Gli ultimi sovrani angioini: Giovanna I
Roberto d’Angiò, con ponderatezza e prudenza aveva fatto grande il Regno di Napoli; i suoi discendenti e nipoti, GiovannaI, Ladislao e Giovanna II, con leggerezza ed incoscienza contribuirono a perderlo. Lo storico Filippo Maria Pagano traccia un breve, ma efficace ritratto degli ultimi tre reali angioini.
Giovanna I, giovane ed inesperta, passò il suo tempo a difendersi dall’attacco e dalla tirannia dei magistrati e dei baroni, dal cognato Luigi d’Ungheria a cui aveva uccidere il fratello Andrea, suo marito e persino dal suo erede e nipote Carlo di Durazzzo. Il suo regno fu caratterizzato dalle guerre civili e dall’anarchia. Non fidandosi dei prepotenti baroni che pur dovevano militi e servizio militare alla Corona, Giovanna fu la prima ad assoldare nel Regno i capitani di ventura con le loro compagini di soldati mercenari, aggravando il Regno di ulteriori spese. E fu per far fronte a queste nuove spese che la Corona iniziò a vendere feudi che, prima, venivano regalati a militi meritevoli.
Ladislao, vendicativo e divorato da cieca ambizione, mosse guerra a tutto e tutti pur di ottenere quello che voleva e per ottenerlo cominciò a vendere città e terre demaniali tolte ai ribelli ed anche agli amici.
Giovanna II, pur cercando di governare il suo Regno con leggi abbastanza giuste, si lasciava dominare facilmente dai suoi favoriti e se da una parte aiutava, dall’altra opprimeva. E fu proprio la sua debolezza a lasciarsi condizionare dagli altri che mise il punto alla dinastia angioina.
Ma il gene che accomunava questi tre sovrani era senza dubbio quello della libidine. I loro appetiti sessuali erano insaziabili e per essi sacrificarono mariti, mogli ed amanti.
Eppure il popolo napoletano, sempre tollerante, amava questi tre infelici viziosi e, come un padre, li rimproverava e biasimava, ma li proteggeva a spada tratta.
Qualche giustificazione al suo scriteriato modo di fare Giovanna I ce l’ha. Diventata regina a 16 anni, alla morte del nonno Roberto avvenuta nel 1343, era decisamente troppo giovane ed inesperta per governare un regno grande e complesso come quello di Napoli. Inoltre era una delle primissime donne a regnare per diritto ereditario in un mondo di maschi e questo non lavorava certo a suo favore.
Nonno Roberto tutto questo lo sapeva perciò era stato previdente ed aveva pensato a tutto. O almeno ci aveva provato. Aveva cercato di proteggerla, inutilmente devo dire, da tutti i lati, organizzando per lei il matrimonio col parente Andrea d’Ungheria, fratello di Luigi, re d’Ungheria a cui aveva promesso l’altra nipote, Maria, sorella di Giovanna, matrimonio che però non avvenne mai.
Con il matrimonio di Giovanna ed Andrea, Roberto aveva voluto proteggere la nipote da possibili e legittime rivendicazioni al Regno di Napoli da parte dei parenti ungheresi, estromessi a suo tempo proprio a causa della sua elezione a re, e aveva voluto affiancarle un uomo che sapesse difendere lei e il regno dagli attacchi e dalle ben note prepotenze e manipolazioni dei baroni. Tuttavia, per meglio difendere la nipote dalle mire espansionistiche dei parenti ungheresi, Roberto mise una clausola al suo testamento: che il regno sarebbe stato di Giovanna e non di suo marito, il quale aveva diritto solo al titolo di principe consorte.
Ma la politica è una cosa e l’amore un’altra e non sempre è possibile conciliarle.
Andrea non era certo il bel principe delle favole e Giovanna, bella, colta e signorile, non poteva innamorarsi di un uomo rozzo, ignorante e tracagnotto quale era Andrea, il quale se ne andava sempre in giro con una torma di ungheresi simili a lui. Giacere nello stesso letto con un uomo così non doveva essere per niente piacevole per Giovanna e il loro matrimonio fu abbastanza infelice, nonostante la nascita del figlio Carlo. In realtà Giovanna era da sempre innamorata di Luigi di Taranto, un altro cugino con cui aveva invece molto in comune.
