Il cotonificio Egg-Berner-Cotoniere a Piedimonte d’Alife
E’ stata per 130 anni una delle maggiori industrie d’Italia, e senz’altro la prima nel Regno di Napoli, dove ebbe periodi di monopolio. I proprietari con responsabilità direttiva e giuridica sono stati: Egg Gian Giacomo (1813-43), Egg Gian Gaspare (1843-75), Egg Gian Giacomo (1875-88), Berner Amadeo (1889-98), Berner Guglielmo (1898-1918), Cotoniere Meridionali (1917-43).
Il blocco continentale decretato da Napoleone del 21 novembre 1806 contro l’Inghilterra aveva messo in crisi la fiorente industria tessile elvetica, spingendo molti imprenditori a cercare nuove possibilità di sviluppo all’estero. Nel Regno delle due Sicilie si erano ben installati militari, banchieri e commercianti svizzeri, cosicché anche gli industriali tessili trovarono un fertile terreno. Infatti negli ultimi decenni del XVIII secolo, furono per primi i mercenari svizzeri, che costituivano l’esercito privato di ritorno dal servizio sotto i Borboni, a far conoscere ai loro compatrioti le bellezze naturali dell’Italia meridionale. Nei loro diari, nelle loro lettere, spesso anche nei loro disegni e nei loro dipinti, venivano fuori scene pittoresche, quadri di campagne ubertose, visione di paesaggi romantici, panorami ridenti. Il Regno delle due Sicilie divenne, quindi, nella loro fantasia popolare l’Eden e attirò per questo diversi emigrati elvetici in cerca di fortuna. Non furono casi isolati, ma un rivolo continuo, che portò operai e artigiani, ma anche imprenditori, soprattutto dai Cantoni in lingua tedesca, a stabilirsi nel regno dei Borboni. La fine del secolo XVIII vide per l’appunto l’avvento dell’industria tessile a domicilio e gli Egg, agiata dinastia di mugnai svizzeri, già nel 1630 acquistarono nella loro patria gli edifici che nel 1803 trasformarono in un cotonificio meccanico, che cessò l’attività nel 1876; la struttura ospitò poi, dal 1897 al 1972, una fabbrica di cartone. Nel 1850 il villaggio svizzero di Ellikon, prevalentemente rurale, contava 100 contadini e solo 16 operai di fabbrica. Intanto nel Regno delle Due Sicilie la possibilità di coltivare in loco canapa e cotone, le facilitazioni doganali concesse dalla monarchia, l’offerta gratuita di conventi e monasteri dove installare la produzione e alloggiare le maestranze (come nel caso dello stabilimento degli Egg a Piedimonte d’Alife), la possibilità di avere manodopera locale a buon mercato (e in certi casi gratuita, quando si trattava dei ricoverati degli alberghi dei poveri), unite alle conoscenze tecniche e alla capacità organizzativa elvetiche diedero vita ad “un’avventura” imprenditoriale unica nel suo genere. Nell’arco di un secolo sorsero per opera delle famiglie Egg, Wenner, Freytag, Meyer, Escher, Zueblin, Vonwyler stabilimenti di grandi dimensioni a Piedimonte, a Fratte, Scafati, Angri, Nocera, Poggioreale e Spoleto. A richiamare dunque i cotonieri svizzeri in Campania non fu solo la bellezza del paesaggio ma anche, e soprattutto, la mancanza di cotone in patria, isolata, come il resto dell’Europa, per effetto del blocco continentale. Tra essi ci fu anche la partenza di gruppi organizzati come quello che, in pieno inverno 1812-13, portò un centinaio di lavoratori a seguire l’imprenditore Giovan Giacomo Egg di Ellikon (Zurigo), che per primo creò un impianto di filatura e tessitura proprio a Piedimonte d’Alife. Vi è poi da dire che l’unico posto del vasto impero francese dove il cotone attecchiva rigoglioso era proprio sulle falde del Vesuvio, nel Regno di Napoli, allora retto dal cognato di Napoleone, Gioachino Murat. Egg, precedentemente, si trovò nel Regno di Napoli quale agente commerciale. Fu un intelligente calcolo a farlo restare fra noi: l’assenza della grande industria cotoniera e il blocco continentale per l’appunto. Per giunta a Piedimonte il paesaggio gli ricordava la Svizzera, e poi c’era l’enorme casamento del Carmine, abbandonato. Quindi