IL CAMBIO MONETARIO NELLE PROVINCE NAPOLETANE
Il concetto intrinseco di rarità.
Come spesso mi ritrovo a dire, la passione verso la storia postale ci spinge necessariamente allo studio delle leggi e dei regolamenti; questo studio ci fornisce lo strumento poi, per una reale valutazione del grado di rarità dei pezzi che ci capitano durante le nostre continue ricerche.
Di sicuro, oltre ai francobolli, agli annulli, le tassazioni, le convenzioni, le varietà e gli errori casuali, uno degli elementi fondamentali per tali ricerche è rappresentato dalle date.
Le date davvero rappresentano spesso l’elemento nodale e determinante che può rendere una lettera, all’apparenza banale e comune, un vero e proprio concentrato di storia ed un gioiello postale.
Prima di mostrare due di queste lettere “false banali” occorre come sempre tornare indietro nel tempo per inquadrarle nel corretto contesto storico.
Ci troviamo nei territori peninsulari una volta appartenuti al Regno dei Borboni, un paio di anni dopo la liberazione da parte di Garibaldi e la sua spedizione dei mille.
Uno dei tanti problemi che dovette affrontare con solerzia l’amministrazione del nuovo Regno d’Italia, dopo la sua proclamazione (17.03.1861), fu quello di uniformare sia il sistema monetario che quello postale e tariffario.
Mentre con la legge nr. 604 del 5 maggio 1862, ed il successivo regolamento attuativo, veniva sostanzialmente gestita la riforma postale, il passo decisivo dal punto di vista monetario lo si ebbe con la firma della legge nr. 788 del 24.08.1862, (Fig.1), pubblicata sulla gazzetta ufficiale nr. 209 il 03.09.1862, (fig. 2) con la quale si stabilì in maniera dettagliata l’abolizione di tutte le monete in seno alle vecchie amministrazioni pre-unitarie, ed al contempo, le modalità con cui effettuare il cambio.
(Fig. 1 -Legge 788/62 – Archivio storico Senato della Repubblica) |
(Fig. 2 – Gazetta ufficiale 209 del 3.09.1862) |
A seguito di questo provvedimento terminava anche il corso legale per le monete napoletane in rame circolanti ancora in quei territori.
In attesa dell’applicazione della legge di riforma postale che sarebbe entrata in vigore il successivo 1.1.1863, si stava determinando un periodo transitorio all’interno delle Province Napoletane, caratterizzato dalla presenza di francobolli in grana/tornesi, (che non avevano ormai più motivo di esistere) e monete in centesimi.
L’amministrazione postale allora intervenne subito e ne stabilì giustamente la sostituzione, con l’introduzione dei francobolli in centesimi e la contemporanea soppressione dei vecchi francobolli in grana. Con l’art.117 del Bullettino Postale nr. 8 del 1862 diramò i dettagli dei comportamenti da tenere, creando però alcuni dubbi nel personale degli uffici postali. (Fig. 3)
(Fig. 3 – Bullettino Postale nr. 8/62 art. 117) |
Venne dunque stabilito che i francobolli in centesimi (i dentellati e quelli della ex IV emissione di Sardegna), venissero introdotti in tutti gli uffici delle province meridionali a partire dal 1° ottobre 1862, (fig.4). Questa operazione avrebbe finalmente uniformato l’uso della stessa tipologia di francobolli in tutti i territori del Regno d’Italia.
La soppressione dei precedenti nella vecchia valuta che, ricordiamolo, furono creati ad arte dall’officina Matraire per cercare di rendere graduale il cambiamento di amministrazione, rappresentava anche simbolicamente, un taglio netto di quei territori, col proprio passato borbonico.
Si venne a creare così un breve periodo di tre mesi in cui restò in vigore la vecchia tariffa interna agevolata, ma soddisfatta con francobolli in centesimi e non più in grana. Alla popolazione venne giustamente consentito un periodo di tolleranza all’uso dei vecchi francobolli di 15 giorni. Fu possibile usarli per affrancare, senza subire tassazione, fino al 15.10.1862. (fig. 5)
(Fig.4 – Lettera da Molfetta a Napoli, del 01.10.1862 affrancata con 10 Cent nel 1° Giorno di emissione! Asta “Cambi” nr. 845) |
(Fig. 5 – Lettera da Lecce a Napoli del 01.10.1862 affrancata con 2 grana, 1° giorno di Tolleranza. Proprietà Tuscanphila) |
Cosa successe dopo l’emanazione delle disposizioni?
La Direzione Generale delle Poste di Torino, per evitare di farsi trovare impreparata, chiese ai Compartimenti di Napoli, Chieti, Cosenza e Bari di voler segnalare immediatamente al Ministero le loro richieste.
I quantitativi di francobolli in lire e centesimi da calcolare, erano quelli di cui presumevano aver necessità per poter effettuare il cambio di tutte le giacenze in grana e tornesi, sia presso gli uffici postali che presso i rivenditori ed i privati del proprio compartimento, operando la sostituzione secondo la precisa tabella di ragguaglio, già disposta dal bullettino summenzionato.
