La formazione dell’opinione pubblica. Aspetti della guerra psicologica* (1° Parte)
Lungo i secoli, la Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione si sono scontrate in ogni possibile campo: politico, filosofico, culturale, religioso e perfino militare. Il principale campo di battaglia, però, resta sempre l’opinione pubblica.
Dal relativo peso sull’opinione pubblica di uno o dell’altro schieramento dipende il progresso oppure il retrocesso di entrambe. Per un contro-rivoluzionario, studiare l’opinione pubblica e le tecniche per influenzarla è come per un militare imparare le tattiche di guerra e l’uso delle armi. Oggi non si tratta più semplicemente di una guerra ideologica, quanto piuttosto psicologica.
La guerra psicologica
Da quando, nel secolo VI AC, Sun Tzu rilevò i fattori psicologici coinvolti in una guerra, questo elemento è stato sempre presente in tutti i conflitti. A lungo ritenuto un elemento secondario della guerra, nel secolo XX l’aspetto psicologico acquisì un’importanza crescente, anche ma se considerato ancora come un coadiuvante.
Man mano gli esperti capirono che si trattava di una guerra a sé – intrecciata col conflitto armato e con quello politico – che poteva a volte vincere battaglie decisive anche da sola. Nacque così il concetto di guerra psicologica (Psychological Warfare). Le vecchie tecniche di persuasione ideologica man mano lasciarono il campo a quelle psicologiche. Queste nuove tecniche, scrive Plinio Corrêa de Oliveira, “non sono inferiori [alla propaganda ideologica] e, sotto alcuni aspetti, perfino la superano, come tecniche di persuasione indiretta e implicita”.[1]
Prenderò qualche spunto da una collettanea di testi di Plinio Corrêa de Oliveira intitolata Psy-War, tratti soprattutto da conferenze negli anni 1978-1979.[2] La collettanea comprende ben 541 pagine. Dovrò, dunque, essere quasi schematico nella mia esposizione.
La guerra psicologica rivoluzionaria
“Nell’ordine concreto – dice il pensatore brasiliano – nei nostri giorni la guerra psicologica è il grande mezzo di conquista della Rivoluzione. Ci troviamo in una situazione di netto vantaggio della Rivoluzione sulla Contro-Rivoluzione, situazione raggiunta col largo utilizzo della guerra psicologica. La guerra classica – politica e militare – continua, ma è un mero supporto a quella psicologica, e non più l’elemento principale”.
Come indica il suo nome, si tratta di una guerra, portata avanti con mezzi psicologici, al servizio della Rivoluzione. Ha come scopo “polverizzare qualsiasi parvenza di ordine, instaurando l’anarchia tribale”.[3] Proprio perché di solito non utilizza mezzi violenti, questa guerra non è sempre facile da percepire e, quindi, da debellare. Questa mancanza di percezione della guerra psicologica rivoluzionaria ha costituito un vero handicap per certa destra nei tempi moderni. Negli anni Ottanta, per esempio, la “neorrevolución” del PSOE – tutta psicologica e culturale – spiazzò completamente la destra spagnola, ancora aggrappata agli schemi franchisti della Guerra Civile.
Noi dobbiamo avere la consapevolezza di essere in guerra. “I concetti di guerra e di pace si sono confusi e mescolati – scrive Plinio Corrêa de Oliveira – La pace totale non esiste più, è un aspetto velato della guerra. E la guerra totale non esiste più perché indossa la maschera della pace. Quando c’è un misto di pace e di guerra, non c’è pace, c’è la guerra. Oggi c’è uno stato di guerra permanente, una psy-guerra. Dobbiamo assolutamente smettere di immaginare di essere in pace. Siamo in uno stato di guerra permanente”.
Ed ecco un aspetto di questa guerra: lo scontro interno, cioè nelle nostre stesse anime, fra la sensazione di normalità e la consapevolezza di essere in guerra contro la Rivoluzione. In noi non c’è spazio per lo spirito borghese e pacifista. “In questo senso – commenta Plinio Corrêa de Oliveira – questa serie di riunioni sulla psy-war è anche una sorta di esercizi spirituali per estirpare dalla nostra anima lo spirito pacifista borghese”.
La guerra psicologica comprende quella ideologica: “Ho sempre sostenuto che la guerra delle idee, cioè lanciare idee contro un avversario che ha delle idee, in modo tale da conquistare alle nostre idee elementi neutri che oscillano tra loro e noi, oppure elementi che stanno dalla loro parte ma che hanno ancora delle zone mentali dalla nostra parte, questa è la cosa più efficace che si possa fare, e che è più decisiva per la storia del mondo delle guerre belliche. Ritengo che maneggiare le idee sia molto più decisivo per la storia del mondo che maneggiare le armi. Noi conduciamo la battaglia incruenta delle idee più decisiva che se avessimo mitragliatrici o lanciassimo bombe”.