Egg nel 1812 dalla Svizzera si trasferì a Napoli ed ottenne appunto da Murat, a Piedimonte d’Alife, il convento soppresso del Carmine, dove impiantò la prima filatura meccanica e una tessitura a mano, che dava occupazione a circa 200 persone. Da Carolina, moglie del Murat, ne ebbe l’uso gratuito l’8 giugno 1812: «Art. 1. — E’ concesso a Giacomo Egg di Zurigo l’uso gratuito per anni 16 del soppresso convento… Art. 4. — Sarà egli tenuto a stabilire pienamente la sua Manifattura entro un anno…. Art. 5. — E’ intanto autorizzato a praticare nel locale suddetto, tutte le modificazioni… ». Tornò in Svizzera e, come già detto in precedenza, ne ritornò con oltre cento connazionali e la «Manifattura privilegiata di cotoni» ebbe inizio. Bambagia e robbia per tingere erano comprate a Castellammare. Gran successo ebbero i primi prodotti: le mussoline fiorate e i fazzoletti cambric. Tra i connazionali di Egg c’era anche tale Giovanni Giacomo Mayer, zurighese di Regensdorf, nato nel 1792, figlio di un falegname e orfano in tenera età. La sua infanzia fu molto travagliata, perché oltre ad aver perso i genitori, risentiva, come il resto degli abitanti europei, delle conseguenze delle guerre napoleoniche; tanto da costringerlo a emigrare all’estero per trovare fortuna. Egli giunse a Piedimonte d’Alife nel 1817 insieme alla sua futura moglie, Rachele Wunderli, anch’essa una svizzera, figlia di un setaio Giacomo Wunderli, morto nel 1813 dopo essere giunto in Italia insieme alla famiglia in cerca di lavoro. Rachele si sposò con il Meyer nel 1823 a Roma. Giovanni, giunto a Piedimonte, chiese lavoro a Egg. Il Meyer divenne molto presto caposala del reparto tintoria e candeggio dello stabilimento. Nel 1824 Meyer si trasferì con la moglie a Scafati (SA) per lavorare in alcune filande del luogo. Ma Egg favorì anche la mano d’opera piedimontese, e anche quando il governo cambiò, e l’usurpatore Murat fu scacciato, rimase in simpatia presso la Corte borbonica. Interessante è il Regolamento di polizia emanato da Egg nel 1815. In 21 articoli regolava l’andamento della fabbrica, i diritti e doveri degli operai, e dava disposizioni varie. Sanzionato con decr. reale il 16 settembre 1815, fu letteralmente copiato da molte industrie del Regno. Un vero monopolio la fabbrica di Piedimonte l’ebbe subito nel 1816 per fabbricare i fazzoletti Balazor o Vignette. Nel 1818 si arrivò addirittura ad esentare Egg da ogni dazio sul cotone importato e, nel 1826, ebbe la concessione alla bollatura dei propri manufatti: “Decreto n.501 per la bollazione delle manifatture di cotone fabbricate nel comune di Piedimonte di Alife dal Sig. G.G. Egg. Essa verrà eseguita con bollo di piombo attaccato con fili di seta, nella di cui parte convessa saravvi l’emblema del cavallo sfrenato; e nella parte concava, nel primo giro la leggenda, Fondaco di privativa in Piedimonte d’Alife; nel secondo giro, Fabbrica di cotoneria; ed in mezzo, di G.G. Egg. (Napoli, 5 gennaio 1826)”. Già nel 1820 la fabbrica di Egg occupava 600 persone, oltre duecento ragazze “apprendiste”. Negli Annali civili del Regno (1833 e ‘34) è detto: « … Abbiamo al presente grandi fabbriche di cotone… Antica è quella del Sig. Egg, e assai commendata. Ricca delle più belle macchine, numerosa di espertissimi lavoratori…, ordinata colle più lodevoli discipline, come le migliori d’Inghilterra, di Francia e della Svizzera. Ond’è che in Piedimonte tanta operosità regna e dovizia, che ben potremo in breve appellarla la nostra Liverpool ». Siamo nel 1834 e “Questo stabilimento sono più anni che trovasi piantato dall’ ingegnoso e benemerito G. G. Egg che è stato il primo ad introdurre nel regno i grandi stabilimenti di manifatture. In questa fabbrica vi sono ventiquattro filande in attività, ed altre dodici sono in costruzione nell’estero. Le macchine sono situate in un locale costruito a spesa del fabbricante di 220 palmi lungo a quattro piani, e promettono un