NAPOLEONE CRIMINALE DI GUERRA, ANCHE IN EGITTO
Leggendo l’ultima fatica letteraria, “La Garibaldite”, del Preside del Re Vincenzo Giannone, che consiglio vivamente a tutti di leggere, c’è un breve passaggio, che di seguito riporto fedelmente, su i crimini di guerra di cui s’è macchiato Napoleone nella campagna d’Egitto.
Agli studiosi più scrupolosi sono fatti certamente noti ma per molti di noi è una novità e ci fa capire la tristezza della nostra classe dirigente, politica e accademica, che ha come modello e punto di riferimento il carnefice corso. In Italia i criminali di guerra sono tali a seconda dei punti di vista, infatti se appartengono alla nostra “bottega”, come per esempio Napoleone, Murat o i Piemontesi, le loro bestialità sono solo un dettaglio e rientrano nel concetto tanto caro ad Eleonora Pimentel Fonseca dell’applicazione del “terrore salutare” mentre se vengono perpretati da personaggi a noi lontani allora sono la negazione di Dio.
Basta pensare che di Lorenzo De Medici, che la storia chiama “il Magnifico”, c’è una narrazione apologetica sulla sua vita e su quello che ci ha lasciato peccato però che non vengono mai raccontati i ringraziamenti, con tanto di medaglie di pregio commemorative, che fece a Maometto II per la vittorie ottenute nell’adriatico compresa quella di Otranto con conseguente sterminio di 800 cristiani pur di danneggiare il Regno di Napoli nonostante fosse una nazione cattolica come lo era lui. Che tristezza che fate accademici storici italiani!!!
Claudio Saltarelli
“Napoleone I nella campagna d’Egitto. Il futuro imperatore dei francesi, dopo aver posto fine alla rivolta della popolazione del Cairo scoppiata il 21 ottobre 1798, per risparmiare munizioni fece decapitare ogni notte e per molti giorni 12 prigionieri, donne comprese, «che posti poscia ne’ sacchi si gettavan nel Nilo». Scriveva il suo segretario particolare Bourienne:
Io non so poi come il numero delle vittime siasi elevato a trenta per dì, come Bonaparte vantossene, sei giorni dopo ritornata la calma, col Generale Reynier, al quale aveva scritto: «Noi facciamo ogni notte tagliare una trentina di teste, fra le quali si trovano quelle pur anco di molti capi: spero che ciò sarà una buona lezione.[1]
E dopo che una tribù di arabi attaccò i francesi e ne uccise molti, Napoleone comandò al suo aiutante di campo di distruggere il villaggio, di tagliare la testa agli uomini e di porle nei sacchi per mostrarle al popolo del Cairo:
Fu il comando di Bonaparte eseguito appuntino. Molte arabe donne partorirono in sulla via; molti fanciulli ebbero a morirsene di fame, di caldo e di fatica. Finalmente circa le quattro ore giunsero sulla piazza di Ez-bekye’h gli asini carichi dei sacchi misteriosi. Apertili pubblicamente ne cadder le teste rotolando ai piedi del popolo ch’era accorso in folla a vedere.[2]
A Giaffa, dopo la vittoria riportata contro i turchi il 7 marzo 1799, Napoleone fece fucilare 3000 soldati turchi che si erano arresi a un ufficiale francese (che aveva garantito loro la vita) e 1400 prigionieri giustificandosi di non aver «abbastanza cibo per tante bocche inutili».[3] Si dica chi era il Caligola dei nostri tempi di eterna esecrazione a tutti gli uomini e quando i Borbone di Napoli in 126 anni di regno avevano commesso simili nefandezze?
[1] Storia della spedizione dei Francesi in Egitto, tratta dalle Memorie di Bourienne segretario di Bonaparte, Tip. Pirotta, Milano 1835, p. 65.
[2] Ivi, p. 68.
[3] DAVID G. CHANDLER, Le campagne di Napoleone, Rizzoli Editore, Milano 1969, p. 315.
pezzo estrapolato dal libro di Vincenzo Giannone “La Garibaldite”