La pizza napoletana di Loreto Giovannone
La più inutile delle discussioni di detrattori e prevaricatori della cultura Napolitana o meglio della parte dello stivale più immersa nel Mediterraneo, è sulle origini della pizza.
Oggi molti affermano che la pizza ha origini greche, fenicie, romane, araba dal termine “pita” commettendo (forse) uno degli errori più marchiani possibili in quanto la “pita” è un pane che non contiene altre componenti del cibo se non aggiunte a freddo ed a parte dalla cottura, invece, come noto a tutti, persino elementare, la pizza contiene una vastissima gamma di altri alimenti olio, formaggio, pesce (acciughe, tonno, cozze e vongole), carni lavorate (prosciutto, salame, mortadella), uova, verdure (cotte e crude), funghi, patate, pomodoro, ecc… aggiunti durante la cottura.
Quindi mentre la “pita” accompagna il cibo e rimane per millenni senza alcun alimento in cottura, al contrario la pizza contiene o può contenere condimenti o cibo e questo principio è napoletano. La dimostrazione? Il calzone, ebbene sì il calzone è la dimostrazione provata con i fatti del principio che la pizza contiene gli alimenti sin dalla cottura. Un principio simile lo ritroviamo nell’odierna frittata con gli spaghetti per i salati o la famosa, buonissima, pastiera napoletana con il grano o le altrettanto buone sfogliatelle per i dolci. In genere molti tendono a non attribuire alla napoletanità l’origine del noto alimento. I detrattori sono di due categorie circa: la prima ignorante perché non sa, la seconda in malafede perché obbedisce alla scellerata damnatio memoriae imposta sulla storia e la cultura di popolazioni e territori del mediterraneo. Purtroppo esiste una nutrita schiera di denigratori delle provincie mediterranee che ignora che il sud Italia ha il più alto tasso di cultura antropica mondiale, una stratificazione popoli e culture che attraversa un arco storico completo che va dall’ossidiana all’automobile.
Ma quando si parla del Sud, la parte dello stivale, come detto, più profondamente immersa nel Mediterraneo e nelle sue secolari tradizioni e culture, i detrattori sono in prima fila. Ed ecco che si afferma che la pizza margherita è una invenzione di fine ‘800 per Margherita di Savoia ma ignorando che la mozzarella risale almeno ai monaci del monastero di San Lorenzo di Capua che nel 1300 offrivano a tutti i pellegrini in viaggio un formaggio chiamato “mozza” o “provatura”, omettendo che il pomodoro fu importato dall’America quasi 400 anni prima. Si racconta notizie incerte come fosse verità. Insomma in barba a tutti i detrattori persino ai filo sabaudo un giorno di questo anno 2023, Dio o chi per lui decide di dare una lezione alla vasta popolazione di presupponenti. Oggi diciamo Dio ma viste le nostre radici culturali mediterranee dovremmo dire Anánke che nella religione greca antica è la dea del destino, della necessità inalterabile e del fato.
Insomma Dio, Anánke o chi volete voi all’inizio di quest’anno ha deciso di mettere fine ad un sacco di fandonie e stupidaggini e ha fatto riaffiorare dagli scavi di Pompei un affresco con sua maestà la pizza, grande e immensa testimonianza di un mondo che ha nel passato maestose vestigia di cultura e bellezza della vita.
«L’affresco è stato scoperto nell’atrio di una casa nell’insula 10 della Regio IX del sito archeologico»,[i] così è scritto nell’articolo di National Geographic di J. M. Sadurní e datato 03 luglio 2023. Il National Geographic poi prosegue: «Come spiegano i responsabili del Parco archeologico di Pompei, nell’affresco, che decorava le pareti di un’antica casa pompeiana, appare, sopra un vassoio d’argento, una focaccia (panis focacius), una forma di pane piatta, accanto a una coppa di vino, frutta e spezie. Sul pane sono disposti diversi frutti, come il melograno, conditi forse con datteri e con una specie di pesto (moretum in latino), come sembrano indicare i puntini gialli e ocra che si vedono nell’affresco. Sul vassoio ci sono anche frutti secchi e una ghirlanda di corbezzoli gialli».
Il cibo è indice di usi e costumi delle popolazioni antiche ed è uno degli indizi che gli archeologi seri seguono durante i loro lavori, le loro scoperte, quindi parlano gli archeologi competenti ma tenuti anonimi «Questo tipo d’iconografia così peculiare era nota nell’antichità come xenia ed era ispirata ai doni ospitali che venivano offerti agli invitati seguendo una tradizione greca di età ellenistica. Le dimensioni del vassoio raffigurato sono un indizio di questa usanza, menzionata nella letteratura classica. Secondo gli esperti questo tipo di dipinto era percepito dagli antichi romani come indice di raffinatezza non solo culinaria, ma anche letteraria e artistica». La xenia, accoglienza dell’ospite, è parte della cultura ellenista poi restata nell’area mediterranea sotto influenza della Magna Grecia. Poi il giornale riporta il commento del direttore straniero del sito archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel: «Oltre all’identificazione precisa dei cibi rappresentati, ritroviamo in questo affresco alcuni temi della tradizione ellenistica, elaborata poi da autori di epoca romana-imperiale come Virgilio, Marziale e Filostrato. Penso al contrasto tra un pasto frugale e semplice, che rimanda a una sfera tra il bucolico e il sacro, da un lato, e il lusso dei vassoi d’argento e la raffinatezza delle rappresentazioni artistiche e letterarie dall’altro». In conclusione hanno inventato di tutto per sottrarre anche la pizza a Napoli e ai “napolitani”, ma proprio tutto persino la peggiore delle porcherie globaliste che la pizza è un patrimonio dell’Unesco. Ma siamo scemi? La pizza è e rimarrà in eterno patrimonio di Napoli e di una certa napoletanità e questo oggi è ampiamente accertato. Grazie Anánke.
[i] https://www.storicang.it/a/a-pompei-laffresco-di-piatto-che-sembra-pizza_16248