prodotto di cantaia 2850 all’anno di cotone filato numeri bassi. Il fabbricante assicura che ove aver potesse i cotoni esteri fini con minor dazio potrebbe fare de’ filati da non invidiare i più belli d’Inghilterra. Vi è una macchina per torcere i filati, altre per incannare i cotoni orditi. Un metodo e comodi per l’imbianchimento de’tessuti, la calandra per apparecchiarli all’ uso forestiero, il mangano per l’apparecchio del lino, la tintoria, ed un laboratorio chimico. Vi sono in attività cinquecento telai co’ quali si lavorano in ogni anno trentamila pezze di tessuti di cotone e di lino, ognuna di canne nove a venti. A questo stabilimento vi sono destinati 1300 operai, di cui mille sono femine, e fra queste 220 recluse dell’Albergo Reale, e trenta altre ragazze povere del Distretto che tutte abitano in un edifizio costruito appositamente dal signor Egg per contenere quattrocento recluse” (M. Luigi Rotondo, Saggio politico su la popolazione e le pubbliche contribuzioni del regno delle Due Sicilie, Tip. Flautina, Napoli 1834). Dai “Saggi delle Manifatture napolitane esposti nella solenne mostra del 1838 (da Annali Civili del Regno delle Due Sicilie, 1839) si può leggere: “L’arte del filare e del tessere il cotone, la quale ha fra noi tanti magnifici opifici in Salerno , Angri, Scafati, ed il magnificentissimo di Piedimonte, dove la filatura è giunta al numero 60 , e dove tante specie di bambagine egregiamente si fanno, si arricchì di due novelle filande, entrambe in Salerno, e può mostrare mussoline a stampa e coperte di mollettone che non ci fanno punto invidiar le straniere. Grande è ancora la povertà nostra nell’arie del lino; ma le due cospicue manifatture che da poco in qua il filano e il tessono, l’una per cara dell’Egg, l’altra nel Reale Albergo de’ poveri, si son vedute progredire…………. Tra quelle messe in mostra, le produzioni di due soli linifici meritarono speciale considerazione, l’uno posto in Piedimonte , l’altro nel Real Albergo de’poveri. Il Signor Egg ha continuato ad aggiungere le tele line alle bambagine, né solo ci ha dato fazzoletti e dog di lino, ma adoperando la macchina di Jacquard ha prodotto tessuti di lino all’ uso di Fiandra di svariati disegni.” Altro esperimento interessante fu l’educazione a Piedimonte di 100 fanciulle, figlie di nessuno, del Reale Albergo dei poveri di Napoli. La prosperità era grandissima: nel 1834 erano 1300 gli operai manifatturieri in Piedimonte! Il Fondaco di privativa in Piedimonte — Fabbrica di cotoneria — G. G. Egg, appariva come un imponente edificio di quattro piani, lungo 250 piedi. Al piano terreno stavano macchinari, al 1° cardi e laminatoi, al 2° e al 3° i filatoi. Nel cortile vi erano le ruote ad acqua, lavaggio, imbiancatura e tintoria. Accostò officina meccanica e fonderia. I primi 170 telai Jaquard del Regno funzionarono proprio a Piedimonte. La fabbrica, coi suoi cinquecento telai, produceva quasi quattromila quintali l’anno di cotone filato e circa trentamila pezze di “tela bambagina”. A sue spese, ben 10.000 Ducati, Egg nel 1842 fece scavare un canale, per convogliare l’acqua di Toranello nella sua fabbrica. L’impegno degli industriali tessili svizzeri in Campania continuò anche con la loro seconda generazione, della quale faceva parte anche Giacomo Filippo Buchy, nato il 18 novembre 1836 a Piedimonte d’Alife dove il padre, in rapporti di affari con la manifattura Egg, si era stabilito con tutta la famiglia tra la fine degli anni venti e gli inizi di quelli trenta. Giacomo Filippo Buchy fu per qualche tempo in Irlanda interessandosi di filatura meccanica. Poi fece ritorno nell’Italia meridionale stabilendosi a Sarno dove, nel 1873, insieme all’irlandese Strangman rilevò la piccola fabbrica di organdis fondata dallo svizzero Rodolfo Glarner. Lo stabilimento Buchy-Strangman divenne in poco tempo una rinomata fabbrica che arrivò ad occupare fino a 1.500 operai. Lo stesso Buchy divenne