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L’eroismo della donna cavota contro l’armata napoleonica, nella battaglia del 27 aprile 1799

Posted by on Set 10, 2021

L’eroismo della donna cavota contro l’armata napoleonica, nella battaglia del 27 aprile 1799

Come abbiamo indicato in altri nostri precedenti scritti, nel Salone d’Onore e/o di Rappresentanza del Palazzo di Città di Cava de’ Tirreni, si possono ammirare tre meravigliose tele, realizzate dal celebre Maestro Clemente Tafuri (Salerno, 18 agosto 1903 – Genova, 11 dicembre 1971), fra il tramonto del 1940 e l’alba del decennio successivo.

In quella qui rappresentata, il Maestro, ci permette di ricordare l’eroica resistenza dei “pistonieri” cavoti, contro la predominante armata napoleonica.

La storia ricorda che Ferdinando I di Borbone, Re delle Due Sicilie, con il Regio Decreto dell’11 agosto 1798 ordinò una leva militare straordinaria, in ragione di 8 uomini per 100 abitanti, oltre al pagamento di somme di denaro, che per la Città della Cava (il toponimo: Città di Cava de’ Tirreni origina dal 23 ottobre 1862) fu di 1.200 ducati, necessari per costituire un grande esercito ed invadere lo stato pontificio, affinché fossero scacciati i francesi.

l 29 novembre 1798 le truppe napoletane entrarono in Roma, ma ebbero l’inattesa sorpresa di non scontrarsi con l’esercito francese. Il valoroso Generale Championnett, uomo onesto e leale, l’aveva fatto ritirare per riorganizzarlo e poter poi passare al contrattacco; cosa che fece mettendo in rotta i napoletani ed invadendo il Regno partenopeo. Prima che i francesi entrassero in Napoli, Re Ferdinando e la sua famiglia, con l’impiego della flotta inglese dell’Ammiraglio Nelson, scappò a Palermo! Championnett, alla testa del suo esercito, il 23 gennaio 1799 entrò in Napoli ed il giorno seguente proclamò la Repubblica Partenopea, ordinando a tutti i sindaci del Regno di fare atto di sottomissione, consistente nella consegna delle chiavi della città. Per la Città di Cava provvide il Sindaco Don Nicola Adinolfi il quale al ritorno da Torre del Greco, ove fu ricevuto dal generale francese, che nell’occasione lo nominò capo delle truppe civili, fece piantare l’albero della libertà in piazza Duomo, oggi piazza Vittorio Emanuele III, e cancellare le insegne reali dal Palazzo di Città. Il dissenso tra le civiche amministrazioni e l’invasore d’oltralpe non tardò a manifestarsi e anche l’entusiasmo manifestato dalle popolazioni a poco a poco si spense, in breve: i francesi non seppero farsi amare!

Re Ferdinando, intanto, dalla Trinacria, si preparava a riconquistare il Regno di Napoli. La Città di Cava divenne teatro di violenze tra i realisti ed i francesi; quest’ultimi appoggiati da quanti avevano creduto nelle novelle idee. La controrivoluzione vide protagonisti i fratelli Autuori del Casale di Cetara i quali si diedero a far prede con le loro navi. L’ufficiale comandante delle truppe francesi di stanza nella Città di Cava, inviò a Cetara cinquanta fanti in armi, ma questi non appena giunsero nel Casale furono sterminati dagli insorti cetaresi, i quali, rimasti eccitati dalla vittoria riportata, si recarono in gran numero a Vietri, ove presero contatti coi rivoltosi dei casali e villaggi viciniori.

Gli abitanti della “valle metelliana” non esitarono dall’intraprendere le ostilità verso il nemico, cosa che non fu possibile attuare dai residenti nel Borgo perché tenuti a freno dai francesi; acquartieratisi nel convento di San Francesco, ma ecco cosa accadde:

. a San Pietro: un colpo di cannone francese decapitò un insorto;

. a Sant’Arcangelo: gli insorti aggredirono una pattuglia francese e ne uccisero l’ufficiale comandante, nella persona di Luigi Revochè;

. a San Vito: i francesi e gli insorti si diedero battaglia;

. a Santa Lucia: furono incendiate le case ove erano acquartierate le truppe francesi;

. al Curaturo, che è il torrente che da Santa Lucia scende a Camerelle, fu ucciso un ufficiale nemico.

