Alta Terra di Lavoro

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Le “Boje”, la Scienza, la Pellagra e l’Emigrazione (in padania)

Posted by on Ott 12, 2020

Le “Boje”, la Scienza, la Pellagra e l’Emigrazione (in padania)

– LE INFORMAZIONI DI CARATTERE MEDICO CONTENUTE IN QUESTA PAGINA WEB HANNO ESCLUSIVAMENTE UN VALORE STORICO –

Le Boje e l’emigrazione:

Le Battaglie tra l’esercito franco-sardo e austriaci nel territorio mantovano e nel Veneto del 1848, 1859 e 1866, le alluvioni dell’Adige, del Po, del Mincio e dell’Oglio, le soffocanti tasse prima degli austriaci poi del Regno d’Italia, il mancato riconoscimento del diritto vagantivo, il crollo del prezzo dei cereali a cui si aggiungono le condizioni di vita dei braccianti e la pellagra portarono alla rivolta detta delle “Boje” e la successiva fortissima emigrazione da queste zone.

Qua viene data una breve descrizione della pellagra, malattia che minava il fisico e la mente dei braccianti agricoli. L’ambito politico non riuscì mai ad ottenere l’appoggio dei contadini agli ideali risorgimentali, limitandosi ad offrire loro una propaganda di miglioramento delle condizioni sociali, al contempo la scienza cercava di comprendere la pellagra ed offrire una efficace terapia al dilagare dell’epidemia.

Un cenno solamente ad uno scienziato di queste aree, il veronese Abramo Bartolomeo Massalongo, con gli studi sulla lichenologia, la classificazione di molte nuove specie di licheni ed una breve divagazione su di una famiglia di questi: le Graphidaceae.

Eventi salienti:

– agosto 1867- marzo 1872, a Cavarzere, Cona, Adria e comuni limitrofi (provincia di Rovigo), migliaia di lavoratori occupano ed iniziano a lavorare le valli bonificate per mettere a coltura i terreni, nella speranza che venga loro riconosciuto il diritto vagantivo. Il diritto vagantivo vige all’epoca per effetto di una Legge di Napoleone del 20 novembre 1810 (29 Brumaire, an XIX), mantenuto dagli austriaci e abolito solo in seguito con la “legge Baccarini” del 25 giugno 1882 (legge sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi, completata nel Regio Decreto 11 ottobre 1885 n.3455).

– 21 ottobre 1872, rotta del Po a San Benedetto Po (Brede) e Revere (loc.Ronchi), rotta del Mincio presso la diga di Pietole e dell’Oglio a Cesole.

– 4 giugno 1879, rotta del Po a Borgofranco.

– Crisi agraria del 1880, calo del prezzo dei cereali, arrivo del grano americano e del riso asiatico.

– 17 settembre 1882, piena dell’Adige in Sud-Tirolo, rotta dello stesso a Legnago e conseguente rotta del Tartaro-Canal Bianco a Bergantino e Frassinelle.

– 18 settembre 1882, terremoto di magnitudo 5.17 sul Monte Baldo (Lat 45.720 Lon 10.770).

– Prima quindicina del giugno 1884, inizia a Polesella e a Crespino lo sciopero delle “Boje”, nome che deriva dal modo di dire: “la boje e la va fora”, l’acqua che bolle, bolle, fino a fuoriuscire dalla pentola.

Le Boje è il grido dei lavoratori affamati e minati dalla pellagra.

– Nel marzo 1885 su ordine del Prefetto di Rovigo la rivolta è soppressa dai Carabinieri che sparano sulla folla (nessun morto, alcuni feriti), in seguito interviene l’Esercito.

– Il processo contro i proletari agricoli mantovani iscritti alla “Società di Mutuo Soccorso” e all’ “Associazione Generale dei Lavoratori Italiani” si svolge presso l’Assise di Venezia nel febbraio-marzo 1886. 

La sentenza del 22 marzo 1886 assolve tutti gli imputati.

Il collegio di difesa è composto da Giuseppe Ceneri, Ettore Sacchi ed Enrico Ferri, quest’ultimo originario di San Benedetto Po ed allievo di Cesare Lombroso.

– Sulla scia del movimento delle “Boje”, il bracciante Antenore Pedrazzoli nel 1890 crea a San Rocco di Quistello la Prima Lega Contadina. 

– 1888 il Parlamento del Brasile abolisce definitivamente la schiavitù, le fazendas si trovano improvvisamente senza forza lavoro.

