata alla propria identità culturale: “Tuttora sopravvive solo la liturgia greco-bizantina, salvaguardata nella nostra piccola chiesa che conserva icone originali, anche risalenti al 1400, che la rendono fra le poche in Europa occidentale ad avere un simile patrimonio. Questa è l’unica differenza culturale che la lontananza da altri insediamenti ha permesso, anche se tuttora sopravvive una sola delle nostre concittadine in grado di parlare in lingua arbereshe”.
L’impegno per riscoprire e valorizzare la grande tradizione di Villa Badessa è faticoso ma portato avanti con tenacia: “A parte il rito greco bizantino nulla era tramandato. Nessuna tradizione artigiana è viva, a parte il mio personale interesse di orafo per la ricostruzione dei gioielli in stile arbereshe, e quello di alcune famiglia del villaggio per l’abito storico. Con l’associazione culturale Villa Badessa o Shoqata Culturore Bhadesa, abbiamo cercato di ritrovare, le radici, provando a recuperare il coro che canta in chiesa, in greco, ed anche tradizioni culinarie, abiti e gioielli. Da alcuni anni siamo pure affiancati in questa ricerca dall’Università di Teramo e realtà associative del territorio e, grazie a questo lavoro iniziato nel 1991, il comune di Rosciano, di cui Villa Badessa è parte, la Provincia di Pescara e la Regione Abruzzo, ci hanno riconosciuto come minoranza etnico-linguistica”.
Questo lavoro sembra portare buoni risultati con turisti e paesi vicini colpiti ed affascinati dalla diversità culturale: “I rapporti con i centri convicini sono dei più tranquilli, anzi da alcuni anni, il borgo viene visto con simpatia per la sua spiccata originalità. Chi ci visita resta affascinato dal borgo con la conformazione a pettine delle abitazioni su entrambi i lati la dorsale della collina; a oriente è posizionata la chiesa, che forma una strettoia sull’unica strada che attraversa il villaggio, mentre a occidene la riduzione o strettoia è formata da due case di antiche famiglie nobili, la costruzione del villaggio in questo modo, era di chiaro intento difensivo…. E’ soprattutto turismo religioso ed ovviamente grande meraviglia suscita sempre la chiesa, ma chi riesce a seguire una nostra funzione religiosa vive anche grandi emozioni per il pathos che caratterizza la nostra celebrazione rispetto ad una latina”.
Diogenes Silvestri si cimenta nello studio dei gioielli arbereshe, analizzandone materiali, tecniche costruttive e motivi decorativi, ma il suo interesse lo guida anche nella loro ricostruzione. Ha personalmente eseguito il restauro degli argenti della chiesa di Villa Badessa e lavorato ad una copia d’una croce d’argento arbereshe: “La croce ha un centrale in corallo rosso mediterraneo, che dovrebbe raffigurare il Cristo ed il panno rosso la passione, il tutto sostenuto da due angeli. È un gioiello eseguito con la tecnica dello sbalzo. Vi sono nell’intorno una serie di croci bizantine in una croce latina. Ritengo che questa croce sia una donazione, l’originale, di qualche ufficiale del reggimento Real Macedone e di fattura della scuola argentiera napoletana. Ho anche riprodotto degli orecchini sempre in argento con due grossi centrali in corniola, contornati da una seri di pendenti, con coralli rossi mediterranei. E’ facile che questi orecchini provengano dai villaggi di Pikerás perchè riflettono di molto l’influenza culturale ottomana”.
Ci congediamo dal nostro interlocutore con la convinzione che Villa Badessa meriti davvero d’essere conosciuta in tutto il suo immenso portato storico, culturale e religioso.
Autore articolo: Angelo D’Ambra
Foto gentilmente concesse da Diogenes Silvestri