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L’economia medioevale: né capitalismo né socialismo

Posted by on Ago 16, 2020

L’economia medioevale: né capitalismo né socialismo

Fermo restando che un’epoca perfetta post-peccatum (cioè dopo il peccato originale) non potrà mai esistere, va detto che il Magistero della Chiesa si è pronunciato e ha detto che il periodo storico che più si è sforzato di incarnare i principi del Vangelo è stato il XIII secolo, dando frutti che sono quelli che sono stati: santità, filosofia, arte e letteratura cristiane, ecc… Leone XIII nell’enciclica Immortale Dei, del 1885,così scrive:

“Fu già tempo che la filosofia del Vangelo governava gli Stati, quando la forza e la sovrana influenza dello spirito cristiano era entrata bene addentro nelle leggi, nelle istituzioni, nei costumi dei popoli, in tutti gli ordini e ragioni dello Stato; quando la Religione di Gesù Cristo posta solidamente in quell’onorevole grado, che le conveniva, traeva su fiorente all’ombra del favore dei Principi e della dovuta protezione dei magistrati; quando procedevano concordi il Sacerdozio e l’Impero, stretti avventurosamente fra loro per amichevole reciprocanza di servigi. Ordinata in tal guisa la società, recò frutti che più preziosi non si potrebbe pensare, dei quali dura e durerà la memoria, affidata ad innumerevoli monumenti storici, che niuno artifizio di nemici potrà falsare od oscurare.”

Ma da un punto di vista economico quale insegnamento ci ha trasmesso il medioevo?

Volendo fare riferimento all’alternativa che siamo soliti noi moderni aver presente, capitalismo o socialismo, il medioevo come si poneva? La risposta è molto semplice: non si poneva, nel senso che la sua economia era alternativa tanto a ciò che si sarebbe in futuro chiamato capitalismo, quanto a ciò che si sarebbe chiamato socialismo. E questo per il motivo detto prima, ovvero che la preoccupazione della società medioevale fu quella di prendere sul serio i dettami evangelici.

Un testo edito nel 1956 che s’intitola “La Chiesa e il Capitalismo“, i cui autori sono Dauphin e Meunier, si apre con delle pagine che, con ottima sintesi, fanno capire cosa ha rappresentato economicamente questo periodo storico. Leggiamo qualche passaggio.

Il regime capitalista è un fenomeno moderno: perché esso potesse svilupparsi ed affermarsi era necessaria l’unione di un fattore tecnico, l’accumulazione di capitali, con un fattore giuridico, la proprietà. Il primo, favorito dagli ordini religiosi e dalle corti principesche, ha cominciato a dare i suoi effetti solo nel XVI secolo con l’afflusso dei metalli preziosi provenienti dal Nuovo Mondo; l’altro, cioè la proprietà a tipo moderno, s’è affermata a partire dal XVII secolo divenendo oggetto del diritto privato col Codice Civile Francese del 1804, che fu ben presto adottato in tutta l’Europa. (…). Si è anche voluto dare una data di nascita: il 1453 anno della presa di Costantinopoli da parte dei Turchi, che segnerebbe la fine di quello che gli economisti chiamano il Regime dell’Economia naturale.

L’economia medioevale era essenzialmente statica. La moneta, pur costituendo un mezzo per gli scambi, era impiegata molto limitatamente. Ad una scarsa circolazione di merci corrispondeva una scarsa circolazione monetaria. La proprietà rurale costituiva l’unità economica: la sua produzione era limitata al consumo in loco. I tributi dei contadini al signore e quelli di quest’ultimo al sovrano erano versati in natura. Solo in occasioni eccezionali (…) si usavano i contanti. Ciò invece accadeva più spesso quando la Chiesa forniva denari per un’impresa, in quanto essa soltanto disponeva di tesori (reliquiari, candelieri, vasi sacri in metallo prezioso); in caso di necessità, un’abbazia faceva fondere qualche oggetto e lo faceva cambiare in moneta.

La società era a carattere prettamente agricolo ed anche i borghi urbani dipendevano dai grandi domini rurali, (…). Non c’era sproporzione fra le entrate e le uscite, i bisogni e la produzione. Si lavorava per vivere, non per avidità di guadagno. Una volta soddisfatti i bisogni vitali, invece di intensificare l’attività economica ci si abbandonava ai piaceri del corpo e dello spirito. La Chiesa d’altronde provvedeva a questa distensione: aumentava le feste di precetto, ma per avere più occasioni di istruire il popolo con cerimonie, con sermoni e con la sua liturgia, in modo da indirizzare al fine ultimo e allontanarlo dai piaceri mondani additandogli il Cielo.

La Provvidenza aveva assegnato ad ogni uomo il proprio gradino nella scala sociale, quindi ogni uomo doveva compiere, con coscienza e seguendo la tradizione, i doveri del suo stato, ma aveva anche diritto a un trattamento conforme alla propria posizione sociale.

Il mestiere doveva procacciare da vivere all’uomo che lo praticava. Se una carestia od un rovescio di fortuna impediva che ciò avvenisse, si ricorreva ad un prestito che assicurasse il sostentamento, prestito chiesto e concesso nel rispetto dei princìpi di giustizia e di carità: non si pensava a chiedere o a dare interesse.

Ma l’economia naturale che dominava l’Europa occidentale dei Carolingi doveva scomparire dal XIV secolo in poi: la carestia del 1315 e la peste nera dal 1347 al 1350 devastarono l’Europa, facendo perire più di un terzo della popolazione; ma esse condussero all’affrancamento i contadini, le cui prestazioni furono allora molto ricercate.

Contemporaneamente i borghi si ingrandirono per l’afflusso di servi messi al bando e di stranieri; si iniziò la differenziazione dei mestieri e si profilò una specializzazione di lavori. Ormai liberi da ogni obbligo verso i feudi, i borghi divennero città artigiane, spesso turbate da lotte tra le varie corporazioni di mestieri. Nelle città e nelle campagne sorsero antagonismi economici e sociali. Fu il segno che ad una economia naturale succedeva un’ economia di scambio.

Gli scambi si resero possibili dalla nascita delle industrie, dalla moltiplicazione delle banche e dei porti, dalla valorizzazione di nuovi territori (colonizzazione germanica al di là dell’Elba) e dall’apertura di nuovi sbocchi. Cominciò a sorgere la lotta per il predominio delle vie di comunicazione; nello stesso tempo, indeboliti dalle guerre, specialmente da quella dei Cento Anni, gli istituti ecclesiastici non potettero continuare a concedere come una volta prestiti occasionali.

Apparve allora una classe di uomini nuovi: erano i primi capitalisti.

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