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I Borbone nel Regno delle Due Sicilie Di Michele de Sangro Duca di Casacalenda

Posted by on Ago 3, 2019

I Borbone nel Regno delle Due Sicilie  Di Michele de Sangro Duca di Casacalenda

Firenze, lì 12 giugno 1884 Da questo vice-regnale servaggio ci riscattò nel 1734 Carlo di Borbone, nato da Filippo V e da Elisabetta Farnese nella Reggia di Madrid nel 1716. Primo nato di seconde nozze non aveva Regno, epperò la madre sua ottenne per l’infante la Real Corona di Toscana e di Parma.

Ma, avendo egli 17 anni, era avido di gloria e di Signoria maggiore; cosicché si mise alla testa di 16000 fanti e 5000 cavalieri, comandati da quanto vi era di più nobile in Francia, in Spagna ed in Italia, e mosse alla volta di Napoli. Erano con lui un Duca di Bervick, del sangue reale d’Inghilterra, il Conte di Marsillac, francese, il Duca di Eboli, il Principe di Torella Caracciolo, e Don Nicolò de Sangro, napoletani. Batté gli alemanni a Mignano, e nel 10 di maggio entrò in Napoli, con gran pompa, tra le esultanze straordinarie del popolo, facendo spargere per la Città una gran copia di monete di oro e di argento. Appena messo in ordine il governo di Napoli, andò in Sicilia per farsi incontrare. Giunto a Messina, concesse scalo franco a quel porto, cioè franchigia di ogni dazio di importazione e di esportazione di generi ed affetti. Il 25 marzo 1735 approdò in Messina un vascello spagnolo che portava al Re 47 casse piene di Colonnate, ed altre due di monete d’oro, che gli mandava l’augusta genitrice Elisabetta Farnese. In quei tempi la Spagna era ricchissima, avendo a sua disposizione le miniere di oro e di argento trovate da poco tempo in America, ed una buona quantità di metalli servirono a Carlo III, per fondare la Monarchia, rendendo il Regno indipendente e monumentale. Fece egli trasportare da Parma tutti i capolavori, de’ più rinomati artisti del mondo, che erano di sua privatissima proprietà, e che oggi si ammirano nel Museo di Napoli, a cui, per riconoscenza del fondatore, hanno perfino tolto il nome di Borbonico, chiamandolo Nazionale. Alla sua incoronazione, che successe il 3 luglio 1735 a Palermo, aveva fatto coniare una grande quantità di monete di argento, dette mezze pezze, e di oro, dette onze, col motto Fausto coronationis anno. Quando uscì dalla Cattedrale i suoi Tesorieri gettarono in mezzo al popolo circa 500 000 Ducati. Costretto a difendere la sua corona ed i suoi popoli dall’invasione straniera, e da quei tedeschi di cui oggi ci diciamo alleati, ricevette proteste di affetto indescrivibile. La sola Napoli gli fece dono di 300 000 Ducati per quella guerra eminentemente Nazionale. Era tanta la magnanimità di quel Principe, ed era tanto sicuro dell’amore de’ suoi soggetti, che prima di partire per respingere gli stranieri invasori del Regno mise in liberà quelli che si trovavano in prigione come partigiani austriaci. I “patrioti”, i liberali, che gridano contro la ferocia del Re, appena ghermiscono il potere mostrano la loro natura atroce. Gli orribili massacri nelle prigioni di Parigi nel 1792, quando l’esercito Repubblicano andava a combattere gli invasori della Francia; i realisti trucidati dai repubblicani di Napoli nel 1799, quelli fucilai da Manhes sotto la dominazione francese, gli altri fucilati dai piemontesi, le abominevoli Leggi Crispi e Pica, gli orrori della Comune di Parigi, rispondano per noi. Col rifare indipendente lo Stato ci apportò Carlo III, sicurezza, industria e ricchezza. il