sindaco di Sarno dal 1895 al 1897 risolvendo numerosi problemi cittadini e lasciando ai posteri l’omonimo palazzo, principesca dimora della famiglia e raffinata testimonianza della cultura industriale del tempo. Quella di Piedimonte rimaneva, tuttavia, il fiore all’occhiello del Regno di Napoli. Stentiamo quasi a credere all’autorevole ed ufficiale pubblicazione! In poco tempo 1200 operai di cui 200 erano fanciulle bisognose del Regio Albergo dei Poveri di Napoli, che ben presto arrivarono a 300, tutte indolenti e ladre, furono tenute prima troppo schiave, poi dal 1841 con una relativa libertà. È qualche cosa che interessa molto le attività sociali di oggi. Tuttavia occorreva comunque distinguere tra la retribuzione giornaliera accordata ad un operaio fornito di una specifica competenza, come il filatore o il tessitore, e quella di un generico, oltre le differenze nei compensi spesso riscontrate nei vari stabilimenti di un medesimo comparto e territorio. Nel 1840 un filatore del cotonificio Egg, pagato a cottimo in base al peso del cotone filato prodotto riusciva in media a spuntare un salario di 25-30 grana al giorno. Senza alcuna cura per il lavoro dei minori, tutelato per legge in Gran Bretagna fin dai primi decenni del secolo, nello stesso opificio lavoravano alle macchine per filare e alla carderia rispettivamente ragazzi e ragazze di appena 6-8 anni pagati con un salario di solo 3-6 grana al giorno, aumentabile secondo le capacità e l’impegno dimostrati fino a 10. Gian Giacomo Egg morì a 78 anni il 18 agosto 1843, e fu sepolto nella piramide del piccolo cimitero protestante di Piedimonte, tutt’ora esistente. A lui successe il nipote Gian Gaspare Egg. Dagli Annali Civili del 1844 possiamo rilevare: “Eravamo dolenti della perdita fatta per morte del benemerito industrioso Cav. Gio. Giacomo Egg, al quale non solo Piedimonte di Alife era riconoscente pel bene arrecato a quella popolazione col gigantesco opificio ivi eretto sin dall’anno 1815, ma tutto il paese ammirava in lui l’uomo versatissimo nella meccanica industriale, e nelle scienze economiche commerciali. La nostra mestizia si è temperata, quando abbiamo ravvisato nel nipote di lui Sig. Gaspare Egg conoscenze non ordinarie di meccanica, e vedute commerciali assai commendevoli: di talché lungi dal sospetto di potersi rallentare l’operosità di cotesto opificio, concepiamo fondate speranze ch’esso ingrandirassi maggiormente, e che il signor Egg nipote non mancherà d’ingegno per darci a migliori condizioni dello straniero quelle cose di nuovo lavorio e di svariati disegni, che la mente dell’ uomo crea per alimentare i capricci della moda. E parlando delle tele di lino, de’ dog, de’ servizi di tavola e di molti altri scelti lavori che la fabbrica di Egg ha presentato in questa esposizione, diremo che non mai tanto ricca di produzioni di ogni genere si è mostrata quanto al presente: e che i prezzi essendo stati trovati dal pubblico più discreti degli altri Opifici, il sig. Egg ha smaltito nel solo edifizio della esposizione per circa mille ducali delle sue manifatture. Or se il pubblico ha stimato di giovarsi del buon mercato de’ prodotti della fabbrica di Egg, spetta a voi, 0 Signori del Reale Istituto, di premiarlo ampiamente, affinché in avvenire cotesto bene si riproduca con maggiore effetto“. Intanto la situazione si evolveva e Don Gaspare dovette affrontare la concorrenza dei nuovi cotonifici di Salerno che avevano un macchinario più moderno, dov’è subire i danni dell’alluvione del ‘57 e, cosa ben più grave, i mutamenti politico-economici del ‘60. Garibaldi dittatore, abolì di colpo il sistema doganale del Regno ed il protezionismo di Casa Borbone generando il caos nell’industria meridionale. A Piedimonte furono subito licenziati 600 operai. Sebbene non più potente, la Ditta rimase però forte. Al 1° ottobre ‘61 si producevano ancora 480.000 Kg. di filati e 1.700.000 di tessuti di cotone e lino