Paganini non ripete, Draghi e Speranza sì
Quando ero bambino io, i giocattoli erano di latta, a pile. Tra i miei preferiti, c’era un grosso camion dei pompieri, rosso, con tanto di lampeggianti blu e di sirena, capace di spruzzare un piccolo getto d’acqua da un idrante che aveva su una torretta. Capace, soprattutto, grazie ad un congegno che aveva sotto la pancia, quando andava a sbattere contro un muro, di fermarsi un attimo, tornare indietro di qualche centimetro, e ripartire svoltando a destra o a sinistra.
Draghi e Speranza dimostrano di non possedere il meccanismo che aveva il mio camion di latta. Perché è in arrivo la cd. quarta ondata della pandemia, e loro si ostinano ad affrontarla come hanno affrontato le prime tre. In sostanza, ricattando i non vaccinati per costringerli a vaccinarsi, con un provvedimento ancor più arbitrario e grottesco dei precedenti: ridurre la validità del tampone al solo andare a lavorare.
Ora, se qualcuno è un pericolo per l’altrui incolumità (come di fatto sono considerati i non vaccinati) lo è sempre, non a fasi alterne.
Sarebbe come dire che un guidatore in stato di ebbrezza non venisse arrestato se dichiarasse che fa il rappresentante di commercio, e che sta guidando per lavoro. Fa ridere? Dovrebbe. Ma un’opinione pubblica rincoglionita da due anni di telemarchette ormai trova normale anche questo, e molto di più…
Fanno bene ad ostinarsi sulla vecchia strada? Non lo so, e non mi permetto di dirlo. Credo di avere però il diritto di dire che tutte le affermazioni fatte dagli Sgienziati nei due anni precedenti (efficacia risolutiva dei vaccini, immunità di gregge, percentuale della popolazione necessaria per raggiungerla, ecc.) si sono rivelate, per dirla con Fantozzi, delle cagate pazzesche. Perché per dirlo non c’è bisogno della Sgienza: basta l’evidenza dei fatti, la logica comune, ed un pizzico di buona memoria.
Siamo di fronte ad una situazione nuova ed inusitata, e stanno procedendo “a vista”? Allora avessero l’onestà e l’umiltà di dirlo apertamente, senza andarsene in giro proclamando verità indiscusse e certezze assiomatiche, come se avessero ereditato e riuniti in sé i cromosomi di Esculapio e quelli di Einstein.
Questa ennesima puntata della Pandemia Story mi fa venire in mente una biografia di Niccolò Paganini, letta da ragazzo.
Paganini, il quale, ad onta di un aspetto non proprio attraente (magrissimo, segaligno, perennemente vestito di nero, con un naso aguzzo e due occhi spiritati) era un grandissimo tombeur de femme. Sono documentati i casi di più di uno svenimento di incipriate e nevrasteniche gentildonne dell’epoca, mentre eseguiva i suoi travolgenti “assolo”. Il successo gli derivava naturalmente dal suo essere uno dei più grandi musicisti di tutti i tempi, capace di eseguire un intero brano su una sola corda di violino. O di improvvisare gran parte delle sue esibizioni; da questo fatto, dall’impossibilità cioè di replicarla uguale una seconda volta, deriva il modo di dire divenuto proverbiale: che “Paganini non ripete”.
Il povero Paganini il quale, però, come tutti gli sciupafemmine dei tempi andati, aveva contratto la sifilide. Che curava, com’era d’uso ai suoi tempi, con un farmaco a base di mercurio. Senza alcun risultato, purtroppo.
Perché, e qui chiudo, abbiamo le sue drammatiche lettere, in cui descrive al fratello il terribile avanzare della malattia, che cercava di rallentare con dosi sempre maggiori del prodotto. Malattia che alla fine lo condusse a morte.
Oggi, leggendole, dai sintomi che descrive capiamo di cosa sia morto. Non di sifilide, no. Di un avvelenamento da mercurio.
Michele Scotto di Santolo
michelescottodisantolo.wordpress.com