Alta Terra di Lavoro

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“LE TRE GIORNATE DI NAPOLI” DEL 1799 ALLE “33” RIFLESSIONI DI MASSIMO FELICE ABBATE

Posted by on Lug 6, 2023

“LE TRE GIORNATE DI NAPOLI” DEL 1799 ALLE “33” RIFLESSIONI DI MASSIMO FELICE ABBATE

Secondo Enzo Striano, autore di un bellissimo romanzo (“Il resto di niente”), che su caldo suggerimento della buonanima di mio padre ho letto, Eleonora de Pimentel Fonseca prima di salire sul patibolo di Piazza Mercato pronunciò queste parole: “Forsan et haec olim meminisse juvabit” (Forse un giorno di queste cose gioverà il ricordo).


Di seguito c’è il filmato di un interessantissimo convegno su quei fatti del 1799 e quel libro mi è tornato prepotentemente in mente, suggerendomi queste riflessioni.
Donna Eleonora, che dopo Enzo Striano ho meglio conosciuto anche (non solo!) grazie ad una fantastica canzone del dott. Maestro Eugenio Bennato (“Eleonora”; composta al ritmo di una tammurriata mediterranea contaminata di elettronico), cui qua nessuno aveva chiesto niente, ha ragione di “quelle cose” giova il ricordo.
E’ ugualmente vero come afferma l’amico prof. Ermimio De Biase, che in guerra la ragione e, conseguentemente il torto, non stanno mai tutti interi dalla stessa parte.
Eh già perché la guerra è quella cosa in cui devi sparare al nemico affinché il nemico non spari lui a te, come magistralmente ha cantato un altro Maestro la buonanima di Fabrizio (“La guerra di Piero”).
Ma ha ancora più ragione il mio amico Claudio e mi spiego.
Qualche anno fa, in “epoca non sospetta” discutevamo di quei fatti in un afosissimo sabato di giugno dalle parti di piazza Municipio a Napoli.
Eravamo entrambi tetragoni sulle nostre divergenti opinioni.
Lui legittimista (non ho detto reazionario!) come solo lui sa essere!
Di contro io brigante insorgente cui però, per rispetto ad un antico giuramento di fedeltà alla repubblica italiana, “niente me ne fotte d’ ‘o rre burbone ma d’ ‘a Storia si”.
A un certo punto dell’intossicosa discussione Claudio imperiosamente mi fa: “Vieni con me!”.
Lo seguo ed arriviamo all’ingresso del porto, spalle alla piazza.
Qui mi dice: “Girati e guarda lassù” e col dito mi indica Castel Sant’Elmo, così continuando: “Quelli i giacobini repubblicani, compresa la tua donna Eleonora, cui nessuno aveva chiesto niente, quando da lassù videro spuntare da via Marina i lazzari calabresi, lucani e napoletani armati di roncole e forconi dietro l’emblema della Santa Croce lo sai che fecero?”; “No” gli risposi. Claudio così continuò: “Li tempestarono di palle di cannone, altro che Arcadia; immagina di essere uno di quei lazzari!” Qui, immaginando il terribile scenario, tacqui.
Ogni volta che passo da quelle parti e mi ricordo di quell’afosissimo sabato appena posso per farmi passare la “ppucundria” ascolto un’altra canzone “Il canto dei Sanfedisti”.
Ecco il senso sta tutto in “quali sono esattamente quelle famose cose” di cui giova il ricordo. Sicuramente non “chelle buciarde ca c’hanno ‘mparato int’ ‘e libbre d’ ‘a scola”, quindi ben vengano altri convegni come questi

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