Di questa infelice unione reale cercarono di approfittarne molti uomini che volevano guadagnare un regno e molte mamme di palazzo, intriganti e pettegole, che non aspettavano altro che vedere sul capo dei loro figli la corona di re e loro stesse salire uno scalino della scala reale.
Luigi di Taranto, consapevole delle simpatie che la regina aveva per lui, con l’aiuto della mamma Caterina di Valois Courtenay riuscì a ficcarsi nel letto della regina e a rimanerci, diventando suo amante e poi marito.
L’altro furbone fu Carlo d’ Angiò Durazzo, il quale seguì anche lui un piano strategico architettato dalla sua intrigantissima madre, Agnese di Perigord, e da Filippa la Catanese, governante di Giovanna, e su loro consiglio, rapì e sposò clandestinamente Maria, sorella di Giovanna. Infatti, secondo il volere di nonno Roberto, se Giovanna fosse morta senza eredi, Maria sarebbe diventata regina e il marito principe consorte. Probabilmente Carlo voleva fare in modo che le cose andassero proprio in quel verso.
Questo rapimento non suscitò nessuno reazione da parte di Luigi d’Ungheria, promesso sposo di Maria, semplicemente perché egli stesso, contravvenendo ai patti, si era sposato con Margherita di Boemia.
Ad Andrea d’Ungheria, però, non andava giù il fatto di dover essere semplicemente principe consorte: la sua ambizione era di diventare re. Si diede tanto da fare presso la corte pontificia che ottenne dal papa Urbano VI l’invio di un suo Legato a Napoli perché lo incoronasse re. Con questa mossa Andrea firmò la sua condanna. Giovanna non poteva permettere l’usurpazione del regno da parte degli insolenti ungheresi, così come non potevano permetterlo tutti quelli che speravano di prendere il posto di Andrea accanto alla regina. E fu congiura.
Con la scusa di una battuta di caccia, la corte si portò ad Aversa dove Andrea, durante la notte, fu tirato fuori dal letto con una scusa e strangolato, il suo corpo gettato da una finestra. Era il 18 Settembre del 1345.
Nonostante si dichiarasse innocente di questo delitto, Giovanna non fu creduta da nessuno e lei, per togliersi dai guai o per vera innocenza, ordinò al Gran Giustiziere, che allora era Bertrando del Balzo, di catturare i colpevoli e punirli duramente. I colpevoli furono subito individuati nella famiglia della Catanese, governante di Giovanna, una ex lavandaia che una serie di fortunate congiunture e abili maneggi avevano portato in alto. Furono subito imprigionati la stessa Filippa; suo figlio Roberto Cabano, che era riuscito a diventare gran siniscalco grazie alla scaltrezza di sua madre; la nipote Sancha Cabano, molto intima di Giovanna e che della defunta regina Sancha aveva il nome.
Secondo lo storico Francesco Ceva Grimaldi, la congiura fu infatti ordita dalla Catanese alle spalle della regina per la segreta speranza che ella sposasse proprio suo figlio Roberto. Ma non tutti gli storici consultati sono concordi sull’innocenza della regina e sulla sua estraneità al fatto; alcuni la reputano parte rilevante di questa congiura.
Dopo l’arresto dei suoi amici, Giovanna, memore dei tanti momenti belli vissuti con loro, fece chiedere al Gran Giustiziere di non giustiziarli ed egli le fece rispondere di aver fiducia in lui. Ma Bertrando del Balzo non mantenne la promessa ed eseguì alla lettera gli ordini della regina, facendo atrocemente giustiziare i prigionieri, con grande soddisfazione della corte e del popolo che si liberava definitivamente di una famiglia molto scomoda.
Per questa disobbedienza, che era costata la vita ai suoi amici, la regina ebbe sempre rancore verso Bertrando del Balzo e la sua famiglia.
Due anni dopo, il 20 agosto 1347, Giovanna sposò Luigi di Taranto.
Il terribile episodio dell’uccisione di Andrea non piacque a nessuno: né al popolo, né al Papa, né a Luigi d’Ungheria. Il popolo cominciò a disprezzare la sua regina, il Papa la dichiarò innocente solo dopo processo e la cessione di Avignone al Papato e Luigi d’Ungheria, molto arrabbiato, calò in Italia per vendicare la morte di suo fratello. Il popolo del Regno, sdegnato verso la regina, gli aprì le porte come un liberatore.