-1887-1901, inizia l’emigrazione all’estero, in particolare nel Sud America, la gente sente la Patria come terra maledetta, paludosa, funestata da frequenti devastazioni, insidiata da malattie …

La pellagra a Mantova:

La pellagra, stando alle cognizioni dell’epoca risorgimentale, colpisce soprattutto i soggetti che si alimentano in modo quasi esclusivo di certi cereali, in particolare mais. E’ caratterizzata da disturbi gastro-intestinali, del sistema nervoso, sintomi psichiatrici (“frenosi pellagrosa”), segni sull’epitelio con pigmentazione e rugosità della pelle esposta al sole.

Nel “Pinax Theatri Botanici” del 1639, Caspari Bahuino descrive una malattia analoga alla pellagra negli indigeni d’America, si ipotizza conseguente all’uso alimentare di maiz guasto:

C. Bauhinus in Teatro Botanico , nescio a quo edoctus, scribit ,  Indos, si nimium utantur hoc frumento in cibis, tumidos, & scabiosos reddi. Imo inquir, pueri Guineensium, qui hoc frumento saepe panis loco utuntur, videlicet granis e spicis excussis , iisque nonnihil tostis , & pracustis, si paulo frequentius utantur a scabie sefc vindicare non possunt, cum fanguinem nimis calidum & quasi adustum gignar.

Frumentum illud cum Hordeo plurimum convenire mihi videtur. Panes, qui ex eo conficiuntur, sicci sunt, duri, concoctu difficiles , flatulenti , alvum cohibent: accommodari tantum illis , qui vitamagunt laboriosam . Farina etiam cum lacté , & carnium jusculis in pulmenta formatur , quae panibus magis nutriunt . Non sunt res stomachi delicatuli, sed fercula rusticorum , nautarum , bajulorum . Frumentum istud pecori majori minorique est gratissimum : ejusque usu mire glilcit sagina . Columbis edulium praebet jucundum valde. Bruyerinus asserit Bellojocenses Lugdunensibus; vicirtos illud serere féliciter , eoque panificia sua augere . Idem factitatum apud alios populos premente aliarum frugum carltate summa.

Tratto da: Etienne François Geoffroy, Tractatus de materia medica: sive de medicamentorum simplicium historia, virtute, delectu et usu, Vol. 2. 1756.

Una delle prime descrizioni della malattia in Europa è nel 1735, nel Principato delle Asturie (Spagna) da parte del Casal, al tempo la pellagra è chiamata “mal de la rosa”, è descritta come molto più frequente nelle donne che negli uomini:

Comenzaron estas (con poca diferencia de tiempo) quando los catarros; y explicaron tambien fu mayor actividad en el Estìo. Fueron muy generales; pues no solo comprehendieron à los que nunca las havian padecido, sì tambien manifiestas viruelas. Las confluentes venìan con muchachos, que murieron. En alguinos se gangrenaron, y ulceration las encìas, y labios, y cayeron (antes de morir) los dientes; y las fauces se pusieron en tal paraje, que apenas les era possible tragar cosa solida, ni liquida: y quando se comunicaba el dano à la larinje, y pulmones, incurrian en fufocaciones mortales.

Da: Gaspar Casal. Historia natural, y medica de el principado de Asturias. Madrid, 1762.

In Italia è la pellagra è chiamata dall’Antonio Pujati “scorbuto alpino”, ma ha anche diversi altri nomi popolari: “mal delle spienza”, “pellarina” (Belluno), “calore del fegato”, “scottatura di sole”.

Il primo medico italiano che descrive la malattia è Francesco Frapolli, Medico dell’Ospedale Maggiore di Milano, nell’opuscolo “Animadversiones in morbum vulgo pellagram” edito a Milano, 1771.

La patologia inizia in Italia con qualche caso sporadico segnalato in Insubria e nel Bellunese, negli anni successivi diventa epidemia, estesa a tutta la Pianura Padana ed a tutta l’Italia.

