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Il governo dei Nobili a Napoli: Autonomismo, decentramento, partecipazione governativa dei Seggi cittadini. (decimo secondo)

Posted by on Ott 6, 2017

Il governo dei Nobili a Napoli: Autonomismo, decentramento, partecipazione governativa dei Seggi cittadini. (decimo secondo)

I nobili costituirono cinque arciconfraternite aristocratiche, quante erano i seggi:

  1. Nobile Compagnia ed Arciangustissima Reale Arciconfraternita dell’Immacolata concezione purità di Maria dei nobili in Montecalvario
  2. Nobile Compagnia e Reale Arciconfraternita, Chiesa ed Ospedale di Santa Maria della Misericordia fuori porta S.Gennaro (“Misericordiella”)
  3. l’Augustissima Compagnia della Disciplina della Santa Croce
  4. Real Arciconfraternita di Nostra Signora dei Sette dolori in San Ferdinando di Palazzo
  5. Real Compagnia ed Arciconfraternita dei Bianchi dello Spirito Santo

Le assemblee delle Staurite   erano frequentate sia da patrizi cittadini che dai feudatari.

Circa il culto dei Santi, i rappresentanti dei seggi avevano diritti decisori, come avvenne per la votazione del 26 maggio 1628 presso il Tribunale di S. Lorenzo, relativamente ai Santi protettori del regno, compreso S. Gennaro.

  1. I seggi, infine, avevano il diritto di nominare i “maestri razionali”, cioè magistrati fiscali, fino all’epoca di re Ladislao. Questi formavano una “curia” preposta al controllo dei conti fiscali, oltre alla direzione e sorveglianza della coniazione delle monete, nonché le locazioni, appalti sui dazi e gabelle.

E’ annotato, tra l’altro, dal Summonte che molti “Gentiluomini di tutti i seggi Napoletani”, nonché altri insigniti “del cingolo militare, ordine allora il più riputato di Cavalleria”, appartennero alla classe dei notai.

LA  BLASONATURA  DEI  SEGGI

 Ogni piazza si distingueva, anche, per l’utilizzo di specifiche “arme blasonate”, che spesso furono collegate alla storia del quartiere e sue caratteristiche urbane. Scrive il Torelli che tali armi “si sono aggiunte secondo le convenevolezze di essi, i Sostegni, e i Mantenitori, che i latini chiamano Telamones, e Atlantes, intendendo per sostegni, secondo le regole de gli Armeresti, le Fere, e gl’altri animali strani, e per mantenitori, tutto ciò che ha sembianza humana, come sono i Puttini, e le Ninfe”.

4. I SEGGI

IL SEGGIO DI CAPUANA

 

Era opinione comune che prese il nome dalla porta da cui si dipartiva la strada che portava a Capua; studi recenti hanno accertato che detta strada  non conduceva a Capua e, pertanto, questo nome è dovuto alla presenza della potentefamiglia Capuano.
La sede di questo seggio principale rimase nei pressi della Porta omonima dal 1488, anno della costruzione della nuova porta per volontà di Ferrante I d’Aragona. Con questo progetto, detto sovrano intese celebrare la sua incoronazione al trono di Napoli e la sconfitta dei baroni ribelli. Su questa porta, poi, e sulle altre della città, gli eletti decisero, in occasione della temuta pestilenza (30 ottobre 1656), di far dipingere dall’artista Mattia Preti un’edicola votiva alla SS. Vergine protettrice, ai Santi Gennaro, Arcangelo e Rocco.

Tale sedile risulta essere fondato nel 1251 ed ingrandito nel 1453 con l’acquisto delle case di Matteo Filomarino e Petrillo Cossa. I suoi capitoli furono redatti il 22 settembre 1500. Nei Capitoli si fissarono le norme sulle aggregazioni al seggio:

1 – necessava essere nobili con i quattro quarti “di nome e d’arme”con avi paterni e materni nobili

2 – essere nato legittimamente da nobili o da persone imparentate

3 – non essere condannato “d’alcun vizio che offender potesse la Nobiltà”, tanto da rischiare anche l’espulsione, a riconoscimento avvenuto.
Questo modello di regolamento fu ripreso da altri sedili.

Prese come Santo protettore il Santo Martino, barone e vescovo di Tours, che dette poi il nome al seggio minore, soppresso con la riforma angioina. Presentava, inoltre:

1- Arma del seggio: era formata da un cavallo frenato d’oro in campo azzurro/rosso. Secondo Giovanni Villani detta immagine si ispirava ad un’antica statua in bronzo di un cavallo famoso, già insegna della città di Napoli, che fu distrutta dai “miniscalchi” di Napoli per costruirci le campane della “maiore Ecclesia” nel 1332. Secondo il Mazzella, inoltre, tale statua sarebbe stata modificata ai tempi della conquista di Napoli da parte dell’imperatore Corrado (1253). La statua del cavallo, che stava dinanzi alla chiesa Maggiore a “dimostrare la libertà della città”, venne così trasformata per volere del suddetto re che vi fece scolpire le redini, simbolo di remissione.
Re Carlo I volle per quest’arma far scrivere i seguenti versi: “HACTENUS EFFRENUS DOMINI, NUNC PARET HABENIS, REX DOMAT HUNC AEQUUS, PARTHENOPENSIS EQUUM”, ad indicare che un re giusto è capace di domare un cavallo sfrenato. Infine, il menzionato Torelli completa la descrizione dell’arma, aggiungendo “lo scudo timbrato di corona colla divisa, e i pennoncelli, come di sopra, i sostegni sono due cavalli frenati d’oro divisi d’argento”.

