La Virgo Lactans di S. Croce di Carinola – di Silvio Ricciardone
Il Quattrocento ha regalato a noi carinolesi il bellissimo affresco della Virgo Lactans sito nella chiesa di S. Croce di Carinola. Riporto qui, per l’interesse dei lettori, parte di un ampio studio del prof. Silvio Ricciardone che confronta e studia diverse icone di Virgo Lactans in Terra di Lavoro. Lo studio è riportato nel volume “Testimonianze storiche, archeologiche ed artistiche del territorio di Francolise” curato dal dott. Ugo Zannini.
Alla Vergine di Scarasciano (1400 ca–presso Ciamprisco) andrebbe invece anteposta l’inedita Maria Lactans nella cappella laterale sinistra dell’ex chiesa parrocchiale di S. Croce. Purtroppo uno strato di intonaco ne cela il tratto inferiore del corpo e con esso, forse, le sagome in miniatura dei donatori ed un’eventuale iscrizione [….].
Il punto di partenza è, come dimostrato, l’ esecuzione della Virgo Lactans di S. Croce poco dopo la Madonna del Cardellino, nel secondo decennio del Quattrocento. Ne deriva che la chiesa con il dipinto era in piedi da allora, da molto prima, quindi, della sua designazione a chiesa parrocchiale di S. Croce in luogo, secondo il notaio locale Luca Menna, della fatiscente S. Maria Mater Domini a Casocavallo: di fatto, sbaglia il Menna nel ritenere il passaggio alla nuova sede d’inizio Settecento, risultando la nuova chiesa parrocchiale di S. Croce già attiva nel 1690[1]. Nulla vieta, anzi, che il suo primitivo impianto corrisponda all’ecclesia di S. Crucis, associate alle sue omologhe di S. Bartholomeus e S. Anellus in Gallo, ossia di limitrofi centri del carinolese, nelle Decime del 1326[2].
La presunta precedente parrocchiale di S. Maria Mater Domini a Casocavallo coinciderebbe invece con l’antica S. Maria Matris Domini que est leprosorum, letteralmente “dei lebbrosi”, cui già le Decime del 1308-1310 fanno riferimento[3] e ubicabile o a S. Bartolomeo[4], il medesimo sito delle succitate Decime del 1326 e adiacente a S. Croce o a S. Croce stessa[5]; la continuità della dedicazione a S. Maria Madre di Dio sembra, in effetti, difficilmente casuale. Ma l’origine di questo complesso mariano parrebbe ancora anteriore visto che S. Maria Matris Domini que est leprosorum condivide l’intitolazione con quell’Ecclesia Sancte Dei genitris Marie[6] che un documento capuano del 1114 dice “ esser stata costruita” dalla madre del conte di Carinola Riccardo[7], in carica nel 1109 e che altri, piuttosto, identificano nell’Episcopio di Ventaroli[8].
Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento S Maria Mater Domini
è ormai in concessione all’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, ma, per negligenza del commendatario, versa in uno stato di abbandono[9]. La notizia riveste una certa importanza poiché completa il quadro appena emerso dalle fonti. L’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro nacque nel 1572 dalla fusione di due sodalizi che, separatamente, portavano il nome di ciascuno dei due santi. In particolare, l’Ordine di San Lazzaro, il più antico, aveva operato nel vicino oriente, dov’era sorto in concomitanza delle prime crociate come compagnia religiosa ospedaliera e militare, prodigandosi per l’assistenza ai lebbrosi, scopo primario della sua azione, e la difesa dei territori cristiani. Con la riconquista musulmana di fine Duecento, i cavalieri di S. Lazzaro ripararono in Europa e si concentrarono preferibilmente nel Regno di Napoli, che ebbe in Capua la principale sede del sodalizio, per poi patire un progressivo declino con le unioni all’Ordine di San Giovanni (l’odierno Ordine di Malta) e, nel 1572, all’Ordine di S. Maurizio, fondato ne 1434[10].
I dati fin qui raccolti concorrono a localizzare un complesso per l’isolamento in quarantena dei malati da contagio, e nello specifico, dei lebbrosi[11], in territorio falerno; né si ignorino le numerose sepolture riemerse, a dir del Menna, nei dintorni di S. Croce e che, di fatto, avallerebbero gli indizi documentari[12].
Alla luce di ciò l’effigie di S. Croce, nel proporre la Vergine che allatta il figlio Gesù, traduce visivamente la dedicazione del lazzaretto (o struttura affine) a “S. Maria Madre di Dio”; l’affresco, pertanto, espliciterebbe una devozione mariana che il terrore delle epidemie avrebbe fortemente alimentato e che l’intitolazione a S. Maria Matris Domini del lebbrosario rivela in tutta la sua portata.
Più in generale, nel corso del basso medioevo, parallelamente alla fortuna del tipo iconografico della Virgo Lactans, fa la propria apparizione, con analoga, se non più incisiva funzione guaritrice, la reliquia del latte della Madonna,[13] considerata un rimedio officinale contro patologie varie e possessioni diaboliche[14].