Passa in seguito tal volta il male alla bocca, e spesso loro si gonfiano le gingive, e divengono fungose, ed il sangue ne spiccia facilmente: a molti i denti fannosi neri, e loro cadono a pezzi; o compariscono sulla lingua e sulle labbra alcune afte, ora rossigne, ora nericcie, che acquistano indi talvolta la malizia degli ulceri, ed il fiato n’è puzzolente.

da: D’una Spezie particolare di Scorbuto Dissertazione del Sig. Dott. Jacopo Odoardi, Medico Fisico della Città di Belluno, recitata nell’Accademia di detta Città li 18 Luglio 1776. Venezia, 1776. in: Sulla Pellagra, Memorie di Francesco Luigi Fanzago, Vol.I; PP. 1-44. Padova, 1815.

La malattia colpisce chi si ciba quasi esclusivamente di polenta, come i braccianti dei campi, tanto da riconoscere il connubio pellagra – miseria e valersi il nome di “male della miseria rurale”.

Probabilmente anche l’arte s’interessa dell’epidemia, nel 1799 Goya (Francisco José de Goya y Lucientes) pubblica una serie di acquaforti chiamate “Los Caprichos”, la n.12 è “A caza de dientes”. Sul significato di queste acqueforti vi sono oggi pareri discordi, c’è da tener presente che anche in Spagna, in quel periodo, dilagava la pellagra.

Negli anni 1830, 1839, 1856, 1869, 1879 e 1881 sono effettuati dei censimenti di pellagrosi in Italia, molti sono ricoverati in ospedali psichiatrici con la diagnosi di frenosi pellagrosa o di pazzia pellagrosa, a Mantova presso l’Ospedale di Dosso del Corso.

Nella disputa circa l’origine della pellagra ed i possibili rimedi entrano scienza, politica, filantropia e interessi economici/sociali.

Cesare Lombroso fin dall’inizio della carriera di medico dedica il suo lavoro agli studi sulla pellagra, conosce inoltre molto bene le abitudini dei contadini del tempo. Dopo 29 anni di studi sulla pellagra scrive il “Trattato Profilattico e Clinico della Pellagra”.

Nel 1871 lo scienziato Cesare Lombroso collega questa malattia al consumo di mais ammalato, in particolare se affetto da funghi (muffe). La cattiva essiccazione e conservazione dei cereali favorisce lo sviluppo di muffe che producono delle tossine.

I contadini chiamano “verderame” la muffa del mais ritenuta responsabile di causare pellagra. Sembra che la varietà di granoturco tipo “quarantino” sia più soggetta a dare pellagra in chi consuma questo cereale.

La Scuola Lombrosiana a quell’epoca consiglia come terapia d’elezione pochi milligrammi di acido arsenioso e una dieta corretta.

Come profilassi consiglia la dieta corretta ove possibile, l’utilizzo di essiccatoi per le granaglie e l’eliminare il maiz guasto.

A Mantova il medico Achille Sacchi è segretario e relatore della “Commissione Mantovana della Pellagra” attiva dal 1874 al 1880, sciolta nel 1891. E’ inoltre amico personale e compagno d’armi del Presidente dei Ministri italiano (dal marzo 1878), Benedetto Cairoli.

Il 24 marzo 1878 il Sacchi presenta la risultanza dei suoi studi sulla pellagra al Consiglio Provinciale di Mantova, una relazione basata prevalentemente su considerazioni sociali più che medico/scientifiche. Rappresenta un tentativo di cavalcare politicamente la nascente rivendicazione dei diritti sociali dei braccianti agricoli. La relazione è redatta su di una richiesta del Consiglio Provinciale di Mantova fatta in data 31 agosto 1875 e presentata dal Sacchi il 24 marzo 1878, immediatamente dopo l’elezione di Cairoli.

Il Lombroso concentra la sua attenzione sulla malattia e sui rimedi medici che si possono offrire agli ammalati, il Sacchi utilizza la malattia per sottolineare la necessità di un miglioramento delle condizioni sociali dei braccianti.

Il contrasto tra lo scienziato Lombroso ed il politico Sacchi è aperto. I due concetti non sono in contrapposizione, ma gli sconfinamenti della politica nella scienza portano il Lombroso a definire l’opera del Sacchi un tentativo di “onesto socialismo”.

Solo con la Legge del 12 giugno 1902, n.427 “Sulla prevenzione e cura della pellagra” e con il Regolamento della suddetta Legge (R.D. 5 novembre 1903, n.451, G.U. 1/12/1903) viene regolamentata la produzione e conservazione del granoturco, impedendo l’utilizzo di quello manifestamente ammuffito, non correttamente essiccato o immaturo. Concetti ad oggi attuali.

