I Regni di Napoli e Gerusalemme
La Croce di Gerusalemme, dal 1277, entra a far parte dello scudo del Regno di Napoli fino a rappresentare il Regno stesso nell’araldica dei Re di Spagna e dei Borbone-Due Sicilie. Come mai?
Gli Angioini di Napoli alle Crociate
Norman Housley (I registri angioini ricostruiti e le crociate, in Per la Storia del Mezzogiorno Medievale e Moderno, 1998) è stato forse il primo studioso a enfatizzare il ruolo del Regno di Sicilia nelle crociate. Egli scrive: “Fondato solo trenta anni dopo il regno di Gerusalemme, il Regno era locato convenientemente non solo per l’invio di navi, truppe e provviste vitali agli Stati latini a Levante, ma anche per assistere, con le sue facilità di ancoraggio, e le sue abbondanti riserve di grano, di viveri e di cavalli, gli altri crociati che si dirigevano ad est”.
Da Carlo d’Angiò a Carlo di Calabria, figlio di re Roberto, tutti gli Angioini di Napoli presero parte alle crociate, in un periodo, tra l’altro, in cui queste si sviluppano al massimo sia geograficamente che per diversità, proiettandosi contro i comuni, i signori, gli imperatori al Nord e gli Aragonesi ad ovest come mezzo per rafforzare i diritti della curia papale.
I registri di questi anni, andarono distrutti con la Seconda Guerra Mondiale, ma furono ricostruiti dagli archivisti napoletani. Essi contengono gli ordini emanati dalla corte angioina, riguardanti l’adunata e lo spostamento delle truppe, delle navi, dei provviste, dei soldi, ma anche i giuramenti dei crociati. Numerosi sono dunque i documenti che illustrano le difficoltà economiche che caratterizzarono l’organizzazione delle crociate contro gli Hohenstaufen, inerenti soprattutto i ritardi nella riscossione delle decime oltre che i rapporti con mercanti e banchieri toscani, il pagamento di salari e compensazioni ai militi per i cavalli perduti. Tali spese addirittura aumentarono dopo i Vespri.
I documenti tracciano poi il movimento di uomini, navi e provvigioni. Da questo punto di vista fu, per Carlo d’Angiò, più impegnativo il sostegno alla crociata di suo fratello Luigi in Romania ed in Tunisia che l’iniziativa in Terrasanta. Alla morte del re santo, Carlo si lanciò in una crociata contro Michele VIII Palaeologos nei Balcani. Ci fu pure un momento in cui l’unione tra la case regnante di Sicilia e quella di Gerusalemme sembrò l’unico modo per salvaguardare la Città Santa.
Carlo d’Angiò crociato
L’intero scontro tra papato ed Hohenstaufen per il Regno di Sicilia, fu puntellato da appelli alla crociata, ma fu la spedizione di Carlo I ad essere realmente organizzata come tale con predicazioni, appelli ai volontari d’altri paesi ed indulgenze. Il poeta Rutebeuf compose una Chanson de Pouille in cui si invitavano i cavalieri ad andare a combattere contro Manfredi di Svevia con gli stessi termini usati per gli appelli a partire per l’Oriente; i privilegi accordati dal papa Urbano IV a chi si fosse unito a Carlo d’Angiò erano identici a quelli concessi per la crociata oltre mare. L’idea del papato era che, risolto il problema della Sicilia, ci si sarebbe potuto dedicare con più forza alla difesa della Terrasanta. In effetti, Carlo d’Angiò, divenuto re di Napoli, mise a disposizione di suo fratello Luigi IX di Francia un elevato numero di combattenti e tutte le risorse che si potevano desiderare, viveri, navi, macchine da guerra. Così “prese la croce” raggiungendo Tunisi nel 1270 in quella che prese il nome di Ottava Crociata. Come si sa, in essa perirono entrambi i fratelli di Carlo ancora in vita, sia Luigi che Alfonso (Roberto era già stato ucciso a el-Mansurah nella Settima Crociata). L’assedio di Tunisi fu portato avanti proprio da Carlo che il 30 ottobre di quell’anno firmò dei vantaggiosi negoziati: il tributo pagato al Regno di Napoli veniva raddoppiato, i sostenitori degli Svevi lì rifugiatisi venivano espulsi, ricevette poi un’indennità di 210.000 once d’oro, ma soprattutto grazie al trattato ottene il possesso di Malta e di Pantelleria.
L’egemonia del Regno di Carlo d’Angiò nel Mediterraneo si rafforzò quando l’anno fondò il Regno d’Albania e ne venne incoronato re. Già nel 1281 Carlo fu costretto ad abbandonarne le regioni interne in seguito ad una controffensiva dei Bizantini. Iniziò così a progettare una nuova crociata, organizzò una nuova flotta ed un imponente esercito che sarebbero dovuti partire dalla Sicilia il primo aprile del 1283 ma tutto fu vanificato dallo scoppio dei Vespri, non a caso, secondo alcuni storici, fomentata da Michele VIII Palaeologos (J. Richard, La grande Storia delle Crociate).
