LA MARINA MERCANTILE NAPOLETANA, LA CAUSA DELL’ UNITA’ D’ITALIA
La vera causa dell’unità d’Italia e della distruzione del Regno delle due Sicilie. Le industrie del Sud richiedevano continuamente materie prime e quindi richiedevano navi che le trasportassero.
Essendo l’Italia meridionale attraversata da una dorsale appenninica formata di aspre montagne, e quindi da vie di comunicazione di difficile attraversamento, fu naturale, sin dai tempi dell’Impero Romano, che uomini e merci viaggiassero per mare. Tutta la costa era punteggiata di centri i cui cantieri navali erano rinomati in tutto il mondo e che davano lavoro a migliaia d’operai occupai lavoravano nelle industrie collegate.
Nel 1818 il Regno delle Due Sicilie disponeva di 2.387 navi, nel 1833 il numero salì a 3.283, di cui ben 262 superiori alle 200 tonnellate e 42 che oltrepassavano le 300 tonnellate.
Nel 1834 i bastimenti arrivarono a 5.493 per salire a 6.803 nel 1838.
Nel 1852 il numero di navi e bastimenti arrivò a 8.884.
Nel 1860 la flotta mercantile borbonica, seconda d’Europa dopo quella inglese, contava 9.848 bastimenti per 259.910 tonnellate di stazza, dei quali 17 piroscafi a vapore per 3.748 tonnellate, 23 barks per 10.413 tonnellate 380 brigantini per 106.546 tonnellate, 211 brick schooners per 33.067 tonnellate, 6 navi per 2.432 tonnellate e moltissime imbarcazioni da pesca.
I cantieri navali erano sparsi per tutta la costa tirrenica, ionica e adriatica. Praticamente in ogni città costiera vi erano insediamenti accompagnati da scuole di formazione professionale e scuole marittime e nautiche. Tutti pensano che Gaeta, allora, fosse solo una roccaforte militare che dava ospitalità a circa 10.000 soldati. In realtà, attorno alla fortezza ruotava un’agricoltura ricchissima ed avanzata costellata da circa 300 trappeti che davano lavoro a centinaia di persone, come pure vi erano fabbriche di sapone e di reti. Gaeta, come altre città del Regno, era ricchissima e la sua flotta mercantile vantava molte società di navigazione con al servizio duemila marinai sempre in viaggio. Essa era composta da 100 brigantini e martegane, da 60 a 220 tonnellate di stazza, 60 paranzelle da 30-40 tonnellate e circa 200 barche a vela da 2 a 20 tonnellate di stazza che, ogni giorno, si recavano a Napoli o a Roma attraverso il Tevere, trasportando merci e passeggeri. I cantieri navali di Gaeta, da sempre attivi, costruivano brigantini, galeoni, saette e velieri che venivano anche esportati.
Tutto questo stava togliendo prestigio e competitività alla più imponente forza navale del tempo: la Marina Reale Inglese. Non solo, le navi napoletane toglievano fette sempre più ampie al mercato della cantieristica inglese, non solo erano ottime, ma tecnologicamente avanzate e anche più economiche.
Il varo della prima nave a vapore del mediterraneo, l’attuazione di rotte che giungevano in America del Nord, del Sud e nel Pacifico, ponevano le basi per intaccare i mercati commerciali Imperiali. Soprattutto, da lì a pochi anni, si sarebbe aperto il canale di Suez, e tal cosa avrebbe rischiato di fare diventare il porto di Napoli, non solo uno dei porti cardine dell’Europa, ma innanzitutto la porta dell’Europa verso il cuore dell’impero inglese: LE INDIE. Questo non doveva accadere, non poteva essere tollerato. Il resto lo conosciamo …
All’indomani dell’invasione piemontese, l’industria e la cantieristica del Regno delle Due Sicilie venne quasi praticamente tutta smontata e smantellata: si doveva estirpare alla radice quel temibile concorrente economico. Non solo, lo Stato Sabaudo, con una politica protezionistica a favore del Nord, con anticipi di capitale e generosi sussidi a favore delle compagnie liguri e della nascente industria padana, affossò patriotticamente la rimanente economia meridionale costringendo alla fame intere popolazioni. Con l’avvento dei Savoia, il Sud importò solo fame e miseria per sconfiggere le quali erano possibili due soluzioni: la rivoluzione o l’emigrazione. Il popolo tutto, verso la fine del 1860, insorse contro i piemontesi. Ma dieci anni di guerra civile, e una politica da terra bruciata da parte dei Savoia, finirono per distruggere l’intero assetto economico del Regno e la nazione precipitò nel baratro. Dopo la sconfitta i Meridionali furono costretti ad abbandonare in massa la loro terra.
Fonte: liberamente tratto da srs di Antonio Ciano Fonte internet: La Veja