L’idea che la mancata disponibilità del prezioso liquido abbia spint0 alcune istituzioni a rimpiazzarlo con immagini votive che ne evocassero i prodigi può essere valida, ma non su larga scala; una casistica plausibilmente più ampia, invece, compendierebbe le rappresentazioni mariane capaci di proteggere i fedeli a prescindere dalla fama e l’efficacia del sacro latte[15] o in grado, addirittura, di mediarne la comparsa, come nel caso della carinolese Madonna della Cava che, intorno al 1690, trasudò…gocce biancastre dal seno con successive inspiegabili guarigioni.[16]
Che poi il latte della Madonna, vero o dipinto, potesse, nell’immaginario popolare, scongiurare la lebbra o guarirla, parrebbe imputabile, in linea di principio, al suo colore bianco, lo stesso che assume la pelle del lebbroso e che già nel Vecchio Testamento, è prova dell’avvenuto contagio[17].
Se infine, il complesso di S. Maria Mater Domini ha davvero funto da luogo assistenziale, la commissione dell’affresco di S. Croce che…prevede un saio per Gesù Bambino, potrebbe spettare ai frati eventualmente coinvolti nella gestione del lazzaretto. Giusta o no ce sia l’ipotesi, resta l’indiscutibile impulso degli ordini mendicanti al culto della Virgo Lactans [18] [… ].
La frequenza negli edifici religiosi di immagini di santi taumaturghi – Sebastiano e Rocco per scongiurare la peste, Antonio Abate contro il fuoco di S: Antonio (herpex zoster), Lucia per la salute degli occhi, Biagio per la gola, e così via – ne convalida, alla fine dell’Età di Mezzo, la crescente devozione popolare che il timore di malattie e contagi contribuiva a radicare[19].
E discorso simile varrebbe per la diffusione della Madonna del latte, comprovato dai relativi dipinti murali e, ancora prima, da icone con lo stesso soggetto nel basso Lazio e in Terra di Lavoro[20]. Anzi, la carica sacrale di cui le icone sono portatrici potrebbe aver concorso, in termini emulativi, alla fortuna di Maria Lactans negli affreschi locali[21].
Del resto, a Mondragone è tuttora veneratissima la preziosa effige lignea di S. Maria Incaldana, originariamente presso l’insediamento monastico di S. Maria del Belvedere e oggi nella chiesa madre cittadina[22] […..].
[1] Menna, 1848,I, p. 105 e Valente 2008, pag 47. Nella relazione vescovile del 1669 il presule di Carinola Paolo Ayrolo lamenta, in effetti, l’assenzadi un titolare per la parrocchia di S. Croce, paventandone l’estinzione (Brodella 2005 pp 159).
[2] RDICamp, p. 124 n°1569
[3] Ivi, p.122 n° 1536
[4] Brodella 2005 pp. 360-365s. Una cappella con la “SS Vergine col Bambino Gesù tra le braccia” è menzionata dal Menna (1848, II,p.121) a S. Bartolomeo, nel luogo “il Santillo” di un’antica chiesa dedicata all’apostolo (ivi, I, p107).
[5] Zannini 2006°a.p.73. n° 40.
[6] Ibidem
[7] PergamCap pag. 31
[8] Guadagno 1997 pp. 92 s e nn.82 e Brodella 2005 pp 40 s. La questione viene completamente ridiscussa in Zannini c.s.
[9] Lo riporta il relatore del vescovo di Carinola Giovanni Vitelli (Brodella 2005 p. 98); di riflesso, l’equivalenza S. Maria- Parrocchia di S.Croce, cara al Menna, appare ancora più improbabile (cfr Valente 2008 pp 47 s.)
[10] Prunas Tola 1966, pp.15 ss
[11] La lebbra veniva ritenuta un castigo di Dio perché la si imputava, sovente, alla fornicazione (Sumpton 1981, p. 102) così come immondi erano considerati coloro che ne soffrivano (cfr Levitico 13, 44 ss e Numeri 5,2)
[12] Menna 1848, I, p. 106 e cfr. Torriero 1987, p. 89.
[13] Sumption 1981, pp 62 ss
[14] Le testimonianze basso-medievali non di rado attribuiscono a Maria ed al prodotto del suo seno, miracolosamento offerto agli infermi, la cura da affezioni gravi (Scaramella 1961, p. 30, e cfr ad esempio, Montorio 1715, p. 127).
[15] Cfr Sumption 1981, pp 347 ss
[16] Esodo, 4,6 s; Levitico 13,1 ss; Numeri 12, 10 e Quarto Libro dei Re 5,27.
[17] Montorio 1715, p. 127 (con relative disamina critica in Ciancio 1988-19993, pp 87 ss, in particolare p. 89), Menna 1848, II, pp 114 ss, e Brodella 2005, p. 168.
[18] Reau 1957, pp 96 s, e Bonani-Baldassarre Bonani 1995, pp 28 s.
[19] Cfr Orofino 2000a pp 11 s.
[20] Sulle icone campane si rivela essenziale il recente saggio di M.R. Marchionibus (c.s.a.)
[21] .Cfr Ead. 2006, p. 296 e Ead c.s.
[22] Cfr Sementini 1980, specialmente pp 25 ss ,e, in generale, Luberto 1988.
fonte
http://carinolastoria.blogspot.com/