Il Sud e l’Unità d’Italia: breve viaggio nella storia del meridionalismo
“Il Sud e l’Unità d’Italia. La questione meridionale: Breve viaggio nella storia del meridionalismo. Come nasce l’egemonia del Nord sul Mezzogiorno.
Breve viaggio nella storia del meridionalismo
“L’Unità d’Italia non è avvenuta su basi di uguaglianza, ma come egemonia del Nord sul Mezzogiorno, nel rapporto territoriale città-campagna. Cioè, il Nord concretamente era una “piovra” che si è arricchita a spese del SUD e il suo incremento economico-industriale è stato in rapporto diretto con l’impoverimento dell’economia e dell’agricoltura meridionale. L’Italia Settentrionale ha soggiogato l’Italia meridionale e le isole, riducendole a colonie di sfruttamento.”
Fu così che Antonio Gramsci pose sotto la lente d’ingrandimento la crisi del SUD, iniziata con l’Unità d’Italia, per analizzare, a livello macroscopico, i più piccoli dettagli che contribuirono alla realizzazione di una “bruttura storica e culturale”, che stringe ancora in una morsa lo stivale italiano.
Il SUD e l’Unità d’Italia
L’Unità d’Italia fu un furto legalizzato, una vera e propria rapina. I fatti lo dimostrano.
Il Sud, più avanzato e più ricco del Nord, fu un bottino su cui mettere le mani. Il Regno borbonico fu il più solvibile d’Europa, quello piemontese il più indebitato.
Ancora Gramsci: “Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo i contadini poveri, che scrittori salariati tentarono d’infamare col marchio di briganti” (in “l’Ordine nuovo” 1920).
Antonio Ciano, nel suo libro “I Savoia e il Massacro al SUD” scritto nel 1996, affermò che dal 1861 al 1871 furono abbattuti milioni di contadini; città indifese furono distrutte; vecchi, bambini e donne trucidati.
Di questo massacro, il governo piemontese non fornì alcun dato perché nessuno potesse sapere. Lo scrittore aprì il suo libro con tabelle statistiche che misero in evidenza il forte divario tra il Regno delle Due Sicilie e il Regno Sardegna/Piemonte.
Nel 1856, nella Conferenza Internazionale di Parigi, il Regno delle Due Sicilie ottenne il premio di terzo paese del mondo.
Nel 1860 i ruoli s’invertirono.
Scrisse, Ciano, che non è vero che esiste l’Italia, ma due Italie, quella del Nord e quella del Sud, una ricca e una povera.
Il colonialismo imposto dal Piemonte nel 1860 rafforzò il potere della borghesia del Nord a danno dell’autonomia del Sud che venne massacrato.
Il 1861 è un anno che ogni Meridionale dovrebbe ricordare per smascherare la pseudo unità, imposta con la forza, e non voluta.
La Terra di Lavoro oggi Campania, fino al 1860, fu la regione con un importante sviluppo industriale. In tutto il Sud nacquero industrie che rappresentarono il fiore all’occhiello dell’economia del Regno dei Borboni.
Fu distrutto tutto.
L’economia monetaria del meridione fu la più florida; in proporzione, appartenne al mezzogiorno la percentuale più alta di denaro che circolò, in quei tempi, in Italia.
I Savoia depredarono tutte le ricchezze, la prima rapina storica al Mezzogiorno perpetuò il danno più grande proprio alla sua “cassa”.
Per i Piemontesi l’unificazione della cassa rappresentò solo la giustificazione per accompagnare, in via apparentemente pacifica, l’oro del Sud al Nord.
A poco servì la lotta popolare, se non ad allungare la distanza temporale tra un massacro e un altro.
Tutti coloro che difesero la propria terra furono definiti “briganti” e furono annientati, perché oppositori delle mire colonialistiche dei signori del nord.
La rappresaglia piemontese replicò “per ogni soldato ucciso moriranno cento cafoni”.
Servirono il sangue e i soldi dei meridionali per poter parlare di Unità degli Italiani!
Il “nemico”, definto con disprezzo “terrone”, fu dissacrato e messo in condizione di non poter più risorgere per combattere l’ingiustizia sociale.