La guerra psicologica rivoluzionaria si distingue dall’indottrinamento classico perché agisce direttamente sulle tendenze: “La propaganda rivoluzionaria classica diffondeva le dottrine per via logica. Ora si è passati alla psico-propaganda. Nella psico-propaganda la diffusione è molto meno di dottrine quanto di impressioni, ed è rivolta molto più all’inconscio e al temperamento che alla logica. La propaganda dottrinale fa evolvere l’individuo attraverso i processi del normale ragionamento, toccando determinati interessi. La psico-propaganda manipola il nucleo della mentalità umana. In questo senso una nuova forma di bottiglia può aiutare di più il comunismo che mille discorsi di un leader comunista”.
Questa guerra ha un lato soprannaturale, oppure preternaturale: “La guerra psicologica rivoluzionaria, considerata come un sistema di lotta tra anime in connessione con la Contro-Rivoluzione e la Rivoluzione, entra nel soprannaturale e nel preternaturale. È una guerra tutta intrisa di soprannaturale o di preternaturale, il che le conferisce una bellezza augusta. Allo stesso tempo lottiamo noi e lottano sopra di noi gli angeli e i demoni”. In questo senso, è una guerra religiosa.
D’altronde, è una guerra fra due opposte esemplarità: quella che partendo dalla bellezza porta verso l’alto fino a Dio, e quella che partendo dall’orrendo porta verso il basso fino al demonio. Ed ecco il pulchrum della lotta contro-rivoluzionaria, non sempre trattato dagli autori tradizionalisti.
Lo scopo della guerra psicologica rivoluzionaria
Entriamo dunque nell’analisi più dettagliata della guerra psicologica rivoluzionaria.
Qual è il suo scopo? Il dott. Plinio lo riassume così: “Non si tratta solo di capitolare davanti alla Rivoluzione, ma di rinunciare alla civiltà e far immergere nella IV Rivoluzione”. E continua: “È una strategia volta a prendere l’uomo che ha già potenzialmente aderito all’estremo della Rivoluzione, ma che ha molte abitudini mentali non ancora conformi alla Rivoluzione, e che perciò non osa rompere con le istituzioni e gli ambienti ai quali è abituato. Si tratta di prendere questa massa di uomini, che costituisce l’immensa maggioranza dell’Occidente, e fare una sorta di graduale lavaggio del cervello che tolga le convinzioni ai pochi che ancora ne hanno. I fatti superficiali della Storia non sono altro che artifici per accelerare questo processo di alterazione delle abitudini mentali dell’opinione pubblica, preparando non solo la capitolazione, ma la creazione dell’uomo tribale”.
Riassumendo. La guerra psicologica rivoluzionaria vuole:
– strappare le giuste convinzioni ai pochi che le hanno;
– strappare la possibilità di avere convinzioni ai pochi che hanno convinzioni
sbagliate;
– eliminare le abitudini mentali ancora civilizzate dei pochi che hanno civiltà;
– indurre tutti alla capitolazione, preparando la IV Rivoluzione.
Il dott. Plinio spiega, in modo assai dettagliato e pieno di esempi concreti, in cosa consista un’abitudine mentale rivoluzionaria, cioè un’abitudine senza base razionale salda radicata piuttosto nel subcosciente, e che la Rivoluzione scuote attraverso operazioni psicologiche, per esempio permettendo l’uso di abbigliamenti succinti nelle chiese. Senza negare dottrinalmente che la chiesa sia un luogo sacrale, la Rivoluzione smorza, salvo poi cancellare del tutto dallo spirito dei fedeli, l’esperienza che quello sia un luogo sacrale.
Continua…
*Conferenza data nel seminario “A scuola di politica. I fondamenti di teoria e di teoria dell’azione per chi vuole agire in politica”, organizzato dalla Fondazione Il Giglio, Napoli, 9 giugno 2022.
Note
[1] Plinio Corrêa de Oliveira, Trasbordo ideologico inavvertito e Dialogo, Editoriale Il Giglio, Napoli 2012, pp. 15-16.
[2] Psy-War, collettanea di testi di Plinio Corrêa de Oliveira, tratti da conferenze pubbliche per soci e cooperatori della TFP brasiliana. Dalla registrazione magnetofonica, senza revisione dell’autore.
[3] Plinio Corrêa de Oliveira, Tribalismo indígena. Ideal comuno-missionário para o Brasil do século XXI, Artpress, San Paolo, 1977.
fonte
La formazione dell’opinione pubblica Aspetti della guerra psicologica (1° Parte) (atfp.it)