Le mire espansionistiche su Napoli di Carlo VIII
Cause e finalità della discesa del re di Francia, Carlo VIII, in Italia sono state a lungo dibattute eppure sembrano contenere qualcosa di attuale.
Una pagina tratta da Le monde de l’humanisme: 1453-1517, opera di Myron P. Gilmore, tra i più importanti storici statunitensi, fa luce sull’espansionismo francese nella penisola italiana sul finire del Quattrocento. La spedizione di Carlo VIII e la conquista di Napoli, recuperata grazie all’intervento dei Re Cattolici e di Consalvo de Cordoba, maturano in un ambiente di corte segnato dalle ambizioni personali e dalla debolezza degli equilibri di politica interna…
Angelo D’Ambra
La monarchia francese aveva acquistato il suo diritto legale diretto al regno di Napoli al tempo della morte di Renato d’Angiò, nel 1480. tale diritto, in ultima analisi, derivava dal dono fatto dal papa, nel secolo XIII, a Carlo d’Angiò, il fratello cadetto di San Luigi. Successivamente vi era stata la storia lunga e complicata della secolare rivalità delle famiglie di Angiò e di Aragona a proposito dell’eredità napoletana. Nel secolo XV, la questione di diritto era stata resta talmente confusa da un seguito di doni aggiuntivi, di revoche, di adozioni, di legittimazione, e di riconoscimenti di conquiste, che difficilmente i più sottili giuristi di Europa sarebbero riusciti a sciogliere. Quel che importava era l’esistenza di un diritto storico, che ad ogni momento poteva essere affermato e realizzato. Da questo punto di vista, si potrebbe pensare a Carlo VIII e a Ferdinando d’Aragona semplicemente come agli ultimi protagonisti di una rivalità per così dire “coloniale”, che risaliva al secolo XIII, ma che proseguiva allora su una scala più vasta, e con tutte le risorse di monarchie stabilite ormai su una base più dichiaratamente nazionale. Sarebbe tuttavia una illusione quella di attribuire a tale eredità le guerre d’Italia del 1494 e degli anni successivi; sotto siffatto pretesto, vi erano le realtà del momento, gli uomini e le pressioni politiche e sociali.
Carlo VIII stesso era anormalmente debole e le sue capacità di guidare gli affari del regno di Francia erano veramente limitatissime. Era come accecato da tradizioni di cavalleria, di onore personale, di crociata; era fin troppo proclive ad accarezzare dei progetti grandiosi, nei quali vedeva se stesso come erede dei crociati, re coronato di Gerusalemme e in atto di dirigere gli eserciti vittoriosi contro i Turchi. L’acquisto di Napoli sarebbe stato una tappa della conquista di Costantinopoli. E’ probabile, a quel che sembra, che Carlo credesse sinceramente nel suo buon diritto e che considerasse tutta la sua spedizione italiana come una rivendicazione di giustizia, destinata nello stesso tempo a servire la causa della religione cristiana contro gli Infedeli. Lo spirito di crociata si era espresso sul finire del Medioevo non sotlo attraverso un simbolismo sterile… ma anche in alcuni rappresentanti eminenti dello zelo missionario… Qualunque abbiano potuto essere i suoi fini, è chiaro che il re di Francia non si faceva che una debolissima idea della situazione reale che avrebbe trovato in Italia e dei problemi che la sua spedizione avrebbe creato. Tra i suoi consiglieri vi erano degli uomini i cui scopi erano assai più realistici.
Commynes, in quanto sopravvivente del regime di Luigi XI ed opposto alla nuova direzione della politica francese, descrive in termini improntati ad una grande amarezza gli uomini “nuovi” che esercitarono su Carlo VIII un influsso, a suo credere, tanto disgraziatamente decisivo. Dal suo punto di vista, i consiglieri favoriti del re, de Vesc e Briconnet, erano degli arrivisti, degli uomini senza nascita che abusavano del loro favore presso il re per ricavarne quanti più vantaggi potevano. Per sospetta che questa testimonianza possa essere, è chiaro che l’appoggio entusiasta che questi uomini davano alla politica italiana del re riposava in gran parte su delle speranze di avanzamento personale, ad un tempo politico e finanziario. Essi costituivano evidentemente il canale attraverso il quale la diplomazia italiana poteva esercitare pressione sul governo francese.
I motivi individuali trovavano un largo appoggio nelle condizioni del paese. Sotto molti aspetti, la Francia era in anticipo sui suoi vicini nell’organizzazione del potere monarchico. Carlo VIII aveva ricevuto in eredità dai predecessori una burocrazia ed un esercito che gli davano i mezzi di inaugurare una politica più bellicosa. tuttavia, aveva ereditato pure un problema sociale che costituiva forse un fattore ancora più importante. Gli alti ranghi della nobiltà feudale si erano opposti, per delle generazioni, all’accrescimento del potere regio; benchè si fossero praticati con successo tra di essi dei tagli cruenti, in particolare durante il regno di Luigi XI, la loro mancanza di affetto non restava meno uno dei principali problemi della monarchia. La funzione della nobiltà era stata minata e nello stesso tempo si era ridotta la base stessa della sua sussistenza economica. La rendita della terra diveniva sempre meno sufficiente al mantenimento di una classe il cui stile di vita andava sempre allargandosi. Pertanto la posizione della nobiltà costituiva un enorme problema politico e sociologico; era essenziale trovare un mezzo per occuparla ed utilizzare le sue energie. L’avventura all’estero diventava il ricorso inevitabile contro la rivoluzione interna, così come doveva mostrarlo la storia del secolo XVI.