Il mare e la Costiera del Cilento. Appunti di viaggio dalla Lucania antica
Il Cilento fra i greci presocratici ed Hemingway.
La Lucania abita anche qui. Vantava nei millenni trascorsi la costa sul Tirreno, il Cilento. E, noi lucani, al Cilento siamo legati antropologicamente, forse d’istinto. Prosegue verso sud la Costiera Amalfitana ben più celebrata, più danarosa e filoamericana, fastosa e di più facile consumo.
La Costiera del Cilento è per certi aspetti più rude, forse più selvaggia, ricca di natura e dignitosamente arcaica; non celebra grandi eventi ma, come quella amalfitana, conserva un fascino intenso e primitivo, sebbene la presunta civiltà ne abbia intaccato alcune fondamenta. Con invasioni di cemento a mala pena controllate. Restano invece compatibili con la natura quei villaggi turistici che si nascondono fra le immense distese di ulivi secolari a poche decine di metri dal mare.
Già, il mare: è invitante e limpido il mare del Cilento come pochi eguali sul Tirreno. Lo si apprezza quando si va in barca: faraglioni e grotte azzurre, baie e insenature accessibili solo per mare. Gli scogli sembrano sculture al vento, tempeste ed acqua ne hanno scolpito i profili da tempo immemore. Stormi di gabbiani fanno da vedetta sugli scogli, dopo aver planato sul mare e quelle decine di torri secolari disseminate sulla costa: si avvistavano le navi pirate e saracene: “Mamma li turchi!” si gridava per lo spavento. Il mare è come un testo scritto: si sfogliano le pagine ed in ognuna si trova almeno un verso da sottolineare. Pure quando sembra piatto ed immobile, il blu cobalto è attraversato da flussi di maree senza tempo. E filamenti di nuvole vagheggiano in un’unica cornice luminosa.
È qui che si avverte il sapore della Lucania antica, il “mare nostrum” per eccellenza. Qui erano lucani pre-romani e pre-ellenici, prima del mito del “Nocchiero” di Enea che toccò Palinuro, estremo lembo che con Camerota Marina fissa l’estremità nord del golfo di Policastro.
Sul promontorio arcuato dove svetta il paese, la cala e l’approdo turistico: Palinuro si offre bellissima e sul mare presenta le sue grotte più suggestive: la Grotta delle Ossa e soprattutto la Grotta Azzurra, uno spettacolo di colori cangianti. Più giù di Camerota invece un porto naturale ospita ancora oggi imbarcazioni di alta portata: è la Baia degli Infreschi, cosiddetta per via delle attigue sorgenti di acque dolci, conosciute già dalle flotte romane per il rifornimento idrico. La baia è dominata dalla chiesetta di San Lazzaro, festeggiato nei giorni di agosto con una processione sul mare.
La Baia degli Infreschi è talmente bella che l’UNESCO l’ha annessa sotto la propria tutela. È una notizia non di poco conto ma scarsamente diffusa. Questo sì che è un peccato!
È un luogo d’incanto questa Lucania remota, estremo approdo sulla costa tirrenica degli indigeni arcaici. È Magna Grecia anche quì, che ancora rimanda ad oggi quei nomi mitologici fra gli abitati di Acciaroli, di Pioppi fino a Paestum, e attorno ai resti dell’antica Velia che per i Greci era Elea, patria colta dei filosofi Parmenide e Zenone, fondatori presocratici della scuola eleatica, cinque secoli prima di Cristo. Qui corrono ancora nomi come Telemaco, Dionigi, Enea, Diomede, Achille.
Ad Acciaroli si scopre invece che nel dopoguerra ha soggiornato un certo Ernest Hemingway, sì, proprio lui che amava uscire in mare con un vecchio pescatore del posto di nome Masarone. Andava con la sua vecchia barca al largo della costa cilentana, fra le grotte e il mare aperto. Forse anche qui come sui mari cubani lo scrittore americano si ispirò per quel romanzo struggente che è “Il vecchio e il mare” (scritto nel ‘52), che il volto di Spencer Tracy rese immortale sullo schermo.
Acciaroli, Palinuro, Camerota, Scario, Policastro e Maratea (l’unica lucana di oggi): un susseguirsi di riflessi in un mare cobalto. Dalla costa all’interno del Parco nazionale, toccando Vallo della Lucania (si chiama ancora così dall’antichità) e poi i monti Alburni cantati dallo scrittore Sinisgalli, territori che un tempo era tutta Lucania.
Ora i richiami del sole che riflette i suoi raggi in un mare fra i più limpidi, ci parlano di antico e raccontano di un viaggio nella storia nostra, nello spirito del luogo che non avverte confini.
Armando Lostaglio
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