LE CONDIZIONI DEL REGNO DELLE DUE SICILIE-CONSIDERATE NEL PARLAMENTO DI TORINO-DA’ DEPUTATI DELLE PROVINCIE MERIDIONALI
Alcuni anni fa , durante una trasmissione televisiva, si disse – vado a memoria – “…ha ragione Galli Della loggia, il quale ha detto che se fosse vero quanto sostengono i neoborbonici ci sarebbe stata una opposizione in parlamento da parte dei deputati meridionali, invece non ve n’è traccia”.
Non ho trovato riscontro a quanto detto da Galli Della Loggia, perlomeno non nei termini esatti in cui venne sostenuto in quella trasmissione.
Al di là della fondatezza o meno della asserzione, per me si tratta comunque di una semplificazione. Intanto anche volendo restare solo sul terreno di quella posizione, per chi ha dimestichezza con gli atti parlamentari del tempo, di passaggi di tipo oppositivo nelle tornate parlamentari se ne trovano a iosa.
Mi dissi “quando vado in pensione, voglio raccogliere tutti quei passaggi che ho trovato nelle mie letture, magari aggiungerne altri e poi pubblicare il tutto, sia online che in cartaceo”. Circa un anno fa mi capitò fra le mani il testo che metto a disposizione di amici e naviganti e rimasi abbastanza sorpreso – non solo quel collage esisteva già ma era stato addirittura realizzato nei primi anni di unità – e sicuramente molto meglio di quanto avessi potuto fare io!
L’opposizione parlamentare dei deputati meridionali ci fu eccome, ma non prese mai corpo in una opposizione organizzata, rimase sfilacciata, sporadica e individuale.
Perché non esistevano abbastanza argomenti, come avrebbe sostenuto l’opinionista del Corriere della sera?
Di argomenti ne esistevano tantissimi, come potrete verificare in questo testo. E allora?
E allora si ritorna sempre allo stesso punto, è un circolo funesto quello in cui si trovarono ingabbiati i nostri rappresentanti – se non si vuol restare prigionieri dei soliti luoghi comuni della “rivoluzione mancata” di gramsciana memoria, della assenza di “civicness” ovvero di quel capitale sociale di cui parla Putnam oppure, semplicemente, della “inconcludenza della classe politica e dirigente meridionale” di cui parlano oggi i sostenitori dell autonomia differenziata.
Il punto dirimente, secondo me, si chiama”brigantaggio” o, se preferite, “opposizione armata”.
I risolini, le chiusure, gli impedimenti che si ritrovano negli atti parlamentari quando intervenivano i nostri rappresentanti riportano tutti ad un ricatto politico che finì per divenire una vera e propria gabbia politica da cui fu impossibile uscire: se sei contro queste scelte vuol dire che sei “per i briganti” e “contro questa unità”.
Tutto qui.
Questo il motivo per cui la opposizione restò individualistica e non organizzata. Ovviamente non fu solo colpa dei “briganti” ma anche e soprattutto dei sostenitori della casa Borbone, i quali oscillarono per anni fra appoggi al brigantaggio – coltivando la speranza di riprendersi il reame – e timori per un cataclisma sociale nel caso di una vittoria dei briganti stessi.
Lo dimostra il fatto, lo abbiamo scritto in altre occasioni, che nessun ufficiale di livello superiore si recò nelle provincie napolitane per mettersi a capo della rivolta antiunitaria. Come era accaduto ai tempi di Ruffo – ma quella fu una altra storia, c’erano gli inglesi con i loro agenti e i loro denari, in funzione antifrancese.
Nel giro di una decina di anni si fiaccarono l’orgoglio degli ex-appartenenti all’esercito delle Due Sicilie, la resistenza dei briganti, la opposizione individuale di alcuni parlamentari.
E ci riducemmo ad un popolo senza spina dorsale.
Buona lettura e tornate a trovarci.
continua……..
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