all’anno, per il valore di L. 1.000.000 oro. Non più tessuti di pregio ma articoli correnti. Con tutto ciò ancora un primato in Italia con le tele domestics. Nella relazione dei giurati dell’Esposizione italiana tenuta a Firenze nel 1861 si legge che “La ditta G. G. Egg, che mantiene a Piedimonte d’Alife (Terra di Lavoro) un grande opificio per la filatura e tessitura meccanica del cotone, inviò all’Esposizione italiana dei filati, dei madapolam e dei tessuti greggi, nonché dei tessuti damascati per tovaglie. II Consiglio dei Giurati, esaminati i suddetti oggetti, conferì alla medesima la medaglia di primo grado, per la precisa esecuzione dei suoi damascati da tovaglie e per la resistenza dei suoi filati. Questo stabilimento industriale, fondato verso il 1835 dal fu cav. Gio. Giacomo Egg, tiene occupati 916 operai d’ambo i sessi, con salari che variano da lire 0,25 a lire 5 al giorno; lavora annualmente chilogrammi 540.000 cotone stoppa, del quale cinque sesti di Castellammare e un sesto d’America, del valore complessivo di circa lire 900,000; e produce chilogrammi 450.000 di filati dal num. 3 al 40 inclusive per un valore di lire 1,300.000. Con porzione di questi filati si fabbricano annualmente 1.700.000 metri di tessuti diversi, del valore approssimativo di un milione di lire. Sessanta macchine filatrici di diversi sistemi con 15,000 fusi, e 250 telai, e tutte le altre macchine accessorie sono poste in azione da quattro turbine della forza complessiva di 110 cavalli.” A Don Gaspare, morto il 17 dicembre 1875, successe il figlio Giov. Giacomo Egg, nato nel 1840, che però volle far cose troppo in grande. Trasferì la sede della Ditta a Napoli, fece grandi lavori nel cotonificio, fastosi ricevimenti a Napoli — e vi andò perfino l’allora Principe ereditario, Vittorio Emanuele III — finanche scavi archeologici a Concadoro presso Alife, e intanto comprava a credito con denaro prestato dallo svizzero Amadeo Berner. Questi, dopo avergli dati quasi tutti i suoi capitali, volle garantirsi, e ipotecò l’azienda, valutata dai periti L. 1.360.684. Berner ed Egg, precisi ma duri, arrivarono alle brutte, e lo sventurato Egg, dopo aver perduto anche in Cassazione, finì cacciato dal cotonificio e anche da una casa ove s’era ridotto colla famiglia. Nel 1882 G.G. Egg, ormai in ristrettezze economiche, offriva in vendita al Museo Nazionale di Napoli una serie di oggetti da lui rinvenuti tra il 1880 e il 1884 nel corso degli scavi nella necropoli alifana di Conca d’Oro dove, per l’appunto, aveva acquistato una casa con un appezzamento di terreno nel 1877. La proposta di vendita comprendeva parti ben conservate di dodici cinturoni e vari ganci e frammenti. Morì nel 1923 a Zurich, lasciando scritto: « … Non c’è rosa senza spina, ma Piedimonte non cessa di essere un sito incantevole e prediletto per chi vi è nato…, e quantunque lontano, sarà sempre indimenticabile ». Il Berner, nato nel 1828 a Kuln nel cantone di Argovia, s’era trovato fra noi nel 1860 per commercio. Riaprì dunque il cotonificio dopo tre anni di chiusura, con macchinario nuovo. Volle fra l’altro la centralina elettrica (1898), una delle prime in Campania. Dal 1898 affidò al figlio ing. Guglielmo Berner, «Willy», la direzione, e visse a Napoli fra lusso e beneficenze. Morì il 2 maggio 1914. Col nuovo macchinario automatico la mano d’opera fu ridotta a meno di 600 operai, e per essa nel 1904 ci fu uno «spaccio» per i generi alimentari, e nel 1906 una cooperativa. Ma nel 1911 ci fu però un lungo sciopero e quando Guglielmo rimase solo di famiglia a dirigere, non si sentì più di continuare, e vendette tutto alle Cotoniere Meridionali dello svizzero Roberto Wenner per L. 800.000 (str. per Not. Dragoni, 30 luglio 1917). Il cotonificio risultò allora di 12.222 fusi per filatura, 464 telai meccanici per tessitura e 3 piccole centrali idroelettriche, ma perdette garzatura, aspamento, ritorcitura e tintoria, tutte operazioni