Il Sesto Seggio, del popolo
Con il sesto seggio,il popolo recuperò pari dignità rispetto ai nobili, in quanto il proprio rappresentante fu chiamato a firmare un Capitolo d’accordo che prevedeva il solenne giuramento di fedeltà al sovrano aragonese e suoi successori.
Carlo VIII, poi, con decreto del 15 maggio 1495 concesse nuovamente al popolo il diritto di radunarsi presso il proprio sedile, la cui sede fu fissata nel chiostro del convento di Sant’Agostino alla Zecca. Il nuovo eletto del Popolo fu Giovanni Carlo Tramontano che mantenne la banca del Popolo con 29 capi popolo, detti consultori. Tale piazza non fu organizzata a quartieri, come per i sedili nobiliari, bensì suddivisa in ventinove “ottine”, luoghi ove si riunivano le famiglie popolari delle ventinove antiche strade di Napoli. L’ottina, in principio, si compose di solo otto famiglie, poi passò a dieci e faceva riferimento sempre ad una chiesa. Per ogni ottina, poi, si eleggeva un capitano del Popolo o Capo Popolo, scelto tra sei cittadini, che a sua volta venivano nominati con voto segreto (poi sostituito con nomina regia o votazione pilotata dal re) di due “procuratori”. Quando la nomina dell’eletto del Popolo divenne reale in epoca spagnola, costui provvide alla scelta dei sei uomini della piazza. Il Capecelatro evidenziò quest’aspetto di sudditanza e fedeltà al re in questo processo di nomina, tanto da influire sulle scelte politiche del rappresentante, che aderiva “sempre ai vicerè in guisa tale, ch’eran più tosto mezzo ad effettuare il loro volere, che procuratori dell’utile del popolo a loro commesso”. Questo eletto, comunque, andava a rappresentare la piazza del Popolo presso il Tribunale di S. Lorenzo, come gli fu consentito di esercitare giustizia sommaria (privilegio di re Ferdinando il Cattolico del 28 maggio 1507) sui venditori che esercitavano il commercio in piazza del mercato tra il lunedì ed il venerdì (il condannato aveva diritto di appellarsi al prefetto dell’Annona). Inoltre, l’eletto di Popolo aveva il diritto a nominare i “capitani di guerra” e reclutare una milizia cittadina in caso di guerra. Queste nomine del “maestro di campo” e dei capi della milizia civica, spettanti al sedile di Popolo, venivano presentate al Viceré tra varie candidature del ceto aristocratico. In epoca spagnola, a seguito della rivolta di Masaniello, il seggio rischiò di essere soppresso e solo grazie all’intervento dell’Arcivescovo di Napoli, Filomarino, riuscì a riportare la pace salvandolo (26 agosto 1647).
Inoltre, il seggio di Popolo presentava: 1 – Arma del seggio: era rappresentata da una “P” maiuscola (Popolo) di nero in campo oro e rosso. Tale lettera fu sostituita con una “C” (Civitas) nel tempo che resterà poi come emblema civico dell’amministrazione di Napoli.
2 – Le citate “ottine” comprendenti il seggio fino all’epoca dell’abolizione dei sedili furono: Capuana, Armieri, Case Nuove, Fistola, Donnalbina, Forcella, Bajano, Mercato Grande, Loggia di Genova, Mercato Vecchio, Nido, Porta del Caputo, Rua Catalana, Rua Toscana, Porto, S. Angelo a Segno, Santa Caterina Spina Corona, S. Gennaro all’Olmo, S. Giovanni Maggiore, S. Giovanni a Mare, Santa Maria Maggiore, S. Giuseppe a Carità, Della Scalesia, Sellaria, Vicaria Vecchia, Vergini, Spezieria Antica, S. Spirito di Palazzo.
3 – Il regolamento, “capitoli”, di seggio fu approvato , con i suoi 20 articoli, il 22 ottobre 1522.
CIT. I SEDILI DI NAPOLI