IL COMBATTIMENTO DI CASCANO
Nei ricordi d’infanzia della scrittrice Matilde Serao era fortemente presente la Terra di Lavoro. Suo padre, don Ciccio Serao, era espatriato nel 1848, quando, studente, partecipò ai moti contro i Borbone.
Si rifugiò in Grecia, dove si sposò con Paolina Borely, patrizia decaduta di Patrasso, da cui nacque Matilde nel 1856. Saputo dell’impresa dei Mille, la famiglia Serao tornò in Italia. Don Ciccio portò la moglie e la figlia a Ventaroli, nella casa paterna, affidandoli ai parenti, poi andò a Napoli e si arruolò nell’esercito garibaldino.
La piccola Matilde ricordò quei giorni del settembre-ottobre 1860, quando si combatteva sulle rive del Volturno: “I soldati di Francischiello furono ospiti terribili. Gli ufficiali svizzeri erano buoni e cortesi, assuefatti ormai alla vita napoletana, avendo lasciato a Napoli casa, figlioli, amici; addolorati dalla guerra che sentivano inutile, addolorati da quella causa che sentivano perduta: ma i soldati non tolleravano più alcun freno di disciplina, erano diventati ribelli ad ogni ordine. Quando venne l’ordine della battaglia, lentamente si misero in tenuta per partire. Andavano fiacchi, molli, attaccandosi la giberna”.[1]
La battaglia del Volturno, combattuta il 1° e il 2 ottobre 1860 tra l’armata borbonica di Ritucci e l’esercito meridionale di Garibaldi, terminò con la vittoria difensiva dei garibaldini. Nel frattempo, dagli Abruzzi scendeva l’armata italiana di Vittorio Emanuele II che sconfiggeva sul Macerone (20 ottobre), nel Molise, le truppe borboniche del generale Douglas Scotti. Con il rischio di essere presi alle spalle, Francesco II di Borbone ordinò la ritirata sulla riva nord del Garigliano. Il generale Ritucci fu sostituito dal generale Giovanni Salzano, il quale aveva dimostrato una certa energia nel comando provinciale di Palermo e nella piazzaforte di Capua. La ritirata dei borbonici ebbe inizio il 23 ottobre, verso la zona di Teano. Per parare l’avanzata piemontese da Isernia, l’armata di Salzano fece fronte ad est, schierando, da nord verso sud, dal Garigliano fino a Calvi: la brg D’Orgemont in quest’ultimo paese; la div. von Mechel a Teano, con retroguardia la brg Polizzy; la div. Colonna più a nord; la div. di cavalleria del brig. Giuseppe Palmieri scaglionata su tutto il fronte. Il brig. Polizzy, neopromosso per il valore e la perizia dimostrati nel combattimento di S. Angelo, diresse con grande bravura e competenza militare la difesa della retroguardia.
Salzano riunì i suoi luogotenenti in consiglio, dove, quasi all’unanimità, si decise di abbandonare Teano, considerata una posizione debole, per schierarsi più a nord fra Cascano e Sessa.
Il 25 ottobre Garibaldi attraversò il Volturno con 5000 uomini che, passando per Bellona e Vitulazio, dove Bixio si ruppe una gamba cadendo da cavallo, si accamparono la sera a Caianello.
Da Venafro giungevano a Teano i piemontesi, al diretto comando di Vittorio Emanuele che, col suo seguito, incontrò Garibaldi il 26 ottobre al quadrivio di Taverna di Catena, tra Caianello e Vairano, dove quest’ultimo salutò il Sovrano al grido di “Viva il Re d’Italia”. Poi si diressero a Teano, dove il Re fece intendere che il ruolo militare dei garibaldini era finito e che l’inseguimento delle truppe borboniche sarebbe stato còmpito del contingente piemontese da affidare al gen. Manfredo Fanti, acerrimo nemico di Garibaldi. Quest’ultimo, con la sua solita umiltà, non tentennò a mettersi da parte, ma fece una richiesta al Re per favorire le sue camicie rosse che, al prezzo di tanto sangue, avevano consegnato quasi l’intero Regno delle Due Sicilie alla dinastia dei Savoia: l’integrazione dei garibaldini nel nuovo Esercito Italiano che stava per nascere. Vittorio Emanuele rispose evasivamente, dimostrando una grande e inopportuna ingratitudine. Così soldati valorosi e quadri di esperimentata efficacia vennero dispersi per la meschina miopìa dei capi dell’esercito piemontese che non intendevano “contaminare” il loro strumento militare con truppe irregolari formate da molti uomini di idee repubblicane. Solo nel 1862, dopo furiose polemiche, sarebbero stati ammessi nell’Esercito Italiano 1854 ufficiali garibaldini, fra i quali Bixio, Carini, Orsini, Sìrtori, Turr, Médici e Cosenz.