Volendo garantire comunque la capillare distribuzione dei nuovi francobolli a tutti gli uffici postali delle Province Napoletane la Direzione Generale decise che ogni compartimento dovesse ricevere, ed avere a disposizione le previste scorte, entro la metà del mese di settembre. Per questo motivo iniziò l’invio delle scorte a partire dai primi giorni del mese: dal giorno 1 per il compartimento di Napoli e nei giorni successivi per i compartimenti di Chieti e Cosenza. Il rifornimento per Bari fu, di fatto, quello più problematico, essendo la via di terra infestata dalla piaga del Brigantaggio e quella di mare, (che rappresentava la scelta preferita e più sicura), sospesa per il blocco navale nei pressi delle coste Siciliane. Questo a causa dalla sommossa guidata da Garibaldi che culminerà poi con i fatti dell’Aspromonte ed il suo ferimento.
Nonostante le difficoltà, dettate dalla poca sicurezza delle vie di comunicazione, e del blocco navale, entro la seconda decade del mese di settembre, ogni compartimento ebbe il rifornimento dei nuovi francobolli. E come talvolta accade, qualcuno contravvenne agli ordini.
Qui arriviamo ad uno snodo cruciale per comprendere l’importanza delle date e della loro influenza sulla rarità dei pezzi.
Il comportamento di alcuni uffici, palesemente contrario alle disposizioni impartite, portò alla nascita di oggetti postali molto pregiati e ricercati dai collezionisti: L’uso anticipato dei francobolli in centesimi negli uffici delle Provincie Napoletane, prima della data ufficiale di introduzione.
Nonostante la disposizione ufficiale avesse stabilito in maniera chiara ed inequivocabile che i francobolli col valore espresso in lire e centesimi dovessero essere introdotti e distribuiti nelle Province meridionali della penisola solo a partire dal 1° di ottobre, diversi uffici, (in particolare del compartimento pugliese) ne iniziarono la saltuaria distribuzione, appena ne furono venuti in possesso, in totale violazione del regolamento.
Probabilmente ciò avvenne più per mera curiosità verso la novità, che per una vera e propria penuria di francobolli in moneta borbonica.
Di lettere impostate nei territori delle Province Napoletane e affrancate con francobolli in centesimi, se ne conoscono anche di periodi precedenti (addirittura la prima data nota risale al 28.12.1860). Quelle lettere però sono del tutto occasionali. La loro genesi fu dovuta all’uso improprio nei territori meridionali di francobolli sardo-italiani, per lo più da parte di soldati di passaggio, durante le varie campagne militari del periodo e non frutto di un volontario abuso al regolamento postale. Quindi tutta un’altra storia ma rappresentano anch’esse importanti documenti postali (Fig. 6).
(Fig. 6 – lettera Lug ’62, tassata, affrancata con 10 cent “sardo-italiano”, da Napoli a Mutignano – proprietà Tuscanphila) |
Diverso invece, ciò che avvenne a partire dalla seconda metà di settembre del 1862.
Il trattato di storia postale SIROTTI -COLLA ha censito una trentina di queste meravigliose lettere, egregiamente descritte in ordine di data.
Le due lettere che seguono però, sono due pezzi ad oggi non ancora censiti e quindi costituiscono per molti una novità.
La Prima lettera, affrancata con un 10 cent dentellato nr. 1 d’Italia, spedita da Trani il 23 Settembre 1862 e giunta il giorno dopo a Napoli, oltre alla rarità rappresentata dall’uso anticipato rispetto alla data di introduzione, ha la particolarità di essere stata spedita in un giorno di cui non si conosce altra lettera affrancata in centesimi. Ad oggi dunque risulta essere l’unica. (fig. 7)
(Fig. 7 – collezione personale) |
La seconda lettera (Fig. 8), datata 30.09.62, impostata quindi l’ultimo giorno di validità ufficiale dei francobolli in grana, prima del previsto periodo di tolleranza, (e quindi un giorno prima dell’introduzione ufficiale dei francobolli in centesimi), ha anche la particolarità di essere stata affrancata con un 20 cent dentellato nr. 2 d’Italia. La tariffa era quella corretta per lettere inviate verso lo Stato Pontificio e sostituiva la precedente di 5 grana, opportunamente convertita.
E’da considerare anche che l’affrancatura di 20 cent, mediante l’uso di un 20 centesimi isolato, fu generalmente meno comune, di quella formata da 2 esemplari da 10 cent, anche nel corso dei 3 mesi successivi. Probabilmente per una minor distribuzione di questo taglio di francobolli. Ancora più interessante, quindi, usata in questo breve periodo.
Altra particolarità, ma questa volta solo ai miei occhi campanilistici, partì da Brindisi (la mia città) e dopo essere transitata da Napoli giorno 3, giunse regolarmente a Roma il 06.10.1862 con la prevista tassa aggiuntiva di 8 bajocchi.
(Fig. 8 – collezione personale) |
Ancora una volta la storia postale ci colpisce per la sua incredibile e poliedrica sfaccettatura.
Come sempre la conoscenza di tutte queste piccole nozioni storico-filateliche ci fornisce gli strumenti per riconoscere e, soprattutto, apprezzare appieno la bellezza di queste particolari lettere, che alle volte abbiamo la fortuna di incontrare e scoprire, lungo il nostro cammino collezionistico.
La bellezza intensa ….della storia postale.
Gianluca Palano
29-09-2023
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