Entrato in Aversa, Luigi scaricò la sua rabbia su Carlo di Durazzo perché non aveva saputo impedire l’omicidio e lo fece uccidere, facendolo gettare dalla stessa finestra da cui era stato gettato il corpo del fratello. Ma Luigi non si rivelò affatto un liberatore come aveva pensato il popolo napoletano: cominciò a far processi su processi, fece incarcerare e ammazzare moltissimi baroni, mandò in Ungheria il figlioletto di suo fratello e di lui non si seppe più nulla. E chissà cosa altro avrebbe combinato se non fosse sopraggiunta un’epidemia di peste che lo costrinse ad andarsene.
Giovanna non riprese più l’amore e il rispetto del popolo e la sua vita fu caratterizzata da scelte sempre sbagliate. Per non affrontare da sola le spinte che le venivano da ogni lato, ebbe il tempo di sposarsi altre due volte, nel 1363 col giovane Giacomo IV d’Aragona e nel 1373 con Ottone di Brunswick, ma nessuno di loro divenne mai re. Nello scisma d’occidente Giovanna parteggiò per il papa sbagliato, l’antipapa francese Clemente VII; allora il papa legittimo, Urbano VI, nel 1381 le tolse il regno, dichiarandola eretica e scismatica, e lo diede a Carlo di Durazzo, con il quale Giovanna aveva avuto già dei violenti conflitti e che comunque lei aveva nominato suo erede perché cugino e marito di sua nipote Margherita, figlia di sua sorella Maria.
Proclamato re di Napoli con il nome di Carlo III di Durazzo, il nuovo re fece imprigionare Giovanna nel castello di Muro Lucano e la fece ammazzare il 12 maggio del 1382,
E così fini, dopo quarant’anni, il regno della grande Giovanna, prima regina di Napoli.
Ma l’antico detto biblico “occhio per occhio, dente per dente” aspettava Carlo al varco.
Carlo III di Durazzo, infatti, non fu re di Napoli per molto tempo. Solo quattro anni, dal 1382 al 1386. Furono però quattro anni di intensi conflitti. Prima, con il suo cugino e rivale Luigi d’Angiò, anch’egli incoronato re di Napoli ad Avignone dall’antipapa Clemente VII; poi con lo stesso papa Urbano VI che invece, a Roma, aveva incoronato lui e che gli si rivoltò contro perché non aveva ricevuto i compensi stabiliti per il suo appoggio alla causa durazzesca.
La sorte volle che nello stesso 1382 morì Luigi d’Angiò e Carlo rimase re assoluto di Napoli. Ma Luigi aveva lasciato il trono d’Ungheria alla figlia Maria. Allora Carlo, risolta la questione con il papa, si recò in Ungheria per reclamare il trono come unico erede maschio del ramo principale angioino. A Buda sicuramente non lo attendevano a braccia aperte e la regina madre Elisabetta, moglie del defunto Luigi, lo fece catturare e rinchiudere in prigione a Visegrad, dove morì avvelenato il 24 Febbraio del 1386.
fonte
blog.carinolastoria.it
Testi consultati.
Archivio Storico Napoletano – tomo 13 – Firenze 1861
Agnese Palumbo – Maurizio Ponticelli: Il giro di Napoli in 501 luoghi – Roma, 2014
Angelo di Costanzo: Istoria del regno di Napoli – Tomo terzo- Napoli, 1769
Carlo Pecchia: Storia civile e politica del Regno di Napoli – Napoli, 1783
Domenico Crivelli: Della prima e della seconda Giovanna, Padova 1832
Filippo Maria Pagano: Istoria del Regno di Napoli – Palermo, 1835
Giovanni Antonio Summonte: Historia della città e del Regno di Napoli – tomo terzo- Napoli, 1748
Niccolò Morelli: Vite de’ re di Napoli, Napoli 1849
Pietro Giannone : Istoria civile del regno di Napoli -Volume 6 – Milano, 1823
Sara Prossomariti: I signori di Napoli – Roma, 2014
Tommaso Costo: L’apologia storica del Regno di Napoli…, Napoli 1613
Giovanni Bausilio: Storie antiche di una Napoli antica – Frosinone, 2016
Storia del Regno di Napoli e suo governo dalla decadenza dell’imperio romano …
Francesco Capecelatro: Storia di Napoli : Periodo angioino, Regno …, Volume 3