I murattiani nel Risorgimento
prima della fine del regno c’era tanta di quella confusione tra i pretendenti al comando della nazione napolitana che ci fu bisogno alla fine dell’applicazione del manuale cencelli, i sofisticati citano “macchiavello” nel fine giustifica i mezzi, mazziniani, garibaldini, murattiani, francesi, inglesi, camorristi, mafiosi, generali esercito e marina, massoneria tutti volevano partecipare al banchetto chi in un modo e chi in un altro. Alla fine Cavour, in questo è stato un grande anticipatore, ha accontentato un po tutti ed oggi ne paghiamo ancora le conseguenze. di seguito un articolo interessante…
Il Risorgimento poteva prendere una piega diversa con protagonisti inaspettati: i murattiani.
Il Piemonte accolse, come si sa, numerosi esuli napoletani che vi si rifugiarono dopo il 1848. Essi, nei domini di Casa Savoia, riuscirono a stringere legami con un ministro francese che portava un nome importante: Luciano Carlo Bonaparte. Sì era lui, il figlio Gioacchino Murat, nato nel 1803 da Carolina Bonaparte, sorella dell’imperatore Napoleone I e regina di Napoli.
Ai napoletani che trovavano riparo in Piemonte, Luciano Carlo Bonaparte manifestò insistentemente l’intenzione di tornare sul trono di Napoli ed aggiungeva di voler portare a compimento il piano che suo padre aveva lanciato nel marzo del 1815 col “Proclama di Rimini”. Si sarebbe lui occupato di unificare l’Italia. Aveva sostenuto l’ascesa al trono di Francia di suo cugino Napoleone III e questi poi, nel 1848, l’aveva nominato Ministro di Francia presso il governo sabaudo e, nel 1852, senatore della Repubblica francese.
Le ragioni di Murat trovarono numerosi sostenitori. Tra questi ricorderemo Luigi Mezzacapo, Francesco Stocco, i calabresi Giovanni Andrea Romeo e suo figlio Pietro Aristeo. Si strutturò dunque un vero e proprio movimento che, col supporto politico e diplomatico dell’imperatore di Francia e con l’iniziativa degli esuli napoletani, puntava ad accendere la miccia della rivolta tra le popolazioni del Regno delle Due Sicilie per sostituire Ferdinando II con Luciano Murat. A tal proposito scrisse Mariano D’Ayala nelle sue “Memorie” che “il disegno di Napoleone di mandare giù Re Bomba per mettere al suo posto Luciano Murat non era più un mistero; ed anche il governo inglese vi si mostrava favorevole , stretto alla Francia dalla alleanza per la guerra di Crimea. E nel 1855, dopo che Murat ebbe apertamente posta la sua candidatura, venendo anche in Ginevra a prendere accordi con Luigi Mezzacapo, Giovanni Andrea Romeo, Francesco Stocco, a Parigi e a Torino si teneva per sicura la restaurazione murattiana“.
Gli ambienti politici di Francia e Piemonte, nonchè i sostenitori napoletani, erano così convinti dell’imminente restaurazione murattiana che avevano già definito un primo futuro governo nelle persone di Saliceti come Presidente del consiglio, di Dragonetti agli Esteri, di Romeo agli Interni, di Mezzacapo alla Guerra, di Pisanelli alla Giustizia, di Trinchera all’Istruzione, di Scialoja alle Finanze, di Correnti all’Agricoltura ed al Commercio. Anche il De Sivo scrisse in “Storia delle Due Sicilie”: “Sembra che il Cavour punzecchiasse Napoleone con promesse di rivoltare Napoli per Murat. Già parecchi nostri fuoriusciti, stati repubblicani, e riusciti poi unitari, s’erano costituiti in Comitato Murattiano a Torino; e il Cavour pagò le spese d’un viaggio a Ginevra a Gianandrea Romeo, Francesco stocco e Tito Saliceti, per confabulare col pretendente Luciano Murat: dove fermarono che Napoleone spingesse l’Inghilterra a mandar vascelli: e dare al regno opportunità di ribellione. Fu preparato anche il Ministero, e lo statuto alla francese“. Aurelio Romeo in “Pietro Aristeo Romeo e il suo tempo” scrisse: “Quando a molti sembrò difficile l’attuazione dell’idea mazziniana, si accostarono a Murat che era largo di promesse e di aiuti. L’idea dell’unità si abbandonò, direi quasi, per qualche tempo dai più, credendosi impossibile, in quelle congiunture, di mandarla ad effetto. tra i fautori del Murat vi erano patrioti che avevano avuto non piccola parte nelle diverse sollevazioni di popolo, giacchè era quasi generalizzata la credenza che il Governo di Torino favorisse il partito murattiano; e ciò veniva avvalorato (lo conferma una lettera del Pallavicino al Manin) da Giovanni Andrea Romeo che aveva, nell’agosto 1856 recato un proclama in tal senso statogli consegnato in Ginevra dal figlio di Gioacchino“.
Un’opera interessante, per il numero di notizie sul tentativo di portare Luciano Murat sul trono di Napoli, risulta essere “Reazioni borboniche nel Regno di Napoli” di Matteo Mazziotti che conferma il coinvolgimento degli esuli napoletani e che affronta anche lo spinoso argomento delle polemiche tra la fazione murattiana e quella sabauda. Ad ogni modo, l’iniziativa garibaldina fece venire meno le alternative alla posizione filosabauda e generò una ricollocazione dei murattiani nel partito vincente. Il partito murattiano andò spegnendosi a poco a poco finendo nel dimenticatoio della storia.
Articolo: Angelo D’Ambra
fonte historiaregni.it
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