 

2 – I seggi minori erano:
Seggio dei Melari o Melazzi, dal nome della famiglia nobile fondatrice;
Seggio di S. Stefano, così chiamato per la vicina chiesa omonima;

 

Seggio dei Santi Apostoli, per la chiesa omonima che era ubicata alle spalle del palazzo di Somma;

Seggio di S. Martino, dal nome della vicina chiesa che aveva per arme il Santo a cavallo che strappa il proprio mantello con un povero mendicante, sul retro vi era l’ospedale della Pace. Tale seggio minore era, già, menzionato nell’atto del 1196 tra il sig. Capece Scondito e la badessa Rumbe del monastero di S.Maria D’Agone

 

 

Seggio dei Manocchi o Manocci, da un’antica famiglia ivi residente con arma d’argento alla fascia rossa con palma uscente.
Il seggio di Capuana risulterebbe, però inizialmente gestito da tre nuclei familiari, quali gli Aienti, i Caracciolo ed i Capece, che delimitavano tre quartieri.
L’elenco delle famiglie ascritte, secondo il Mazzella, alla data della pubblicazione della sua opera (1601) era così composto: Acciapaccio, Arcella, Aprano, Barrile, Bocca Pianoli, Buoncompagno, Bozzuta, CantelmiCapeceCaraccioli SvizzeriCaraccioli Rossi, Carbone, Crispani, CosciaColonnaDentici, di Forma, GaleotaFilomarino, Latri, Leonessa, Guindazzo, Lagni, MinutoloMariconda, Mendozza, Manselli, MarraMorraOrsinaLoffreda, Pandoni, Piscicella, Protonobilissimo, Seripanno, Scondito, Silva, di SommaToccoTomacello, Saracino, Zurlo.
A quella data i casati estinti erano: Acciaiolo, Aiello, Agala, Aquillio, Arbusto, dell’Aversana, Cataneo, Cassiano, Cappasanta, Comino, Franco, Gagliardo, De Insula, Mansella, Pesce, Procolo, Quaracello, Frangipane, Siginulfo, Tarcello, Varavallo, Virginio, Zamarella.
Il Torelli, invece, nella citata opera  “Lo splendore della Nobiltà napoletana”, edita nel 1678 mise in luce l’esistenza di una ripartizione di casati per quartiere, elencando le principali famiglie, ivi residenti.
Nel quartiere degli Alienti avevano a quel tempo dimora: Buoncompagno, Cantelmo, Crispano, Dentice, Filomarini, Guindazzi, Lagni, Leonessa, Loffredo, Maricondo, Marra, Morra, Orsino, Silva, Somma, Tocco.

Nel quartiere dei Capece vi erano: Capece, Galeota, Latro, Minutolo, Piscicelli, Sconditi, Tomacello, Zurlo.

Il quartiere dei Caracciolo ospitava: Caracciolo Rossi, Caracciolo Pisquizi o Sguizzeri

A distanza di quasi un secolo, il Capecelatro, nell’opera del 1769, elenca le seguenti famiglie, senza alcuna distinzione: Caraccioli Pisquizi, Caraccioli Rossi, Capeci, Capeci Aprani, Capeci Bozzuti, Capeci Galeoti, Capeci Minutoli, Capeci Piscicelli, Capeci Sconditi, Capeci Tomacelli, Capeci Zurli, Capeci Latri. Secondo detto autore, le famiglie aggiunte erano: Boccapianola, Brancia, Buoncompagni, Cantelmi, Colonna dei duchi di Zagarola, Crispani, Barrilli, Dentice del Pesce, Filomarini, di Forma, Guindazzi, di Lagni, della Leonessa, Loffredi, Mariconda, Marra, Mendozza del Principe di Melito, Morra, Orsini del duca di Bracciano, Seripandi, di Silva, di Somma, Tocco delle Onde, Franchi. Invece, le famiglie “spente”,  a quella data: Acciajoli, Acciapacci, Ajossa, Aquilio Arbusto, Arcella, Aversana, Barrese, Carbone, Catanei, Cappasanti, Guigliart, dell’Isola, Mansella, Mastaro, Pandoni, Pesce, Proculo, Siginolfo, Tortello, Varavalli, Buccasinghi, Persico.

fonte

nobili-napoletani.it

 

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