La vergogna della fortezza delle finestrelle
Costruita per difendere i confini del regno di sardegna da una probabile invasione Francese, in realtà nel corso della sua storia è stata utilizzata quasi esclusivamente come prigione .Fortezza situata a quasi duemila metri di altezza, sulle montagne piemontesi, sulla sinistra del Chisone.
Dal 1861 con l’invasione del Regno delle due Sicilie ad opera dei piemontesi, i soldati del disciolto esercito Borbonico, che, sentendo alto il senso di appartenenza al Regno di Napoli, al grido di: “uno Dio uno Re”, non vollero tradire e furono deportati a migliaia nella fortezza di Finestrelle, ove la quasi totalità perse la vita per le dure condizioni di vita e per l’inclemenza delle condizioni atmosferiche della zona. Vestiti da divise di tela, i soldati Borbonici non potevano certo sopportare il rigido clima della zona, finestre senza vetri (poichè i meridionali dovevano abituarsi al clima rigido del nord). I corpi dei soldati, che morirono sulle alture di questa fortezza non sono mai stati ritrovati, si sa però per certo che i piemontesi usavano gettare nella calce viva i morti, è ancora possibile vedere una di queste buche dove sono stati ritrovati resti umani disciolti in una fanghiglia non ben definibile, con brandelli di accessori delle divise borboniche. La storia dei vincitori aveva condannato all’oblio i fieri e fedeli soldati, vittime di questo vero e proprio genocidio.
Nella fortezza delle Finestrelle a Torino, furono sterminati oltre ventimila soldati dell’Esercito Napoletano per non avere tradito il proprio Re e la propria Nazione. Erano stretti insieme assassini, sacerdoti, giovanetti, vecchi, miseri popolani e uomini di cultura. Senza pagliericci, senza coperte, senza luce. Un carcerato venne ucciso da una sentinella solo perché aveva proferito ingiurie contro i Savoia. Vennero smontati i vetri e gli infissi per “rieducare” con il freddo i segregati. Laceri e poco nutriti era usuale vederli appoggiati a ridosso dei muraglioni, nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi solari invernali, ricordando forse con nostalgia il caldo di altri climi mediterranei.
Spesso le persone imprigionate non sapevano nemmeno di cosa fossero accusate ed erano loro sequestrati tutti i beni. Spesso la ragione per cui erano stati catturati era proprio solo per rubare loro il danaro che possedevano. Molti non erano nemmeno registrati, sicché solo dopo molti anni venivano processati e condannati senza alcuna spiegazione logica.La liberazione avveniva solo con la morte ed i corpi venivano disciolti nella calce viva collocata in una grande vasca situata nel retro della chiesa che sorgeva all’ingresso del forte. Una morte senza onore, senza tombe, senza lapidi e senza ricordo, affinché non restassero tracce dei misfatti compiuti.
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