portate altrove. In verità la legislazione varata dal governo italiano durante la prima guerra mondiale già aveva messo in difficoltà i soci tedeschi dei Cotonifici riuniti di Salerno (sorti il 25 maggio 1916 dalla confluenza di due accomandite – la Schlaepfer Wenner & C. e la Aselmeyer & C. con stabilimenti a Fratte di Salerno, Nocera Inferiore, Angri e, dal 1917, Piedimonte d’Alife), costringendoli ad abbandonare l’Italia. Il decreto luogotenenziale 24 marzo 1918, n. 414 estendeva le norme in vigore contro le aziende appartenenti a sudditi di stati nemici anche “a quelle esercitate da sudditi italiani e di Stati alleati o neutrali” aventi rapporti col nemico, fornendo ad “alcuni intriganti” l’occasione per denunciare gli svizzeri come rei di alto tradimento per commercio con il nemico. Nel maggio 1918 l’operazione si concludeva con la nomina di Bruno Canto (già braccio destro di Wenner e artefice dell’operazione, spedito a Napoli dal Rettore della Bocconi) a Direttore Generale e Amministratore delegato delle Manifatture Cotoniere Meridionali (MCM), ragione sociale da cui è cancellata la denominazione Roberto Wenner & C. Canto impegnava l’azienda nei primi anni Venti in una larga espansione produttiva a debito, facilitata dalla svalutazione monetaria e dall’ipotesi di conquista dei mercati esteri. Tale politica prosegueva anche quando, in seguito al fallimento della Banca italiana di sconto, il Banco di Napoli, istituto di emissione, entrò in possesso del pacchetto azionario di controllo dell’impresa. Dalla fine del 1926 cominciarono progressivamente le difficoltà del gruppo fino a quando, nell’estate del 1930, il Direttore Generale del Banco di Napoli decise di affidarne la gestione all’ex Ministro del Tesoro prefascista, Giuseppe Paratore. La scelta di Paratore alla Presidenza delle Manifatture cotoniere meridionali comportò il ridimensionamento della grande industria cotoniera, ma ne consentì la sopravvivenza nella difficile congiuntura degli anni Trenta. La nuova amministrazione si pose l’obiettivo di normalizzare le eccessive ambizioni della gestione Canto, soprattutto ora che le scelte di politica monetaria del Fascismo imponevano un drastico taglio allo sbocco estero. Durante l’ultimo periodo, sotto la direzione tecnica di G. Brioschi, la produzione ebbe forti oscillazioni, e non restò a Piedimonte altro mercato che la Somalia Italiana e la Cecoslovacchia. Si ripigliarono in compenso attività sociali già attuate da Don Gaspare Egg quando nel 1849 creò la cassa di risparmio per gli operai, la fornitura di farina e alimentari, e un premio mensile agli infortunati sul lavoro (specie di assicurazione). Così nel 1928 si ebbe uno « Spaccio» dove circa 600 operai compravano tutti i loro alimenti col 20% di sconto. Sorse pure il dopolavoro femminile, l’ambulatorio e l’asilo-nido completo, con sala di allattamento. Nel 1928 ogni operaia lavorava sei telai automatici, e riscoteva sulle L. 250 a quindicina. Ma arrivò la grande guerra e il martedì del 19 ottobre 1943 il cotonificio veniva raso al suolo dai guastatori tedeschi. Terminava così un’opera che aveva avuto rinomanza nel campo sindacale e assistenziale, e che aveva svolto una funzione veramente storica, durante il blocco continentale di Napoleone, nel Reame di Napoli. Nel 1948 le cotoniere volevano ricostruirlo, ma come lanificio. Perciò costituirono una S.p.A. Manifatture Tessili Meridionali, ma che poi fu sciolta, e da allora non s’è parlato più di nulla, pur avendo incassati miliardi per danni di guerra. Dopo il bombardamento della fabbrica ad opera dei tedeschi sono rimasti in piedi per diversi anni alcuni ruderi tra cui due imponenti ciminiere. Poi, negli anni ’70, vi è stata la sistemazione dell’intera area con la copertura del Torano e la realizzazione di una nuova ampia piazza (piazza Carmine), che oggi rappresenta il centro vitale di Piedimonte.
testo e foto fonte
blog-Piedimonte matese 2010