Carlo d’Angiò re di Napoli e di Gerusalemme
Nel tentativo di rafforzare il suo status, nel marzo del 1277, Carlo d’Angiò aveva comprato poi il diritto di acquisizione del Regno di Gerusalemme, da Maria di Antiochia, e nell’estate dello stesso anno, Ruggero di San Severino, conte di Marisco, arrivò ad Acri come vicario del re.
Non si sa quanto fosse grande la guarnigione di Ruggero, ma alla fine del 1282 egli fu richiamato a Napoli e quattro anni più tardi il suo vice, Oddo di Poilechien, fu costretto a consegnare la cittadella al re Enrico di Cipro, rivale al trono di Gerusalemme. Le casse del Regno di Napoli furono allora rimpinguate con la confisca delle terre dei Templari e degli Ospitalieri, ordini accusati di aver permesso il trionfo di Enrico, ma ciò a poco valse: da quell’anno il diritto angioino alla corona di Gerusalemme fu più simbolico che reale, sebbene suggellato da altre nomine di vicari.
Tuttavia gli Angioini di Napoli tornarono in forza a battersi nei Balcani ed in Sicilia; Roberto d’Angiò, fornì armi al re Oshin d’Armenia e galee alla lega navale contro i Turchi del 1334; soprattutto il regno continuò a supportare le crociate con le esportazioni di grano e gestendo i diritti di sbarco (Norman Housley, op. cit).
Dal 1277 la Croce di Gerusalemme fu inserita da Carlo d’Angiò nel suo scudo e da allora fu sempre presente nelle armi del Regno di Napoli. Chiaramente l’ostentazione della Croce di Gerusalemme aveva anche una funzione propagandistica, la diffusione dello scudo di Napoli con tale emblema diffondeva con se la rivendicazione a quel trono.
La titolarità del regno fu pure sempre collegata a quella del Regno di Napoli, così dagli Angioini la pretesa fu ereditata dagli Aragonesi di Napoli, perché Giovanna II lasciò il diritto ad Alfonso d’Aragona, e dagli Aragonesi il titolo passò a Ferdinando il Cattolico, quindi ai re di Spagna in quanto titolari del Regno di Napoli, sino ai Borbone.
La pretesa napoletana sul Regno di Gerusalemme
Quando i Crociati, vittoriosi a Gerusalemme sui musulmani, elessero Goffredo di Buglione come sovrano del neonato Regno di Gerusalemme, correva l’anno 1099. Goffredo rinunciò da subito al titolo regale arrogandosi solo quello di Advocatus Sancti Sepulchri, tuttavia già suo fratello Baldovino accettò l’incoronazione. Questo piccolo regno ebbe vita sino al 1291 quando la città di Acri ripiombò nelle mani nemiche.
Alla morte di Baldovino I, nel 1119, il regno passò a Baldovino II, signore di Rethel, e da quel momento il titolo si trasmise per via ereditaria all’interno della famiglia regnante sicché, morto questi senza figli maschi nel 1131, la successione spettò a sua figlia Melisenda, sposa del conte Folco V d’Angiò, e da questa passò ai suoi figli Baldovino III ed Amalrico I. Fino al 1185 regnò Baldovino IV il lebbroso, poi suo nipote Baldovino V di Monferrato che, divenuto re ad appena 5 anni, morì a 9 lasciando il trono a Sibila, figlia di Amalrico I e sorella di Baldovino IV, col marito Guido di Lusignano, in periodo di caos e litigi, duramente segnato dalla riconquista di Gerusalemme da parte di Saladino nel 1187.
Spostata la capitale del regno cristiano ad Acri, nell’aprile del 1192 fu incoronata Isabella, figlia di Amalrico e Maria, moglie di Corrado, marchese del Monferrato, poi d’Enrico, conte di Champagne, ed infine di Amalrico di Lusignano, re di Cipro. Alla morte di Isabella, il trono di Gerusalemme finì allora a sua figlia Maria. Ella si unì in matrimonio con Enrico di Brienne e da questa unione nacque Isabella, sposa di Federico II. Da questo momento in poi cessò la successione del regno di Gerusalemme per via femminile ed il titolo che fu attribuito alla famiglia Hohenstaufen sino a Corradino.
Alla morte di Corradino senza eredi si scatenò una aspra controversia sulla successione al regno. Ugo III di Lusignano rivendicò per se il titolo, lo stesso fece pure Maria di Antiochia che poi vendette i suoi diritti a Carlo d’Angiò (J. Prawer, Il regno latino di Gerusalemme). Il contrasto non si spense e il titolo di Re di Gerusalemme, ormai divenuto esclusivamente onorifico, passò ai Savoia, tramite i Lusignano, ed agli Angioini di Napoli, tramite Maria d’Antiochia per arrivare ai re di Spagna, i quali, titolari del Regno di Napoli, presero ad indicarlo nei loro scudi con la sola Croce di Gerusalemme, a volte affiancata dalle barre rosse e grige dei Durazzo.
Autore articolo:
Angelo D’Ambra