NAPOLI NORMALIZZATA
una sodomizzazione che dura da 139 anni
È finita, dopo le deludenti risultanze delle elezioni dello scorso mese di giugno, la breve quanto inutile esperienza di Ministro del Lavoro del famoso Antonio Bassolino, l’eterno sindaco di Napoli, colui che tutto risana, che tutto può. Peccato però che sarà ricordato solo per lo spiacevole e tragico avvenimento che ha visto perire, sotto i colpi di un poco credibile ritorno del terrorismo, il suo piú stretto e fidato collaboratore: il prof. Massimo D’Antona.
A parte questo episodio, tuttora oscuro e che tale resterà per moltissimo tempo, il Nostro non si è distinto granché nei meandri della politica di primo piano, di quella politica che, finita la guerra (o meglio, l’interesse sulla guerra) ha reputato piú saggio riportare questo pezzo da novanta laddove piú urgono le sue cure, dove è piú sentita la sua mancanza.
A questo personaggio gran parte della informazione ufficiale attribuisce il merito della rinascita “civile e culturale” di una vecchia capitale, quale fu Napoli. Sembra quasi di ripercorrere la storia in una sorta di cammino a ritroso. Il sindaco di sinistra, della nuova sinistra del partito democratico denominato DS, come il governo del vecchio giacobino Murat. Da una parte i ruderi riciclati del distrutto muro di Berlino, dall’altra parte del contraltare storico il falso depositario degli ideali della prima rivoluzione moderna. Come per il cognato di Napoleone si decantarono le riforme in campo scolastico, che oggi potremmo ridurre in slogan del tipo “scuola per tutti” (a pagamento s’intende), cosí, per la “speranza” progressista di Napoli, si magnifica il recupero della piazza Plebiscito (quale?), ex Largo di Palazzo Reale.
Con questo non si vuole sminuire quello che in ogni caso è, e rimane, un merito, dal momento che le precedenti amministrazioni nemmeno ci avevano pensato, impegnate com’erano ad arraffare: con questo si vuole affermare che la rinascita di una città disomogenea come Napoli non può scaturire da isolate operazioni di maquillage, di frenetica ricerca del colpo ad effetto, da una ridefinizione del territorio urbano che non contempli, perché colpevolmente abbandonate alla malavita, ampie zone della periferia. Proprio a questo sindaco, eletto anche con il mio contributo di elettore speranzoso, sento il diritto-dovere di muovere una critica alla sua attuale politica. Nella dichiarazione d’intenti, successiva alla vittoria elettorale (‘94), il sindaco Bassolino espose un bel programma, divenuto poi famoso per il costante richiamo alla “normalità”; a questo concetto, che non voleva ridurre o peggio soffocare il genio dei cittadini Napoletani onesti, non si è dato corso pratico, non verificandosi, cosí come era negli auspici, quel recupero del centro storico che tanta propaganda preelettorale aveva occupato. Il punto in questione non è di poca rilevanza dato che il centro storico partenopeo è, per estensione e densità abitativa, tra i primi in Europa.
Recuperarlo, cioè riattivarlo nelle sue precipue funzioni, avrebbe significato riscatto immediato per molta gente che vive di “economie di terza mano”, quando non dedita alla grassazione e all’omicidio. Questa, del recupero del cuore della città dal degrado totale, assoluto, poteva essere una carta vincente anche per le periferie. In realtà, fatte salve poche zone franche esterne al nucleo cittadino (vedi Posillipo), l’agonizzante centro storico è stretto in una morsa mortale da una periferia che rigurgita delinquenza e camorra. S. Giovanni, Barra, Ponticelli, Secondigliano, Miano, Piscinola, Chiaiano, Pianura, il rione Traiano a Fuorigrotta costituiscono il terreno ceduto dallo Stato ai nuovi “baroni” del secolo ventesimo. A questo sopruso il popolo drogato dalla “normalità” del malaffare non può, non deve, non vuole ribellarsi.
Ho vissuto per 23 anni – prima di “espatriare” nella “civiltà celtica” – in una periferia che i sociologi definiscono “difficile“, come è quella di Secondigliano. In tutti questi anni ho avuto modo di vedere tre cose essenziali. La prima riguarda la volontà di ghettizzare il popolo ammassandolo in anonime cattedrali di cemento (legge 167). La seconda cosa consiste nell’abbandonare questo popolo a sé stesso, relegandolo nel giogo del ricatto omertoso del potere dei gruppi camorristi. Terza ed ultima, in quanto credo definitiva opera del potere politico, la creazione del super-carcere. Della serie “i panni sporchi si lavano in famiglia”. In questa come in altre periferie non mi sembra essere giunta ad oggi la decantata normalizzazione di Bassolino e soci. Oggi, come sempre, queste sono periferie dove non solo è difficile procurarsi legittimamente il necessario alla vita quotidiana, ma soprattutto è disperato il difendere la sopravvivenza individuale. In questi luoghi mi piacerebbe vedere con piú frequenza il sindaco, simbolo ormai di sé stesso e del suo partito. In questi angoli di miseria, in questo mondo che è la periferia, lasciati ad un destino piú crudele di quello che un uomo degno di tal nome possa meritare, costretti alla paura dalle camorrie degli stessi loro fratelli, da cui piú tardi li dividerà la faida per il potere, cosí vivono stormi di fanciulli semianalfabeti. A questi fanciulli non resta che la responsabilità della scelta del proprio futuro; la miseria del padre umile lavoratore sottopagato e sfruttato, o quella del “don Raffaè” del rione, ricco e tanto guappo. Ma Napoli non deve morire nel tentativo di raggiungere una normalità che forse non le appartiene. La nostra “normalità” non può essere solo “frenesia e puntualità”; non ci si può scoprire dall’oggi al domani paladini dell’ordine assoluto, quando per anni le briglie sono state sciolte. La normalizzazione di Bassolino sembra distaccarsi inesorabilmente dalle sue iniziali premesse per trasformarsi, nel paese dove tutto è arte del trasformare (giudici che diventano politici, politici che fanno anche i giudici, etc.…), in omologazione al potere di altri per altri. Addio, dunque, al risanamento del centro storico, basta ripulirlo solo per qualche G7 o per il maggio dei monumenti (un mese per la cultura basta e avanza), per salvare la faccia ed ottenere le lodi del potere ufficiale.
Addio alle periferie di una città che non le riconosce e, per questo, le fa discarica di sé medesime. Addio “popolo ‘e na vota, gente semplice e felice …”, cosí recitava la canzone. Adesso da questo popolo ridotto a meno di nulla bisogna partire per fare di Bassolino un sindaco “normale” e di Napoli una città STRAORDINARIA !!!
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