I francesi, a loro volta, incendiarono buona parte delle abitazioni del villaggio di Pregiato. Quelli che presidiavanoNocera dei Pagani, come a quel tempo si denominava l’attuale Nocera Inferiore, non potendosi dirigere verso Napoli, si portarono verso la Città di Cava, montando l’accampamento in località Pagliarone, che é posta tra Santa Lucia e Camerelle. Anche gli insorti di Pagani e Nocera dei Pagani ripararono verso Cava, poiché da Napoli stava per giungere il sanguinario Generale Wetrin, il quale, per ordine di Napoleone Bonaparte, aveva sostituito il suo collega Championnett, accusato di buonismo e fatto rientrare a Parigi, sotto scorta, per essere processato.

La mattina di sabato 27 aprile 1799, sei cavalieri con bandiera borbonica, nell’attraversare Nocera dei Pagani, avvistarono una colonna di 3.000 (tremila) francesi che, al comando del generale Watrin, marciava alla volta della Città di Cava. La pattuglia cavese ripiegò verso il ponte di Santa Lucia. I cavesi, già all’erta, non si fecero sorprendere dal nemico e non volendo defilarsi od esimersi dal difendere il suolo patrio, sebbene consci del maggior numero di francesi da fronteggiare, pur sapendo che questi avevano già datoil guasto alle popolazioni di Napoli, Castellammare, Gragnano, Angri, Scafati, Nocera dei Pagani e Roccapiemonte, per non perdere la tanto agognata libertà, sebbene male armati, non esitarono dal frapporsi all’avanzata napoleonica.

Si racconta che il ventiseienne Capitano Vincenzo Gaetano Paolo Baldi, con soli 50 (cinquanta) pistonieri, barricati sul ponte di Santa Lucia, utilizzando i vetusti pistoni, oppose strenua resistenza all’avanzata del nemico d’oltralpe e per ostacolarne la marcia fece abbattere il ponte che da li menava verso la Città. Il capitano Baldi, di Francesco e di Agnese Lambiase, nato il 25 gennaio 1773, fu battezzato nella chiesa parrocchiale di San Pietro, del Distretto di Sant’Adjutore. Avviato sin da giovanissimo all’arte militare, morì il 28 luglio 1835 ed i sette figli posero le sue spoglie nella citata chiesa.

Quel 27 aprile 1799 fu un giorno nefasto per la nostra Città, poiché rimase vittima di un vero e proprio eccidio, oltre al pagamento, entro il giorno seguente, di 14.000 ducati d’oro, ma avvenne anche qualcosa d’incredibile: le donne del Distretto di Sant’Adjutore (quelle di Sant’Anna, San Giuseppe al Pennino, Santa Lucia e non solo), nel constatare la disparità numerica dei combattenti cavoti, non esitarono dall’abbandonare il focolare domestico per scendere dalle colline e portarsi nel luogo della battaglia, impugnando i pistoni intrisi di sangue e sparare contro l’invasore; evento unico per quei tempi!

Il Maestro Clemente Tafuri, al centro della tela che osserviamo, a testimonianza del valore della donna cavota, ha posto proprio un’esponente del gentil sesso in azione di sparo. Da quel lontano 1799 le donne del Distretto di Sant’Adjutore, che oggi distinguiamo nei Casali Pistonieri Sant’Anna e Sant’Anna all’Oliveto, avendone pieno titolo, prendono parte, unitamente agli oltre mille figuranti dei restanti sei Casali, oltre agli sbandieratori ed ai cavalieri, ai “Festeggiamenti in Onore del Santissimo Sacramento“, che quest’anno celebreremo, per la 360ª volta, nei giorni di giovedì e sabato 2 e 4 giugno 2016, per testimoniare: Cava de’ Tirreni “Città Eucaristica”, del pari ad altre 65 del Mondo, di cui parleremo in altro scritto.

Livio Trapanese

fonte

https://www.ilportico.it/it/sezioni-25/storia-e-storie-12/l-eroismo-della-donna-cavota-contro-l-armata-napol-58005/article

L’eroismo della donna cavota contro l’armata napoleonica, nella battaglia del 27 aprile 1799

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