Marcia indietro fratelli
Qualche decennio fa’, dal parrucchiere, mi è capitato di sfogliare una rivista patinata in cui si esaltava la bellezza del multiculturalismo di stampo newyorkese di cui veniva auspicata la diffusione in ogni angolo della terra. Era la prima volta che vedevo affermato come buono un simile stile di vita e ho fatto fatica a capire. Mi sfuggivano i termini del discorso.
Sono restata come in un limbo in cui non comprendevo in cosa consistesse la bellezza dell’affiancamento, l’una accanto all’altra, tutte poste sullo stesso piano, di differenti culture, religioni, convinzioni. Ero ingenuamente abituata a pensare diversamente. Nel frattempo sono cresciuta. Da allora fino ad oggi, a parte un piccolo numero di persone, giornalisti, intellettuali, sacerdoti, nessuno ha difeso come la migliore di tutte la nostra cultura, la nostra religione, la nostra tradizione. Nessuno salvo, in qualche solitaria uscita, Berlusconi. Naturalmente circondato dall’irrisione generale. A parlare era l’impresentabile, l’incivile, lo stolto del villaggio.
Oggi qualcuno comincia piano piano, per non fare troppo rumore, per non dover apertamente praticare l’autocritica, a fare marcia indietro. Enough is enough, ha scandito Teresa May. Oggi sono in diversi a scriverlo: il multiculturalismo ha dato la possibilità all’islam di creare oasi protette da cui partire per seminare terrore e soggiogare le società aperte, tolleranti, pronte ad accettare tutto. E infatti, in nome dell’uguaglianza e dell’equipollenza di tutte le opzioni di vita, è stata permessa la costituzione in Europa di enclaves islamiche in cui vige la sharia, spesso la poligamia, in cui cinquantamila ragazze sono state “purificate” con mutilazioni genitali, in cui è praticata la combinazione di matrimoni con quasi-bambine, o l’uccisione di quanti si convertono. Si è arrivati in Gran Bretagna, ma non solo lì, a tollerare una rete che per anni ha organizzato la sodomizzazione di ragazzi da parte di ricchi pakistani. Rete che la polizia, al corrente del traffico, si è ben guardata dallo smantellare non volendo rischiare l’accusa di razzismo islamofobo. In nome del multiculturalismo abbiamo accettato stili di vita barbari da cui la nostra cultura cristiana ci ha da quasi due millenni liberato.
Il punto allora è: da quale fonte, da quale ispirazione, è penetrata in occidente, in America come in Gran Bretagna e, di lì un po’ ovunque, la convinzione che tutte le religioni e le culture siano equivalenti? A chi è stato utile il multiculturalismo? Chi lo ha pubblicizzato come la migliore delle scelte di civiltà (espressione ripetuta come un mantra)? Nel 1723 il pastore presbiteriano James Anderson scrive le Costituzioni dei liberi muratori e specifica che “la Massoneria diviene il Centro di Unione, e il mezzo per conciliare sincera amicizia fra persone che sarebbero rimaste perpetuamente distanti”. La Gran Bretagna si avvia a governare un impero largo quanto il mondo, esteso a tutti i continenti. Cosa tiene unito l’impero, quale il collante ideologico di tradizioni e religioni diversissime avendo escluso l’evangelizzazione, avendo escluso la fede? Se non c’è una fede condivisa, cosa accomuna madrepatria e colonie? Cosa li rende compatibili? In assenza di quello religioso, si impone la necessità di trovare un minimo comun denominatore di tipo culturale e non c’è dubbio che il mondo delle logge abbia approntato un solido denominatore comune di tipo culturale. Quando si parla di logge si parla di diverse “obbedienze” e infatti al loro interno vige la pratica di un’obbedienza giurata, ferrea. Quando per qualche ragione l’obbedienza viene meno, quando non si riesce a controllare una fetta consistente della popolazione mondiale e quando questa mette a repentaglio la convivenza di tutti, allora “enough is enough”. Gli islamici, lo stiamo imparando, non vogliono convivere, vogliono dominare. In nome di Allah. E, bisogna dargliene atto, hanno ragione. Fanno bene a smascherare il buonismo della nostra dabbenaggine multiculturale. Vedremo come va a finire.
Angela Pellicciari