REFERENDUM:il riscatto di un popolo passa anche attraverso questa via.
il dibattito sul referendum continua e se tanti hanno voglia di scrivere e di parlare vuol dire che c’è un fuoco che ogni giorno si ingrossa sempre di più. oggi pubblico un altro articolo della testa pensante laborino della terra di lavoro.
REFERENDUM:il riscatto di un popolo passa anche attraverso questa via.
Non si contano più ormai i movimenti, le associazioni, i semplici gruppi di discussione, le testate giornalistiche o singole persone che, profondendo – specie le ultime – sforzi anche al di sopra delle proprie possibilità, hanno dato inizio ad un processo di revisionismo, al fine di “ripulire”[1]da luoghi comuni, inesattezze e sporche manipolazioni i testi di storia tuttora adottati nelle nostre scuole.
Che la storia la scrivono i vincitori e che, il più delle volte, la scrivano a loro uso e consumo, è un dato di fatto di cui non si può non prendere atto, come non si può ignorare che molti storiografi, per non perdere il “posto di lavoro” [2] abbiano mortificato coscientemente la propria intelligenza mettendola al servizio della menzogna anziché della verità, anche se edulcorata. Nella paura di non poter garantire il pane quotidiano alla famiglia si potrebbe ravvisare un tenue alibi a scusante di scelte palesemente contrastanti sia col bagaglio scientifico proprio del raggiunto livello culturale che della “scienza” accumulata negli anni da ognuno di questi operatori culturali. Quando, però, l’azione lenitiva del tempo, diluendo le tensioni e facendo scemare l’accanimento per gli interessi immediati, fa emergere dalle sue pieghe documenti e testimonianze inoppugnabili, a loro tempo presentati in maniera distorta o addirittura tenuti nascosti per non smascherare e screditare le stucchevoli menzogne partorite da questa miriade di “sacerdoti del falso”, un minimo di rimorso avrebbe dovuto spingerli ad un estremo atto di coraggio nel confessare le proprie colpe. Invece, non solo non si registra alcun atto di contrizione, ma si continua addirittura a perseverare nella mistificazione. Il che rende estremamente difficoltoso ai ricercatori onesti dimostrare l’ inattendibilità di veri e propri “racconti” che si continuano a spacciare per “realtà storica”. L’accanimento contro l’ azione di revisionismo raggiunge livelli altissimi perché la maggior parte dei “revisionisti” è formata da “non addetti ai lavori”, i quali, in mancanza di titoli accademici specifici, non forniti di adeguate risorse, non possono rintuzzare le osservazioni degli “scienziati” titolati.
Questo breve preambolo per rendere merito alla schiera dei “revisionisti” che, anche se contestati ed osteggiati, non demordono e caparbiamente lottano affinché, seppur a piccoli passi e tra mille difficoltà, si faccia sempre più ampio lo squarcio che sono riusciti ad aprire nello spesso drappo sotto il quale si è tenuta celata la verità per oltre un secolo e mezzo!
Mentre, però, rendiamo merito a tutte le persone che si impegnano attivamente per la definitiva affermazione della verità (che ha, come immediata conseguenza, un recupero della propria identità e della propria dignità), non possiamo non rimanere perplessi di fronte al comportamento da veri ignavi dimostrato dal popolo nell’ultimo referendum del 17 u. s. che vanifica gli sforzi di chi si impegna costantemente per fargli recuperare, oltre alla memoria, l’identità, l’onore e le proprie coordinate nella dimensione storica. Memoria e coordinate che rendono possibile progettare un futuro, che non può prescindere dalla conoscenza del passato; passato che si continua ad ignorare e senza del quale risulta difficile spiegarsi perché, nel momento attuale, alcune parti della nazione occupino una posizione di avanguardia mentre altre sono costantemente collocate nelle retrovie.
Per come vanno le cose nella nostra nazione, è molto probabile che l’istituto del referendum sia solo fumo, come hanno dimostrato i vari aggiramenti messi in atto dai nostri rappresentanti per annullare le nostre decisioni (Vedi nota in calce al mio “Concetto di rivoluzione”). Ma, se ogni volta che siamo chiamati alle urne, facciamo mancare la nostra presenza, non possiamo lamentarci, poi, che le cose vanno male. Sicuramente, per come sono annodate tra loro le maglie delle varie caste, le cose andranno sempre a nostro sfavore. Ma se non diamo un segno della nostra presenza e della nostra vitalità autorizziamo queste caste ad osare sempre di più. Non dimentichiamo che, tra le varie forme per esercitare la democrazia, quella del referendum è la forma che più di tutte dà il segno della nostra maturità politica e democratica, quella che ci connota come “popolo” e come “attore” della vita politica del Paese, ed è l’unica forma che preveda una nostra partecipazione senza ricorrere ai nostri rappresentanti. Invece, cosa succede? Che proprio le regioni più povere della Penisola, quelle che avrebbero tratto i maggiori benefici da fonti energetiche alternative (sole), da risorse economiche di cui, grazie a Dio, sono ricchissime – come il turismo, la pesca, l’agricoltura, ecc. – proprio quelle regioni – Campania in testa con un’affluenza del 26.1 %, fanno mancare la loro partecipazione.
Purtroppo, quando l’uomo perde la memoria, insieme ad essa, perde tutte le qualità che costituiscono la personalità complessiva. A questo punto non sa più come si chiama, non ricorda più da dove viene né tantomeno si porrà l’interrogativo di cosa farà in futuro. E’ diventato, praticamente, una “cosa” con la quale ognuno può giocare a proprio piacimento.
Non perseveriamo, dunque, in un tale comportamento, poiché il riscatto di un popolo e la riappropriazione della propria dignità passano anche attraverso la strada dei referendum.
Castrese Lucio Schiano
[1] Il termine è del dott. Ubaldo Sterlicchio
[2] Vd. Il mio “Quando il Nord eravamo noi” – pag. 5 e segg.