ACHILLE SACCHI

Descrizione della pellagra fatta da Achille Sacchi nella “Relazione ai deputati provinciali del 24 marzo 1878″, su richiesta di una deliberazione del Consiglio Provinciale di Mantova del 31 agosto 1875:

La pellagra per sé stessa considerata ha tanta estensione e moltiplicità di sintomi da apparire, per quanto può significare la forma esteriore, una infermità generale dell’organismo. Le esplicazioni del morbo si avvertono principalmente alla pelle, alla mucosa della bocca e di tutto il tubo intestinale, al sistema muscolare ed al nervoso nella sua triplice funzione della sensibilità, della motività e del pensiero. Il più delle volte chi è caduto in sifatta malattia incomincia ad avere sbalordimento, vertigini con senso di trazione all’indietro ed un indebolimento generale della persona. – Venuta la primavera, presenta, sulle parti della cute più esposte al sole, il dorso delle mani ed i piedi scalzi, la faccia il collo e la parte mediana del petto sotto l’aperto sparato della camicia, un arrossamento con esfogliazione della epidermide e, più di rado, anche forme di alterazioni più gravi, quali sono rilievi aspri, vescicole e screpolature. Corrispondenti alterazioni caratteristiche si riproducono più tardi nelle mucose delle labbra, della bocca e delle fauci, e sopravviene una diarrea profusa, ostinata, esauriente. l’infermo fattosi sempre più debole non regge più oramai alla menoma fatica, cammina barcollando, colle ginocchia semiflesse e curvo, movendo davanti a sé precipite il passo finché cade boccone. La pelle di tutto il corpo fassi di color terreo e si lascia sollevare floscia in larghe pieghe, i muscoli si sono assottigliati e s’è fatta magra o piuttosto emaciata tutta la persona, quando non abbia invece acquisita una tumidezza cascante e subdiafana, perché il tessuto sottocutaneo si è infiltrato di sierosità.

I pellagrosi si lamentano per lo più di un dolore contusivo al capo e lungo la spina, il quale spesso s’irradia a zona intorno all’addome e si prolunga nelle coscie; di un formicolio o di una sensazione di calore all’estremità e di tremito interno che si manifesta spesso visibile alle mani ed alla lingua. Frequentissimo è in loro il bruciore di stomaco, che sale lungo l’esofago; ne è rara un’ambascia come per mancanza di respiro, il quale diventa realmente talvolta breve e faticoso. La vista fassi annebbiata, ottuso l’udito dopo esser stato lungamente turbato da un ronzio o rumore di cascata. – Fiacco è l’impulso del cuore, che è qualche volta impicciolito come gli altri muscoli; debole e per lo più frequentissimo il polso con stasi venosa conseguente indicata dal color plumbeo diffuso a rare e piccole e talora larghe chiazze sanguigne della pelle e delle mucose, come per scorbuto.

In molti casi di pellagra, qualche volta fin dapprincipio, ordinariamente in appresso, si manifesta la pazzia, che può prorompere subitanea e vestire tutte le forme del gaio e loquace esaltamento maniaco alla più cupa e feroce lipemanìa con tendenza al suicidio, all’incendio, all’omicidio; ma più di sovente essa s’inizia con una ebetdine o tardità dell’intelligenza ad una apatica prostrazione d’animo, la quale diventa vera malinconia con alquanto stupore, e si esplica in parole ed atti deliranti di paura di persecuzione o di una disperazione senza scampo.

La pellagra ha un decorso ordinariamente lento, di più anni, nei quali essa si manifesta ad accessi che durano più mesi e cadono più frequentemente nella primavera e nell’estate, meno nell’inverno ed ancor meno in autunno e ritornano poi nella stessa stagione l’anno successivo con forma sempre più grave e completa. La pellagra come ogni altra infermità, rende l’organismo assai più vulnerabile ch’esso non sia d’ordinario dalle solite influenze nocive; e però avviene di frequente che nel corso di quella intervengano altre malattie comuni e che queste abbiano esito letale. Si è calcolato che in più della metà dei casi di morte di pellagrosi, questa avviene per malattie comuni intercorrenti, fra le quali prevalgono le malattie degli organi respiratorii. Ma, indipendentemente da ciò, si danno casi di pellagra nei quali questa assume un andamento acuto sia dal suo esordire, sia in un periodo più o meno avanzato della sua forma lenta. La malattia assume allora in parte l’aspetto della febbre tifoidea (tifo pellagroso) ed è il più delle volte mortale. In questi casi come in quelli a decorso costantemente lento, la morte avviene più di sovente dopo una infrenabile diarrea, che ha sfinito del tutto l’infermo.