Palazzo di Portici. Il Forte del Granatello. La Fabbrica di Porcellane di Capodimonte. Il Ritiro delle Donzelle povere dell’Immacolata Concezione. L’Opera del Vestire gli ignudi. A Palermo il Collegio de’ Chierici regolari detto delle Scuole Pie. Il magnifico Obelisco di San Domenico a Napoli. Il Teatro di San Carlo, compiuto in 270 giorni. La Casina di Persano. Il Palazzo Reale ed il bosco di Capodimonte. Gli Scavi di Ercolano e di Pompei, comprendo del tutto i suoi fondi. L’Accademia Ercolanese. La Fabbrica de’ Musaici. La strada della Marinella e del Chiatamone. Il Molo ed il Porto. L’Immacolatella. La Piazza del Mercatello. Il grande Albergo de’ Poveri a Palermo. Il Quartiere di Pizzofalcone. Il monastero delle Teresiane a Chiaja e l’altro a Pontecorvo. L’Obelisco delle Concezione al Gesù Nuovo. Il Quartiere di Cavalleria della Madellena. I due grandiosi Alberghi per i Poveri del Regno, l’uno a Porto Nolano, l’altro a Sant’Antonio Abate; per questo Albergo furono soppressi undici conventi Agostiniani e la rendita di 34 000 Ducati fu data ai poveri. Eresse il ritiro di S. Maria Maddalena per le donne ravvedute. A Capua, il Monastero delle Carmelitane. I quartieri militari di Aversa, Nola e Nocera. Restaurò i Porti di Salerno, di Taranto e di Molfetta. Rifece la Chiesa dell’Annunziata, di Napoli, incendiata. Il Palazzo di Caserta. Restaurò le fortezze, ne aggiunse di nuove. Creò l’esercito Nazionale e la flotta, che fu al prima fra quelle di second’ordine in Europa. Fondò fabbriche di oggetti militari, emancipandoci in parte dal monopolio straniero. Animò il commercio con trattati. Istituì consolati e Monti frumentarii. Apri strade. Fece leggi per l’incremento dell’agricoltura e per la pastorizia. Istituì accademia in varie Città del Regno e fondò nuove cattedre. Infine fu Carlo III che queste Provincie povere, abiette, abbruttite, tiranneggiate, dallo straniere, le rese ricche, rispettate, indipendenti, ponendole sulla via del vero progresso ed incivilimento. La Religione, che gli eretici hanno sempre minacciata, che l’aristocrazia non ha saputo difendere, era protetta dallo scettro, ed essa non si è mostrata né integrata, né sterile. Dappertutto apriva scuole, ed una brillante civilizzazione faceva sorgere da’ disastri accumulati dalle nuove guerre civili, e la società non era mai stata più forte, più unita, più coltivata. Da ogni classe ed in genere sorgevano uomini illustri. Il più grande abusi che si rimproverò in quell’età passata si era quello di considerare l’aristocrazia come un seminario di pubblici impiegati. Potremmo rispondere che in tutte le epoche il vero merito si faceva la sua strada, ed uomini eminenti salivano a’ primi posti della gerarchia, fondavano una famiglia, legavano il nome a’ discendenti loro, che quando lo portavano degnamente marciavano al pari con le più antiche famiglie della Monarchia. Ma ci contentiamo solo di domandare agli onesti chi offriva maggiore garanzia, se l’antica aristocrazia, o i Moderni Clubs, i giornali, le assemblee politiche, che sono anche oggi un’aristocrazia che si crea e costituisce de’ privilegi proprii. Nel 1749, morto Filippo V Re di Spagna, gli successe Carlo III, lasciando a Napoli il suo terzogenito, che fu Ferdinando IV, calunniato ed infamato da’ nemici della Monarchia, sol perché seppe superare il terribile 1799, e sol col suo ingegno e buon senso rimediò alla mancata istruzione che il Ministro Tanucci non gli aveva fatta dare.

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