L’UNITA’ il PECCATO ORIGINALE
L’intera storia di questo Paese andrebbe riscritta per smascherare il sistematico ricorso alla coercizione armata degli apparati dello Stato per perpetuare il potere della “borghesia compra dora” ( una classe media indigena alleata con gli investitori stranieri, multinazionali, banchieri e gli interessi militari) asservita al grande capitale cosmopolita e del suo partito: la massoneria.
Le origini di molti mali dell’Italia di oggi risiedono nelle circostanze con cui l’unità nazionale fu raggiunta, cioè una spietata guerra di conquista e di saccheggio scatenata dal Piemonte contro i floridi stati preunitari. Gli obbiettivi di Cavour erano quelli di garantire alla nascente industria del Nord i capitali per il suo sviluppo e un mercato per i suoi prodotti. Quindi si deve parlare di una vera e propria guerra coloniale: dove la potenza imperialista interviene direttamente per garantire la sicurezza degli investimenti e lo sfruttamento del territorio. Con l’emancipazione nazionale il grande capitale arruola tra gli indigeni il personale di cui ha bisogno: tecnici, amministratori, forze di polizia. Poi in modo più sfumato, la potenza imperialista continua a condizionare la colonia attraverso i programmi di assistenza economica, militare e culturale, ma ricorrendo anche alla corruzione, all’intimidazione, al colpo di stato e all’intervento militare diretto. Il tutto nell’interesse del grande capitale, che nel frattempo è diventato cosmopolita. In italia il Regno del Piemonte si sostituì, all’Austria come potenza coloniale e l’unità segnò il punto di transizione dall’epoca coloniale al neocolonialismo. Di fatto termina una dominazione straniera e sorge uno Stato unitario e formalmente indipendente sul piano politico, ma pur sempre aggiogato al carro del grande capitale. Fu la grande finanza ebraica a spingere i governi europei a intraprendere le iniziative coloniali dell’Ottocento. Ciò accadde perché il grande capitale non trovava più sufficientemente remunerativi gli investimenti nelle loro nazioni d’origine. Il caso italiano non fa eccezione: furono i Rothschild di Parigi e i loro agenti a Parigi, Londra e Ginevra a finanziare le guerre d’indipendenza, la costruzione di cantieri navali, ferrovie e fabbriche di armi, l’allestimento di una moderna flotta. Re Vittorio Emanuele II e Cavour contrassero con la finanza ebraica debiti di tali proporzioni da rendere necessario il saccheggio sistematico del resto della Penisola. Questo fu il meccanismo criminale che portò all’unificazione della Penisola. L’Italia è sempre stata una terra ricca grazie ai suoi porti, alla sua collocazione geografica, alla fertilità delle campagne, all’ingegnosità dei suoi abitanti: c’era tanto da predare in Italia.
La resistenza delle strutture tribali alle strutture del capitalismo avanzato provocano un fenomeno di reazione, che è possibile osservare nella storia di ogni Paese toccato dal colonialismo. Questa situazione si trova anche nel Mezzogiorno italiano e prende il nome di brigantaggio. Con l’affermazione di una classe sociale, detta borghesia compradora, da non confondere con la borghesia produttiva che fa impresa o la piccola borghesia cittadina dedita al commercio spiccio, né quella rurale dei piccoli proprietari terrieri. Ma l’agente del grande capitale nei Paesi in via di sviluppo: è la classe sociale degli amministratori, degli ufficiali dell’esercito, degli impiegati di banche straniere e multinazionali, dei liberi professionisti, la cui unica ragione è la difesa degli investimenti stranieri sul territorio minacciati dalle rivendicazioni sociali del popolo oppresso. I suoi membri traggono una rendita di posizione, che si esprime nelle forme del potere personale, del prestigio e della ricchezza.