I principali caratteri della pellagra da noi sommariamente accennati, non si presentano tutti, né con egual misura, in ogni momento del suo decorso ed in ogni caso; ma qualcuno talvolta o pochi soltanto od assai prevalentemente, stanno ad attestare della malattia, la quale assume perciò aspetti diversi. Per questo si è creduto poterle assegnare degli stadi successivi e delle forme nosografiche distinte. Negli uni e nelle altre è diversa la fiducia che si può avere nella guarigione, la quale, tarda sempre, è opinione di alcuni non possa ottenersi completa e permanente giammai.

L’esame necroscopico dei pellagrosi, fatta astrazione delle alterazioni organiche procedenti da malattie intercorse e che furono, come si suol dire, causa prossima della morte, dà risultati assai vari e talvolta contraddittorii, attribuibili forse alla diversità di forma e di periodo della malattia, ma che non hanno gettato alcuna luce sulla natura di questa. Una alterazione meno incostante consiste nell’assottigliamento del sistema muscolare, tanto di quello di relazione che di quello della vita organica, e perciò nella tunica fibrosa della intestina e dei vasi, con degenerazione adiposa, e più sovente pigmentaria. E’ cosa disputata quale sia nei pellagrosi la più costante alterazione della composizione del sangue, ma è quasi concorde il giudizio che vi sono un po’ deficienti i globuli ed alquanto sovrabbondanti i sali. – SI credette di poter stabilire che il sudore dei pellagrosi, il quale ha un odore speciale, non dà una reazione acida come nei sani e che le orine, come avviene negli animali erbivori, sono più spesso acide che alcaline.

La pellagra come altri mali, che esprimono una profonda modificazione della forma e della composizione dell’organismo o la ingenerano, è sgraziatamente ereditaria, trasmettendosi tanto dal padre che della madre, immediatamente o mediatamente, per generazione alterna ed atavismo. Date appena nei discendenti dei pellagrosi circostanze favorevoli allo sviluppo della malattia, questa si manifesta ed il più di sovente anche nella identica forma nosologica osservata nei genitori; e, cosa ancora più grave, nei discendenti di pellagrosi si notano delle anormalità di forma del cranio, specialmente asimmetria, od un arresto generale di sviluppo, che esprimono una vera degradazione del tipo umano e predispongono ad altre malattie nervose o mentali miserande. Anche senza deformazioni sifatte, i discendenti dei pellagrosi poco resistono alle influenze nocive ordinarie, più facilmente ammalano e muoiono. Nei bambini di genitori pellagrosi sono frequenti la scrofola, la rachitide, la scarsità di globuli nel sangue, grande la mortalità quando anche siano rimasti scevri dei caratteri propri della pellagra. Figlie di genitori pellagrosi, anche ben alimentate, non ressero alla gravidanza ed all’allattamento senza presentare i sintomi dell’avita malattia, di cui esse non avevano mai avuto prima alcuna traccia. In genere i discendenti di pellagrosi, ogni qualvolta o per abuso delle proprie forze o per malattie acute di cui sono guariti soffersero un eccessivo dispendio di materiale organico, diventarono pellagrosi essi pure quand’anche siano sempre vissuti in quelle più favorevoli condizioni, per le quali si evita la malattia.

Tale è per sommi capi il malanno che voi ci avete incaricati di studiare nella nostra Provincia, affine di proporvi modi che noi giudichiamo più acconci a diminuire la diffusione e il danno.

Le circostanze speciali, che trovate quasi sempre presenti al nascere della malattia si è creduto la determinino, possono ridursi alle seguenti:

1° La grave fatica sostenuta sotto il sole nei lavori campestri;

2° La sporcizia della persona e della casa e perfino una speciale famiglia di funghi, che si volle crescano nelle capanne dei contadini più poveri;

3° Il frequente uso di oli acri e di verdure irritanti come agli e cipolle;

4° Principalmente l’uso troppo prevalente od esclusivo di frumentone quale alimento quotidiano, e del conseguente difetto di carni o di uova e latticinii, che le possono sostituire, e nella astinenza dal vino, pur avvenendo che di esso o di liquori si faccia di quanto in quanto abuso brutale.

