Le due Rome. Questioni e avvenimenti a 150 anni dalla breccia di Porta Pia
Pensare che Porta Pia sia semplicemente una pagina di storia significa ingannarsi sulla reale portata degli eventi che segnarono la Chiesa e la civiltà cattolica nella seconda metà dell’Ottocento, e significa inevitabilmente privarsi di una preziosa chiave di lettura della società contemporanea.
Si illude infatti chi pensa di poter comprendere l’oggi senza conoscere ciò che accadde ieri, e soprattutto si illude chi pensa che vi siano ora da affrontare problemi più “urgenti” rispetto a quelli ormai obsoleti (secondo loro) che sconvolsero la società cristiana centocinquanta anni fa.
Già i cattolici di fine Ottocento si sono travati di fronte a questo dilemma. Il pericolo socialista si diffondeva minaccioso, le questioni sociali si facevano pressanti: la tentazione di molti cattolici era dunque quella di accantonare, almeno momentaneamente, la questione romana per dedicarsi appunto a problematiche più attuali e cogenti. Il movimento dell’Opera dei Congressi, che per anni lotta contro il nuovo Stato, conto un’Italia nata da un violento attacco alla Roma dei Papi e fondata su presupposti anticristiani, cessa di esistere proprio quando viene a prevalere la corrente democristiana, decisa ad anteporre la questione sociale alla questione romana. I cattolici cosiddetti intransigenti non possono che denunciare l’inganno: «Per me non esiste una questione sociale in Italia: esiste invece l’apostasia sociale dalla Chiesa», scrive Pier Biagio Casoli, esponente modenese dell’Opera dei Congressi. La questione sociale non può che essere letta all’interno della questione romana e valutata in funzione di questa; molti problemi sociali infatti, la miseria, l’aumento delle tasse, che danno facili argomenti alla propaganda socialista, sono in realtà nati insieme allo stato risorgimentale, dunque, scrive Leopoldo Amorth, «la redenzione d’Italia non si avrà fino a quando non sia ridivenuta papale». Pretendere di risolvere nuovi problemi trascurando la situazione che li ha creati, affannarsi sulle conseguenza di un male senza ricercarne ed estirparne la causa è un costruire senza fondamenta e a nulla di buono può condurre.
La grande battaglia dei cattolici intransigenti, l’astensionismo elettorale, accompagnato a quella straordinaria capacità di infiltrare tutto il tessuto sociale con un’organizzazione capillare, che ha dato filo da torcere per diversi lustri ai nemici della Chiesa, è ripercorsa in uno dei tanti saggi che compongono Le due Rome. Questioni e avvenimenti a centocinquanta anni dalla breccia di Porta Pia.
Il volume, a cura di Giovanni Turco, è stato pubblicato da Terra e Identità (pp. 304, euro 15), in occasione appunto del 150° anniversario di Porta Pia. Lo stesso Turco, già nella prefazione sottolinea l’enorme portata del fenomeno trattato, che non può essere relegato semplicemente a una dimensione “storica” in quanto «vi si intende operare la mutazione dalla Roma capitale della Cristianità alla Roma capitale della modernità, e ne viene in questione la stessa natura della Chiesa». Le due Rome, dunque. Due Rome che rappresentano non solo due distinte compagini storiche, ma due campi ideali.
Il titolo è stato scelto appositamente per mettere ben in luce il ruolo di spartiacque della presa di Porta Pia. C’è una Roma prima di Porta Pia, e c’è una Roma dopo Porta Pia. Anzi, dato l’indubbio ruolo universale che Roma stessa riveste, si può andare oltre: c’è un mondo prima di Porta Pia e c’è un mondo dopo Porta Pia, giacché, continua Giovanni Turco «le ore drammatiche del 20 settembre 1870 hanno alle spalle, su ciascuno dei fronti, dottrine rispettivamente antagoniste». Il volume raccoglie gli scritti di diversi studiosi, con l’intento di andare ad affrontare vari aspetti di questo evento epocale. Nel saggio iniziale Giovanni Turco illustra le ragioni del principato civile dei Papi, addentrandosi nel problema della legittimità per giungere a dimostrare l’illegittimità dell’occupazione di Roma. Un atto che può essere definito senza mezzi termini predatorio, un’invasione giuridicamente ingiustificabile, ha provocato la caduta di Roma, senza che in ciò vi sia stata – al contrario di quanto una certa vulgata risorgimentale ha voluto far credere – alcuna partecipazione popolare: Tapparelli d’Azeglio mette ben in luce come la minaccia al Papa non sia venuta dai suoi sudditi, bensì da una «fazione», da un «popolo fittizio». Con la presa di Porta Pia viene compromesso il potere temporale dei Papi. Era questo il grande sogno dei rivoluzionari: arrivare a privare il Pontefice del potere temporale – diceva Giuseppe Mazzini – per poi pian piano togliergli anche quello spirituale.
La questione dell’indipendenza temporale del Papa è assai complessa, delicata, e particolarmente soggetta ai pregiudizi e ai luoghi comuni della cultura dominante. Non è certo un tema facile da trattare, e non a caso il Sillabo ne condanna la libera discussione. Il cattolico è tenuto a credere che il Pontefice può avere un regno temporale, che non è di ostacolo, ma anzi è giovevole alla sua funzione spirituale. Pio IX insomma riteneva che, vista la complessità del tema e l’abuso che ne stavano facendo i nemici della Chiesa, fosse più sicuro per un buon cattolico affidarsi alla fede piuttosto che alla libera indagine. Oggi sappiamo e vediamo che è accaduto proprio l’opposto di ciò che Pio IX auspicava: sulla questione del potere temporale si è parlato tanto, e soprattutto hanno parlato i nemici della Chiesa. E le conseguenze sono state proprio quelle che lui aveva previsto: gli stessi cattolici ne sono usciti con le idee confuse. Converrà dunque fare un poco di chiarezza, avvalendosi scrupolosamente della dottrina cattolica, e a tale scopo un ampio saggio nel volume è dedicato, da chi perfettamente conosce la materia, al tema dell’indipendenza temporale del Papa.
Viene poi analizzato ampiamente il contesto risorgimentale nel quale Porta Pia si inserisce: un contesto rivoluzionario, nato e condotto principalmente come guerra alla Chiesa cattolica. Un contesto che esce dai confini italici e coinvolge tutta l’Europa: dunque non mancano i saggi che spiegano il quadro internazionale e ideologico dell’Ottocento. Episodi specifici, personaggi chiave e curiosità completano infine l’opera, con approfondimenti sugli zuavi pontifici e sulla figura di Pio IX. Si cerca insomma di offrire uno strumento, il più possibile completo, per conoscere questo momento storico fondamentale, questo «evento filosofico», come lo definisce Giovanni Turco, indispensabile per la comprensione della società odierna, perché «in esso e con esso, una concezione del mondo passa dalla teoria alla prassi, intendendo dare inizio a un avvenire “tutt’altro” rispetto a quello che lo precede».
Elena Bianchini Braglia
fonte