La borghesia compradora comparve in Italia alla vigilia dell’unità col preciso compito di saccheggiare il Paese per sé e per i propri padroni: i potenti banchieri israeliti di Parigi, Londra e Ginevra guidati dai Rothschild. Furono costoro, che finanziarono le guerre d’indipendenza e il processo di modernizzazione del Paese. Considerati gli interessi che essi difendono, non sorprende che governi di diverso colore politico si alternino tra loro senza che nulla cambi. (“Tutto cambia perché nulla cambi”. Tomasi di Lampedusa). Il sacco d’Italia iniziò accentrando in un’unica mano la leva della fiscalità a partire dal 1861 e fu condotto per mezzo di un esercito di amministratori corrotti e soldati. Così, servendosi della borghesia compradora selezionata e arruolata dalla massoneria, il grande capitale instaurava le sue strutture economiche nella Penisola. Il risultato fu un’ondata di miseria quale non se ne ricordava da secoli: fu a quel punto che milioni di compatrioti iniziarono a emigrare in America con le famose valige di cartone. (Oggi il fenomeno si ripete: sono giovani diplomati e laureati che partono in cerca di opportunità di lavoro che in Italia mancano, piccoli imprenditori che chiudono le loro fabbrichette in Italia per delocalizzare le produzioni, pensionati che fuggono in Portogallo, in Romania o in Tunisia per poter vivere dignitosamente gli ultimi anni della loro vita con quel poco di pensione che si ritrovano). Tutto questo accade perché esiste una casta che nulla produce, ma depreda, dilapida e si vende le ricchezze che dovrebbe amministrare in nome del popolo sovrano. Dal 1861 i vari governi che governavano il Paese imposero al Sud la pesante tassazione che già gravava sul Nord, aggiunsero nuovi balzelli, come l’odiosa tassa sul macinato, confiscò i palazzi e le tenute fondiarie della Chiesa, che i soliti faccendieri si accaparrarono a prezzi stracciati. Tutto ciò serviva ad alimentare la corruzione, la speculazione e il clientelismo mentre prestiti sempre crescenti venivano richiesti sui mercati alimentando la spirale del debito pubblico. Fu così l’Italia si configurò, fin dall’inizio, la “cleptocrazia” cioè il governo basato sul malaffare.
Ma la vera grande protagonista dell’unità d’Italia fu la massoneria: il Grande Oriente d’Italia sorse ufficialmente come estensione della Loggia Ausonia, fondata nel 1859 a Torino con la benedizione di Cavour. Vi entrarono in massa personaggi che occupavano posizioni sociali di rilievo ed erano incredibilmente ardenti patrioti. Fu quindi la massoneria a selezionare la borghesia compradora in italia, che sostituì gli amministratori e gli sbirri austriaci e assorbì al proprio interno quelli borbonici.
In una continuità, assicurata dalla massoneria, nella trasmissione del potere da una generazione all’altra, attraverso i meccanismi ben noti del nepotismo, della raccomandazione e della corruzione. È l’Ordine che garantisce l’impunità della casta al potere, controllando contemporaneamente il potere legislativo, esecutivo e giudiziario, mettendo in relazione il magistrato col il malavitoso, il politico corrotto col faccendiere corruttore, l’élite italiane e con quelle straniere.
Tutto ciò si palesa chiaramente nella storia di Adriano Lemmi, il “banchiere del Risorgimento”, Gran Maestro della Massoneria negli anni tra il 1885 e il 1896. Egli fu il punto di congiunzione tra il mondo dell’alta finanza e la borghesia compradora italiana. Lemmi fu l’eminenza grigia dietro il primo ministro Francesco Crispi, un “33” del Rito Scozzese. Fu Lemmi a creare una Loggia supersegreta, la Loggia di Propaganda, per nascondere l’affiliazione massonica dei personaggi più autorevoli e influenti del tempo: banchieri e uomini politici. (Quando il Venerabile Licio Gelli assurse a eminenza grigia della Prima Repubblica, non fece altro che ricopiare i metodi di Lemmi creando la Loggia Propaganda 2).