Generalmente chi ha studiato la pellagra ha riconosciuto che tutte queste condizioni concorrono in quasi tutti i pellagrosi, e, poiché esse costituiscono anche lo stato ordinario dei più miseri coloni di quei paesi cui la pellagra infesta, si chiamò questa il male della miseria rurale. Il maggior numero di pellagrologi l’attribuì al quasi esclusivo vitto di frumentone o Zea maiz e questa teoria eziologica ebbe nome perciò di zeismo o maizismo.

CESARE LOMBROSO

Inizio del “Trattato Profilattico e Clinico della Pellagra” di Cesare Lombroso, Torino 1890 :

Passeggiando sulle colline della Brianza e del Canavese, vi sarà certo avvenuto incontrarvi in certi infelici simulacri di uomini macilenti, dall’occhio immobile e vitreo, dalle guance gialle allibite, dalle braccia screpolate piagate quasi da scottature o per larghe ferite. Ecco voi li vedete farvisi innanzi, crollando la testa e barcollando le gambe come ubriachi, o quasi spinti da una invisibile forza cadere da un lato, rialzarsi, correre in linea retta, come il cane alla preda, e ricadere ancora, dando in un riso sgangherato che vi fende il cuore, od in pianto che vi par di bambino; pochi giorni dopo quel doloroso incontro sentite buccinare dagli oziosi del caffè rusticano, fra le notizie di una campana che rimette a nuovo, e di una contadina che va a marito, come quel poveretto siasi affogato entro una magra pozza d’acqua che non pareva sufficiente ad annegare un pulcino; può essere invece, e sarebbe ancor peggio, che vi sussurrino come egli abbia freddato, senza alcuna ragione, i figli e la moglie; … senza ragione, ho sbagliato, la causa ve la trovano subito, benché non vi comprendiate granché sulle prime. – Era un pellagroso!

… quel male è dei meno sopportabili, è dei più atroci; che, non si accontenta di guastare le viscere più delicate dell’uomo, di offendere la pelle e l’intestino, il cervello ed i muscoli, di spegnere, colla forza, la bellezza e l’intelligenza; va oltre ancora, va fino a falciare, nel germe, la prole.

I concetti e le citazioni qua riportati sono tratti dall’opera del Lombroso.

I microrganismi ritenuti responsabili di causare la pellagra sono principalmente: Penicillum glaucumOidium laclisMesentericus vulgaris, Vibrio rugata, Puccinia segetum, Puccinia nigricans, Sporizorium maidis (Verderame in italiano, Verdet in francese), Eurotium herbariorum, Aspergillus glaucus, Kartoffel bacillus alfa ( Bacterium maidis), Oidium lactis, Oospora verticilloides. Tra tutti il Penicillum è quello riscontrato in tutti i casi di pellagra.

Vedi tavola annessa:

L’odore tipico del mais ammuffito da penicillum è detto “odore mucedinoso”.

J.Antonin di Borlau (“Etiologie pellagrei”, 1882 e “Traitè de la pellagre”, 1887) ritiene che la pellagra origini dalla muffa “penicillum” e che colpisca anche i ricchi, qualora si alimentano con mais affetto da tale muffa.

Quale medico di un istituto di detenzione all’Antonin capitò che i detenuti si lamentassero del sapore amaro di una minestra fatta con maiz guastato.

Dando da mangiare in ottobre una minestra fatta con quel mais ammuffito (“affetto da verderame”) a 5 operai che vivevano in città ed a 3 contadini giovani e robusti, l’Antonin notò che nel febbraio di due anni dopo tutti erano divenuti pellagrosi. Sottolinea che, mentre l’alimentazione dei contadini fosse basata quasi esclusivamente sul mais, quella degli operai era piuttosto varia.

Il Lombroso ritiene che la Pellagra ha sintomi simili ad intossicazioni croniche quali alcolismo, saturnismo (intossicazione da piombo), idrargismo (intossicazione da mercurio), avvelenamento da fosforo, arsenico.

