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La fedeltà della classe forense al Real Trono nella congiura del 1794

Posted by on Dic 6, 2022

La fedeltà della classe forense al Real Trono nella congiura del 1794

La storiografia liberal-crociana ha tramandato un modello preconcettuale di storia Patria, spesso lontano da scomode verità sui fatti realmente accaduti nel regno di Napoli. E’ pregiudizio che le congiure napoletane, di fine settecento, contro il legittimo sovrano Borbone trovarono il sostegno di determinate classi sociali dominanti o emergenti.

Difatti, si è consolidata con gli storici risorgimentali l’idea che la repubblica partenopea fu voluta da una elite aristocratica anti-monarchica, quantunque vi è testimonianza accertata di molti nobili del regno rimasti fedeli al proprio sovrano, in quel contesto di eventi. Analogamente si è ritenuto che la cultura illuministica e filo-giacobina attecchì tra tutti gli esponenti del “Terzo Stato”, tra cui il ceto forense che fu ricordato tra i principali protagonisti attivi delle diverse sommosse anti-monarchiche.

 Il libretto “Supplica al Real Trono, umiliata dagli Avvocati e Procuratori de’Tribunali di questa Capitale”, dell’Archivio Pescolanciano, (dato alle stampe a Napoli nel 1794) rappresenta invece una prova della contro-storia napoletana non “deviata” o “manipolata” per fini politici giustificativi. L’opera, composta da poche pagine riflessive sui tragici eventi sanguinari della contemporanea Rivoluzione Francese ed edita all’indomani della scongiurata insurrezione regicida del 1794 in Napoli, rappresenta quella risposta di solidarietà al governo Reale da parte della classe degli avvocati e procuratori. Costoro furono genericamente accostati (secondo il pregiudizio risorgimentale che ,di contro,voleva gli antichi e noti rappresentanti del Diritto sostenitori del processo di rinnovamento governativo nello Stato “assoluto” dei Borbone) ai pochi rappresentanti giacobini del foro di Napoli, quali Mario Pagano (1748-1799), Gaetano Filangeri (1752-1788),Giuseppe M.Galanti (1743-1806), che accolsero le tesi dell’illuminismo napoletano (erede del giurisdizionalismo empirico con le sue rivendicazioni sui corretti rapporti tra Stato e Chiesa) nella lotta liberatoria ai privilegi feudali e regi. Gli avvocati del Regno, invece, invocarono, a mezzo di tali pagine della citata pubblicazione, ogni sorta di legittima difesa del Re per i “i suoi Regni, e la giusta, e meritata vendetta de’crudeli,e micidiali oppressori dell’Uomo, e della Società”(p.4), onde debellare “gli orrori, che di giorno in giorno succedono in Francia collo spargimento del sangue degli uomini i più onesti, e virtuosi e coll’essersi oramai annientati i preziosi dritti della proprietà”. Del resto, la risposta dei forensi fu consequenziale alla dichiarazione di guerra della Francia rivoluzionaria all’Austria e Prussia (20 apr.1792) o all’occupazione delle “Fiandre Belgiche”, al massacro dei realisti nelle prigioni parigine (2 sett.1792), al processo e decapitazione del Delfino re Luigi XVI (21 genn.1793) e della consorte la regina Maria Antonietta (16 ott.1793), sorella di Maria Carolina regina di Napoli e Sicilia. Inoltre, la congiura napoletana del 1794, mirando allo sterminio della famiglia Reale, intese instaurare nel regno una repubblica analoga a quella francese, in cui  colpire i privilegiati ed i privilegi (“guerre aux privilegiés et aux priviléges”) a tal punto da preoccupare gli animi degli stessi difensori del Diritto. La “Supplica”, quindi, osteggiò qualsiasi forma di governo giacobino già “nelle mani di orribili, e fieri tiranni, cresciuti o nella scuola della più bassa miscredenza, o del più abominevole mal costume”(p.5), ove “i delitti si moltiplicano di momento a momento”. Fu, pure, ampiamente criticata l’illusoria rivoluzione francese per gli orrendi delitti e le catastrofiche ruberie,giustificati con il diritto dei popoli alla Libertà ed Uguaglianza, cioè con quei princìpi sui quali si uniformarono “pochi individui ad immaginare che per questa massima potesse l’uomo esser felice”(p.6). Gli avvocati, pertanto, si appellarono al “Diritto Naturale” che poneva in discussione i “falsi principi” e ribadiva l’impossibilità di “sconvolgere le leggi della Natura”, per le quali nascono e crescono “gli uomini dispari di forze, e di talenti”. Inoltre,gli studiosi di legge intesero, con la pubblicazione della supplica, mettere in guardia i sudditi del regno dalla falsa rivoluzione giacobina, propinatrice di un irreale riscatto sociale delle masse popolari, oppresse dalle cicliche crisi agricole e conseguenti rarefazioni dei generi alimentari. Quel tanto contestato sistema amministrativo del governo del feudo, che i riformisti-illuministi del regno di Napoli intesero debellare con progetti anarchici risolutivi e radicali, garantì,al contrario, nei secoli un meccanismo di sopravvivenza per le classi meno abbienti. I contadini, difatti, poterono contare, per le necessità fisiologiche, sul regolamento degli “usi civici” delle terre (“jura civitatis”, il diritto di raccolta e pascolo di erbe o ghiande o legna etc), nonché sull’esistenza di un “demanio regio” di proprietà della Corona o di un “demanio comunale-universale” di non esclusiva prerogativa di una classe feudale. Si aggiunga, pure, lo sforzo, a fine settecento, del governo reale nel regolamentare con provvedimenti legislativi la dibattuta questione del latifondo (provvedimenti del 12 sett.1769 sulla concessione ultradecennale dei feudi ecclesiastici agli agricoltori nullatenenti, del 17 ago.1771 sulla trasformazione dei lunghi contratti di fitto in enfiteusi, del 6 feb.1773 sul divieto di usare metodi di “oppressione ai naturali”,del 20 ott.1775 sulle procedure di inquisizione contro i baroni macchiati di concussione, oppressione e violenze sui sudditi del Re, del 17 ago.1781 sull’istituzione dei Monti Frumentari per la concessione del credito ai poveri agricoltori, del 2 ap.-27 mag.1787 sull’esenzione quarantennale da ogni tassazione per i terreni messi in produzione per la prima volta).

Alla conclusiva conferma di fedeltà al Re ed alla Patria, espressa dal ceto forense, anche a rischio del sacrificio dei “loro beni, e loro vita”(p.8), nonché contro la cultura del terrore giacobino e per la difesa della “Religione, Sovrano, Leggi Patrie” (p.11) fece seguito un Real Dispaccio di “Sovrano Compiacimento” per il tramite del Presidente del S.R.C., marchese D.Baldassarre Cito, con cui il re Ferdinando IV espresse la sua sentita gratitudine.     

di Ettore d’Alessandro di Pescolanciano

fonte

https://www.adsic.it/2011/02/19/la-fedelta-della-classe-forense-al-real-trono-nella-congiura-del-1794/#more-2195

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