Come ogni borghesia compradora, anche quella italiana è corrotta, inefficiente e arrogante. Il primo scandalo dell’Italia unita fu quello delle Ferrovie meridionali, nel quale Lemmi figura come l’organizzatore di un giro di mazzette che coinvolse faccendieri, uomini politici e avvocati. Nel 1893 il governo Giolitti cadde a causa dello scandalo della Banca romana, una truffa colossale di cui Lemmi era il regista. Pure negli odierni scandali bancari si può leggere, dietro alle collusioni tra politica e finanza, la lunga mano della massoneria. Poco più di un secolo dopo, la storia si è ripetuta con lo scandalo della metropolitana di Milano, per il quale il Presidente del Consiglio Bettino Craxi e altri furono condannati per corruzione. Possiamo aggiungere che Craxi e Martelli, nel 1981, avevano letteralmente comprato il Partito Socialista con i soldi messi a disposizione dalla P2 secondo le dichiarazioni dell’on. Cicchitto. La super-loggia di Gelli fu coinvolta anche nello scandalo del crack del banco Ambrosiano, al quale va collegata l’uccisione del banchiere massone Roberto Calvi. Questi fenomeni crimininali si ripetono periodicamente nella storia italiana proprio a causa del peccato originale della genesi dell’Italia unita: un’operazione colonialista condotta in nome del grande capitale, nel quale la massoneria ha giocato un ruolo decisivo.
L’Italia è da secoli un Paese individualista, dove si bada a conquistare e mantenere privilegi, spesso in barba alle regole, e dove il senso di comunità è scarsissimo o se esiste, si ferma alle mura cittadine.
“Tutto questo non dovrebbe poter durare; però durerà, sempre; il sempre umano, beninteso, un secolo, due secoli …; e dopo sarà diverso, ma peggiore. Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra”. Ciò fa riferimento al declino dei Salina a cui succederanno persone di minor rango, di più infima levatura sociale e morale (sciacalletti, pecore..) per i quali i Salina (Leoni) rimarranno sempre una meta inarrivabile.
I briganti, cioè i resistenti al sistema occupante furono falcidiati dai fratelli liberatori. Oggi non si tratta di eserciti armati, ma di grandi compagnie straniere che si stanno comprando l’Italia pezzo dopo pezzo, un esempio facile, facile: Ryanair e Lufthansa sono divenute, di fatto, le compagnie aeree italiane.
In questo “nuovo Sud europeo”, ricattato dalle mafie o da chi con le mafie viene a patti, in cui le “anomalie” della democrazia sono evidentemente la norma, i cambiamenti saranno sempre più rari, starà relativamente bene chi ha e avrà garantiti alcuni privilegi e le persone di valore, con voglia di fare e cambiare saranno sempre più spinte ad andarsene o a doversi confrontare con condizioni inadeguate.
“Oggi il Sud gravita economicamente sulla sua efficienza coloniale, la quale ha due aspetti fondamentali. Il primo è la distribuzione dei prodotti industriali, agricoli e del terziario padano, dalla quale ottiene il cosiddetto ricarico commerciale, il valore aggiunto che va al terziario locale. L’altra fonte di sussistenza è la corruzione clientelare. Al governo della colonia insomma concorre una borghesia burocratica e parassitaria che si nutre di clientele e finanziamenti, essa prospera sulla pelle della propria terra: “voltandola in termini di geopolitica, al Sud, la classe sociale, che gli economisti latino-americani hanno definito “borghesia compradora”, legata com’è agli interessi di Milano, rappresenta un nemico reale e possente. Trattasi di regola di imprenditori moderni che fanno da tramite tra le aree sviluppate e le aree sottosviluppate, tragicamente depresse dai meccanismi del mercato capitalistico”
(N. Zitara, La borghesia ‘compradora’, in Rivista elettronica Fora, 15 aprile 2005)
fonte