Iniziò la campagna denigratoria tesa a esaltare il Piemonte e a disprezzare pubblicamente la civiltà borbonica, della quale fu sequestrata la magnificenza.
Iniziò, e non è mai finita, la più grande ipocrisia a livello societario, che trasse la sua forza dall’annientamento della superiorità osteggiata e piegata incivilmente.
Tramutando le vittime in carnefici, i carnefici diventarono le vittime.
I primi partigiani furono i Borboni. Capirono, subito, la natura dell’invasione; la stessa ebbe, invece, il merito di essere decantata, entrando nei libri di storia, perché raccontata come unica “salvezza” per il paese, in quanto guerra non dichiarata.
Ma anche Pino Aprile, giornalista e scrittore italiano contemporaneo, ha scritto nel suo libro “TERRONI” che “l’Unità d’Italia non è mai stata fatta”, perché Unità non significa unificare la penisola “tenendo il SUD sotto schiaffo”.
Dopo averlo saccheggiato e spogliato delle sue attività produttive, il Sud fu totalmente abbandonato.
La malavita, messa ai margini della vita sociale nel Regno delle due Sicilie, divenne la padrona incontrastata del sud, per sopperire alla perdita della consolidata stabilità sociale e all’assenza di regole stabilite dal potere centrale.
Nacquero le mafie che cominciarono a stringere alleanze, ben coperte, con i nuovi padroni.
I napoletani, sofferenti per le conseguenze dell’Unità, conobbero la figura del camorrista, figlio del brigantaggio; e la figura del “guappo” (dallo spagnolo “guapo” coraggioso) rafforzò la sua egemonia sulle coscienze popolari.
Iniziò il fenomeno dell’emigrazione, prima quasi sconosciuto.
Il Regno delle Due Sicilie fu salutato nel 1861 dall’ultimo Re Francesco II con queste parole: “Il Nord non lascerà ai meridionali neanche gli occhi per piangere.”
Ma “i popoli meridionali sono sempre stati civili, non hanno mai invaso territori altrui e sono diventati belve quando hanno visto insidiare le loro donne e la loro libertà”, scrisse ancora Ciano.
“Una volta i generali savoiardi fucilavano i nostri contadini, oggi massacrano le nostre menti con le televisioni i cui proprietari sono i liberi massoni di ieri. Non è cambiato niente.”
La bandiera della Due Sicilie fu la bandiera della terra del Sud per 730 anni.
“Il Risorgimento ha plagiato la mente dei coglioni. Io sono orgoglioso di essere chiamato Terrone e Brigante, sono stati eroi, hanno combattuto contro i nostri invasori e hanno difeso le nostre donne, fino alla morte.”
Saremmo privi di onestà intellettuale, se non fossimo d’accordo con Antonio Ciano!
Siamo orgogliosi di essere chiamati TERRONI per non aver “giocato sporco”.
Imma Lamboglia
fonte
Tutto vero quello che l’articolo riporta e indigna anche a distanza tutti quelli che non siano ammanicati in politica… parlamentari o ex… ma la cosa che più rattrista e’ la consapevolezza acquiescente dei tanti del sud piazzatisi in posizioni prestigiose nell’ambito della gestione della repubblica, a cominciare dai Presidenti… Ai tempi dell’unità d’Italia tout court furono traditori, e quelli di oggi come li possiamo definire?…Profittatori o acquiescenti allo “status quo”, e mai però’ una qualche proposta o un qualche dibattito per ripensare come poteva nascere un’unità d’Italia che non mortificasse nessuno ma ne valorizzasse la ricchezza delle diverse storie dei suoi popoli di antica civiltà… Nei secoli passati si pensava solo a conquistare territori per aumentare forza rispetto alle altre entità statuali esistenti… ma oggi si può pensare invece ad altre forme solidali di cui abbiamo esempio, e da noi oggi italiani la potremmo realizzare organizzandoci in una “Confederazione” nel rispetto della storia millenaria di tutti i popoli ed entità statuali presenti per secoli “dall’Alpe alle Piramidi”… fino al cosiddetto risorgimento, che fu un appiattimento sotto una falso e posticcio governo romano.