Lo svizzero Von Mechel che comandava la divisione di retroguardia, inviò una ricognizione verso Teano, formata dal pelottone a cavallo del tenente Loriol dello Stato Maggiore. Questi, ufficiale particolarmente ardito, pur accorgendosi che Teano era già occupata dal nemico, vi penetrò con i suoi cavalieri, impadronendosi del pane preparato per la truppa italiana. Scoperto, fu assalito dalla cavalleria nemica e messo in fuga. Sul terreno rimasero cinque cavalieri borbonici uccisi e sei prigionieri. Loriol, inseguito, fece fronte ai cavalieri nemici e li affrontò da solo, subendo tre ferite che lo fecero stramazzare per terra, dove fu abbandonato come morto. Riavutosi, si trascinò sotto un ponte. Poi, visti ormai lontani i nemici, raggiunse Casale, dove era schierata una parte della retroguardia napoletana. Qui fu soccorso e salvato dal tenente conte Suarez.[2]
Mentre i napoletani erano in fase di ritirata verso il Garigliano, nel primo pomeriggio del 26 ottobre il generale piemontese Cialdini marciava verso la stretta di Cascano, tentando di agganciarli, investendo l’ala sinistra nemica sui poggi di S. Giuliano, fra Teano e Sessa. Qui erano schierate la 3a div. Cacciatori del brig. Antonio Echanitz (il quale aveva appena sostituito il malato Von Mechel) e la brigata della guardia del col. Giovanni D’Orgemont, appoggiate dall’artiglieria del neopromosso gen. Negri schierata a Cascano. Cialdini mandò avanti la brg Bergamo che scacciò da S. Giuliano i cacciatori napolitani, i quali retrocessero verso la stretta. La brg Bergamo avanzò su due colonne, percorrendo le due strade che portano a Cascano. Lo scontro si accese a S. Maria la Piana: 10.000 piemontesi contro la brg Polizzy e la brg estera di Mortillet. Polizzy attaccò di fronte con i suoi cacciatori, Mortillet di fianco. L’impeto dei sabaudi fu fermato dai cannoni del competente Negri e dalla carica alla baionetta dei napolitani e dei mercenari esteri. Il 9° btg cacciatori, nonostante la diserzione del suo comandante (il ten. col. Scappaticci), mentre la truppa consumava il pranzo in un villaggio nei pressi di Cascano (forse Gusti), si precipitò verso S. Giuliano condotto dall’aiutante maggiore Simonetti e attaccò il nemico in prima linea.
La vigorosa difesa di Cascano impedì l’avanzata di Cialdini: il fuoco durò tutta la giornata, senza che la brg Bergamo e i bersaglieri riuscissero a guadagnare terreno.
A questo punto, non sfruttando il momento favorevole, Salzano fece ritirare le sue truppe dietro il Garigliano, dove le schierò a difesa del fiume. A coprire la ritirata ci pensò la btr n° 10 del cap. Francesco Tabacchi che da Cascano diresse il tiro contro i piemontesi che tentavano di agganciare la retroguardia napolitana.
Lo scontro passò alla storia come combattimento di Sessa, dove i napolitani ebbero una ventina di morti e lo stesso numero di feriti, i piemontesi perdite più gravi.
La sera del 26 ottobre 1860 l’armata di Salzano si schierava sulla riva settentrionale del Garigliano.
Domenico Anfora
[1] Italia, nascita di una nazione, di Mario Schettini.
[2] Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta, di Giuseppe Buttà.