Principali sintomi e caratteristiche della pellagra descritti dal Lombroso nel suo Trattato (i sintomi tipici sono in rosso):

   degenerazione marasmatica, rapido dimagrimento, macilenza, (“cachessia”),

   bruciore alle mani,

   desquamazioni cutanee,

   diffusa pigmentazione color cioccolatte o bronzo,

   cambio di colore della pelle dopo aver contratto la pellagra,

   eruzioni cutanee,

   acne rosacea, papule sul volto, dorso delle mani e dei piedi, avambracci,

   dilatazione vasi del naso,

   prurito, in particolare dorso e faccia,

   “umore” alle orecchie,

   tremori, in particolare agli arti superiori ed alle mani (“artuum tremor in pellagrosis occurrit”, così scriveva Gaetano Strambio),

   contratture muscolari, paresi, paralisi,

   diminuzione della forza muscolare,

   deambulazione lenta, incerta,

   accessi epilettiformi,

   obnubilamento della coscienza,

   tendenze omicide-suicide,

   depressione, melanconia,

   allucinazioni, delirio, (“pazzia pellagrosa”),

   demenza, perdita di memoria,

   “maggiore impressionabilità morale”, un normale piccolo insulto li fa trascendere,

   sensi lievemente ottusi,

   idromania,

   forti cefalee,

   lieve ipertermia,

   senso di freddo o vampate di calore,

   voracità, fame eccessiva, a volte riferite “tendenze cannibali” (!), seguita a distanza da “schifo al cibo”, in particolare alla carne,

   disturbi gastrici, pirosi,

   diarrea,

   disturbi uterini, metrorragia dolorosa,

   emolisi,

   albuninuria,

   lingua screpolata,

   fragilità coste,

   polso celerissimo e debole o estremamente lento,

   midriasi (dilatazione pupilla).

Pellagrosi ereditaria (trasmissione genitori-figli):

   arresto dello sviluppo della persona,

   atavismo,

   anomalie craniche (riscontrate dal Lombroso in particolare nel mantovano).

Reperti autoptici dei morti per pellagra:

   adiposi,

   pigmentosi dei capillari cellulari,

   mielite granulare,

   pachimeningite,

   nefrite interstiziale,

   adiposi o atrofia del fegato,

   pigmentazione gangli simpatici,

   deposito di pigmento nella rete malpighiana.

Il Lombroso evidenzia che esiste una manifestazione di sintomi variabile tra le varie zone dell’Italia del tempo, probabilmente dovuta a abitudini alimentari diverse. Nota che in Veneto, per l’uso di abbondante vino, la pellagra ha sintomi generalmente più lievi, e comunque diversi, rispetto al Pavese.

Sottolinea anche che i sintomi variano in gravità nei diversi periodi dell’anno.

Proverbio Veneto sulla pellagra:

“Della pellagra che ne xe de sette sorte:

Quella che trà matt

Quella che tira all’acqua

Quella che tira indrè

Quella che fa scavezzo (fa andare storti)

Quella che fa fare i pirli (provoca vertigini)

Quella che fa mangiare

Quella che fa pellar e c….”

Dopo molti studi Goldberger (nomination for the Nobel Prize, 1925) esclude la causa infettiva della malattia, propone una eziologia dovuta a carenze alimentari e indica come terapia per la pellagra la somministrazione dietetica di adeguate quantità di Acido Nicotinico/Nicotinammide (chiamate anche Vitamina P-P, Vitamina B3, Niacina), sostanze ampiamente diffuse, la prima negli alimenti vegetali, la seconda in quelli animali.

Nel periodo successivi i “luminari” medici cantavano vittoria dichiarando la sconfitta della pellagra e chiusa la questione, basando tutti i discorsi su argomentazioni circa l’esistenza di un fattore che impediva il corretto utilizzo da parte dell’organismo della vitamina B(3). 

E’ da segnalare che ad oggi (Dicembre 2010) non è stato ancora identificato dalla biologia molecolare il “fattore antivitamina B3”.

Riferimenti:

– Goldberger Joseph, Waring C.H., Willets D.G.The prevention of pellagra. A test of diet among institutional inmates. Public Health Reports (October 22, 1915); 30(43): 3117-3131.

– A. T. Gillespie. Pellagra (With Report of a Case). Can Med Assoc J. 1940 September; 43(3): 255–257. 

– La Pellagra nella Provincia di Mantova a cura di Rinaldo Salvadori su scritti di Achille Sacchi. Tip.Operaia, Mantova. 1967.

– Bruno Pirani. “La Boje” e le lotte contadine in Polesine. 2a edizione. Istituto Padano di Arti Grafiche, Aprile 1986.

– Cesare Lombroso. Trattato profilattico e clinico della pellagra. F.lli Bocca, Torino. 1892

fonte https://sites.google.com/site/mantualex/home/pellagra_boje_emigrazione

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