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I criminali di guerra via da Napoli

Posted by on Dic 23, 2016

I criminali di guerra via da Napoli

Rimuovere i busti di Camillo Benso conte di Cavour e del generale Enrico Cialdini dal salone centrale della Camera di Commercio di Napoli. Approderà venerdì 23 dicembre in Consiglio comunale di Napoli, nell’ultima seduta pre-natalizia, un ordine del giorno voluto dal consigliere di « Napoli Capitale» Andrea Santoro che intende invitare il sindaco Luigi de Magistris «a farsi …

promotore presso la Camera di Commercio affinché si possano rimuovere i due busti, anche alla luce del ruolo della Commissione Toponomastica preposta a sovrintendere a targhe e statue non solo negli spazi pubblici, ma anche negli spazi privati aperti al pubblico».

Proprio come nel caso del salone centrale del grande Palazzo della Borsa, realizzato a fine ‘800 pochi anni dopo l’Unità d’Italia. La «sala delle grida», così è chiamato il salone centrale che accoglie chi entra nella sede della Camera di Commercio di Napoli, è dominata dai busti di Cavour, primo presidente del Consiglio dell’Italia unita, e di Enrico Cialdini, generale prima dell’Esercito del Regno di Sardegna e poi del Regno d’Italia, protagonista della guerra al brigantaggio nel Sud Italia culminata nei massacri di Pontelandolfo e Casalduni.

«L’Unità d’Italia è un valore acquisito che nessuno mette in discussione – assicura Santoro – ma vorremmo si parlasse di come le regioni del Sud allora siano state penalizzate e, ancora oggi, se c’è un divario tra Nord e Sud, è soprattutto perché quel tipo di annessione penalizzò enormemente il Mezzogiorno».

E «se è vero che la storia è scritta dai vincitori – spiega all’Adnkronos – a distanza di tanti anni è ormai arrivato il momento di ripristinare un minimo di verità storica. Quello che fece il Regno sabaudo piemontese fu un’invasione militare del Regno delle Due Sicilie, e per giunta personaggi come Cialdini si macchiarono di veri e propri crimini verso le popolazioni, con paesi rasi al suolo e atrocità inenarrabili. È giusto parlare di questi fenomeni che sono accaduti e sono stati cancellati dalla storiografia ufficiale ed è giusto anche che ci siano segnali forti». Ecco perché «la rimozione dei busti di Cavour e Cialdini da un luogo così prestigioso sarebbe un segnale importante». Magari ricollocandoli «in qualche museo dove si potrà raccontare la storia com’è realmente andata. Nessuno ne chiede la distruzione, ma lasciarli lì non è più consentito e tollerabile».

Già lo scorso 8 dicembre un gruppo di associazioni napoletane, riunite sotto la sigla «Gruppi di azione meridionale», hanno manifestato davanti alla sede della Camera di Commercio di Napoli per ottenere la rimozione «delle effigi monumentali dei massacratori delle popolazioni meridionali». Promotori dell’iniziativa Pietro Diodato, Sergio Angrisano e Carmine Ippolito, che hanno ottenuto dal consigliere comunale Santoro l’impegno a portare in Consiglio il documento presentato, per sottoporlo all’attenzione dell’aula in un apposito ordine del giorno.

Nella lettera presentata da Diodato, Angrisano e Ippolito al commissario straordinario della Camera di Commercio di Napoli, Girolamo Pettrone, e che «sarà poi inoltrata per conoscenza al Presidente della Repubblica, al ministro dei Beni culturali e al sindaco di Napoli», si ribadisce che «stando alle inconfutabili conclusioni della storiografia più accreditata, Cialdini, luogotenente generale del Re Vittorio Emanuele II, si è macchiato di efferati crimini di guerra e contro l’umanità in gravissimo danno delle popolazioni meridionali».

In particolare viene citato «l’inesorabile massacro degli abitanti di Pontelandolfo e Casalduni, avvenuto il 14 agosto 1861, all’esito del quale le due cittadine furono, per esplicito ordine di Cialdini, completamente raso al suolo». E se Cialdini fu «lo scrupoloso esecutore», allora «il Conte di Cavour, unitamente a Vittorio Emanuele II, fu senz’altro il mandante degli eccidi».

Alla luce di ciò si chiede «la rimozione delle effigi monumentali che campeggiano nel salone centrale della sede della Camera di Commercio di Napoli» in quanto «costituiscono permanente offesa alla memoria storica, alla dignità civile ed alla coscienza politica dei cittadini napoletani e delle popolazioni del Meridione d’Italia».

fonte: http://m.ilmattino.it/napoli/articolo-2148818.html

 

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